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ordinepsicologi

Psicoanalisi clinica, politica, psichiatria, istituzioni si intrecciano continuamente.
(Armando J. Bauleo, Clinica gruppale clinica istituzionale ed. il Poligrafo 1990)


Sabato 19 aprile 2008 Armando Bauleo ci ha lasciato per sempre. Il suo insegnamento però non ci abbandonerà mai. Cercheremo allora di tramandarlo, arricchirlo e completarlo. Lo faremo così come lui ci ha insegnato appassionandoci alla ricerca, alla discussione e allo studio. Armando a molti di noi, all'inizio giovani psicologi professionisti, ha fatto apprendere come la stereotipia sia la malattia, e quindi come la fissità, porti alla follia, permettendoci di conoscere ed apprezzare la teoria di Pichon Riviere, fondatore dell'Associazione psicoanalitica Argentina e del pensiero sul Gruppo Operativo (1948), nonché suo maestro, amico e collega. Il ponte concettuale con l'Italia fu Basaglia che, forse, con le sue idee di deistituzionalizzazione e la sua amicizia lo ha portato nella nostra Terra.

Nel ricordarlo, mentre con tenacia ci inoltrava nella conoscenza del modello operativo, non possiamo che rivedere tutta la tensione, passione, corporalità che sapeva mettere nel trasmetterci pensieri e saperi. Sosteneva che imparare a pensare, concetto "Pichoniano" da lui in vari modi declinato e rinnovato, si raggiunge negli spazi (o interstizi) tra teoria ed esperienza. In un processo a zig-zag. Affermava: "Non è solamente questione di acquisire delle nozioni razionali, quanto di tenere in considerazione gli elementi emozionali suscitati dal porsi delle domande che mettano in discussione schemi personali e gruppali antecedenti". Manteneva quindi fermamente i suoi insegnamenti nel "crocevia tra terapia ed apprendimento".

I suoi vivaci e mobili occhi azzurri ci guardavano dentro così come le sue magistrali interpretazioni sapevano raggiungere gli abissi del nostro mondo interiore. Ma, in tanta magnetica forza, c'era tutta la sapienza di chi, come lui, psichiatra, psicoanalista, psicologo sociale voleva farci sperimentare la potenza del pensiero analitico applicato alla teoria dei gruppi.

Lo abbiamo incontrato a Venezia alla fine degli anni '70. Arrivava esule dall'Argentina martoriata dalla dittatura. Era passato per Madrid e poi per Milano. Ma fu il gruppo di colleghi argentini che abitavano e lavoravano a Venezia a farlo fermare proponendoci di entrare in un percorso formativo con lui.

Progressivamente Armando, coadiuvato da Marta de Brasi, psicologa clinica , sociale e psicoterapeuta, sua compagna di vita e di lavoro, si è sempre più introdotto nei servizi sociosanitari di Venezia e del Veneto e da qui in molte realtà istituzionali: da quelle psichiatriche a quelle di psicologia di comunità. Molti servizi in Italia devono a lui, attraverso la formazione delle équipes e la supervisone degli operatori, l'impianto metodologico e la scoperta del gruppo come strumento di lavoro raffinato. Diceva: "La nozione di gruppo è complessa da trasmettere poiché ognuno ha conoscenza del gruppo a partire da quello familiare e pertanto crede di poterlo applicare senza appoggiarsi ad una concezione teorica". A questa concettualizzazione ha introdotto professionisti di più generazioni non solo a Venezia dove hai fondato prima il Centro Internazionale di Ricerca sui Gruppi e poi diretto l'Istituto di Psicologia Sociale Analitica, ma anche in tutta Italia e in molti Paesi d'Europa e d'America.

Caro Armando, Ti ricordiamo sempre in movimento. Mai stanco. Sempre disponibile. Capace di far sentire ognuno di noi una persona speciale. E, mentre andavi ora qua ora là passando velocemente i confini, per scherzo dicevamo "Morirai in cielo". Ora te ne sei andato con un ultimo volo che ti ha portato dall'Italia dei tuoi avi calabresi alla tua terra natale nella città di Buenos Aires.
Lasciandoci tutti più soli. Sfogliamo i tuoi libri ancora in commercio (Psicoanalisi e gruppalità, Borla 2000, Clinica gruppale, il Poligrafo 1990, Note di psicologia e psichiatria sociale 1993), seppur siamo affezionate maggiormente a Ideologia Gruppo e Famiglia edito da Feltrinelli nel 1979, nel quale abbiamo iniziato a studiare la nozione di compito, di emergente, di latente e manifesto, di coordinatore, di gruppo familiare e di gruppo terapeutico. Là, con i nostri compagni di gruppo, abbiamo imparato che "apprendimento" e "psicoterapia" sono unificate dal concetto di cambiamento. E se per cambiare è necessario entrare nella confusione ricordiamo come nel gruppo di formazione coordinavi senza paura di accompagnarci nel mondo dell'inconscio, del pensiero bizzarro, del delirio trasformativo. Sapevi che ci avresti fatti entrare nell'altra dimensione, ma sapevi anche che ci avresti portati fuori dal caos. E noi a momenti ci affidavamo affascinati dalla bellezza della follia e, a tratti, resistevamo impauriti di rimanerci intrappolati. Ma tu, paziente e deciso, forte e suadente, possente e delicato ci riprendevi per mano e via... verso il mondo dell'inconscio con Freud, Klein, Bion, Pichon, Bleger, Jaques, Racker, Winicott, Masud Kahn, Grinberg... Ci hai portati nell'Altrove per farci rientrare cambiati. E così la nostra mente gruppale ha preso definitivamente forma.
Radicata in noi la concezione operativa ci hai successivamente obbligati ad una impegnativa e completa formazione psicoanalitica individuale. Non avevi dubbi che solo l'analisi personale ci avrebbe resi capaci di coordinare un gruppo.
E così negli anni '80 abbiamo avuto la fortuna di lavorare con te. Ricordiamo i primi percorsi formativi tenuti con te. I gruppi si svolgevano tra le contestazioni di operatori spaventati, arrabbiati, infuriati perché li destabilizzavamo e gli apprezzamenti, elogi, complimenti di chi ci era grato per averlo portato dentro ad inesplorate mappe della mente. In tutti però sei rimasto scolpito nella mente. Non potevi passare inosservato. Non potevi suscitare indifferenza. Non potevi che alimentare odio o amore.

Ci supervisioni con pazienza e con severità mostrandoci e rimostrandoci le nostre macchie cieche.

Le strade professionali si sono poi unite e disunite in questo lungo ventennio. Negli anni ‘90 un pezzo di strada ci ha visti periodicamente confrontarci su come dare forma all'esperienza del Comune di Venezia e i Centri età evolutiva, un Servizio di sostegno alla famiglia che non solo nei dispositivi rivolti agli utenti, ma anche nell'organizzazione si fondava su un articolato intreccio di gruppi coordinati in un rapporto di rete con gli altri Servizi delle Azienda Ulss, in particolare i Consultori Familiari, la Neuropsichiatria infantile e i Servizi per le Tossicodipendenze.

Ancor oggi però era per noi rassicurante poter pensare che, se ci fossimo trovate in difficoltà, ti potevamo contattare. Ora dovremo trovarti solo nei ricordi e nei colleghi che, come noi, amano vedere la clinica attraverso una concezione della mente gruppale.
Ti ritroviamo facilmente nella nostra memoria seduto attorno ad una tavola ben imbandita a condividere il cibo del corpo e della mente. E la tua sonora risata ci dà adesso un brivido poiché la morte l'ha definitivamente spenta. In quei momenti di convivialità - a te tanto cari - sollecitavi le nostre domande per promuovere la prevenzione in continuità con il pensiero del tuo amico e collega Bleger e ti piaceva narrarci della tua applicazione del pensiero psico socioanalitico ai nuovi oggetti della psicoanalisi come la tossicodipendenza, l'adozione, la preparazione alla nascita, il lavoro con gli adolescenti e l'affido familiare. Ma ci mettevi a parte anche dei tuoi successi terapeutici ottenuti in poche, anzi pochissime, sedute. La tua vita nomade ti aveva portato a sviluppare una tecnica di consultazione che dava ottimi risultati. Nell'intervista che hai concesso "dall'Io e al Noi" pubblicata su Animazione Sociale del 2000 e nella conversazione a più voci che chiude il libro scritto da Paola Scalari e Francesco Berto "Essere Fratelli" edizioni Armando 1998, sono stati trascritti in un buon italiano i tuoi pensieri su tutto questo. La nostra lingua infatti ti rimase sempre ostica. Avevi una parlata tutta tua. Mista. Come tu non potessi decidere di essere bilingue, ma tu dovessi essere contemporaneamente di più lingue. Il tuo idioma rimarrà nelle nostre orecchie nella sua affascinante ibridazione che alla sonorità argentina univa una speciale nomenclatura. Come non ripetere il tuo: "Che passa?". Era un intercalare che mai diventò il - Cosa succede? - della lingua italiana e che invece divenne, per tutti noi, un simbolo della nostra appartenenza, della nostra radice professionale, della nostra eredità di allievi.

L'ultima volta che ti abbiamo incontrato mesi fa, ti abbiamo raccontato del lavoro che stavamo portando avanti nei diversi contesti istituzionali. Ci hai ascoltate a lungo, con vivo compiacimento. Eri sempre curioso e attento. Eri un padre professionale orgoglioso anche se, alle volte, un po' geloso e possessivo come solo un vero uomo sa essere! Capivamo la tua posizione di Maestro e tu comprendevi la nostra di allieve che dovevano portare avanti un'eredità teorica accettando di farle strada all'interno di sistemi istituzionali complicati.

Ci hai trasmesso la sincera speranza, di poter davvero utilizzare la psicologia nella sua accezione clinica, sociale e di comunità, come uno strumento di fondamentale importanza per promuovere la salute anche in ambiti differenti da quello esclusivamente clinico, una psicologia in grado di aprire nuovi spazi di pensiero e di vita sul piano individuale e collettivo. Tutti noi, che abbiamo avuto la fortuna di conoscerti, ci facciamo allora promotori di continuare la ricerca di una psicologia sociale analitica che garantisca agli individui, ai gruppi e alle istituzioni la libertà di pensiero.

Come era nel tuo stile, te nei sei andato in silenzio, non hai voluto giustamente folle di persone al tuo capezzale, orgoglioso come sei, non avresti sopportato sguardi compassionevoli o discorsi convenzionali e non autentici. Certo non ci hai permesso di condividere con te e di prepararci alla tua partenza. Ma, in fin dei conti questo è sempre stato il tuo stile di vita: rapporti intensi e vissuti con tutto te stesso, ma al tempo stesso un bisogno forte di indipendenza e di autonomia. Potevi permettertelo perché l'incontro con te era indimenticabile, e seppur lontano tu continuavi ad essere presente dentro di noi, non solo come presenza affettiva, ma anche come modello di riferimento che ci ha orientato tutti, nonostante le differenze di percorso, ad avere sempre presenti, dentro di noi, nella nostra pratica clinica individuale, gruppale e di comunità, il tuo pensiero e la tua modalità di approccio e di trattamento ai problemi della salute e della malattia mentale, rigoroso e al tempo stesso creativo e modificabile in funzione dell'unicità e irripetibilità di ogni situazione individuale e istituzionale.

Sei stato un grande maestro per tutti noi perché hai sempre saputo naturalmente coniugare dentro di te razionalità ed affettività. Oltre ad aver contribuito a formare centinaia di operatori, hai avuto la capacità di far sentire ognuno di noi unico e irripetibile, concedendoci al tempo stesso, con grande capacita generativa, la possibilità di crescere e di cimentarci da soli nei vari percorsi che ci hanno permesso di sviluppare le nostre peculiari capacità.

L'organizzazione dei servizi sociosanitari in Italia è stata profondamente influenzata dalla tua presenza, non tanto nei suoi inamovibili assetti istituzionali, quanto nelle prassi che gli operatori hanno iniziato e continuano a praticare.

Vogliamo esprimerti un grazie per tutto quello che mi hai e ci hai insegnato e il rigore e la generosità con cui lo hai fatto. Ci mancherai immensamente, ma i semi che hai impiantato continueranno a germogliare nel tempo e questo ci permetterà di farti vivere, nonostante tutto, nonostante la malattia, la morte e la tua mancanza fisica....sei e sarai sempre con noi e tra noi. Con immenso affetto, stima, gratitudine e ammirazione, a nome di tutti i tuoi allievi ancora un saluto e un grande grazie.


A nome di tutti i tuoi allievi
Renata Folin, psicologo-psicoterapeuta, responsabile Unità operativa complessa Famiglia età evolutiva Distretto Socio Sanitario 4 Azienda Ulss 12
Paola Scalari, psicologa-psicoterapeuta, scrittrice, formatore, supervisore, docente psicopatologia coppia famiglia COIRAG Istituto Milano

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.