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Commenti

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    Io penso...
    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

Sappiamo che la malattia somatica
non ha un'esistenza indipendente dalle vicissitudini
dello psichismo inconscio

Luis Chiozza

In principio era il corpo.
Il corpo dice quel che la Parola non sa o non può esprimere.

La comunicazione tra sensazioni corporee e modi di agire preserva i giovani da comportamenti inadeguati, antisociali, autolesionisti.

I ragazzi che non sanno attivare questo dialogo agiscono d'impulso e si fanno male e fanno del male.

Il corpo sente, urla, esige, chiede di scaricare emozioni agendo, immediatamente; la mente invece offre una mediazione ragionevole e una possibilità di spostare la scarica motoria, nel tempo.

Come gli adulti educatori forniscono il bambino - negli anni della formazione - di uno zainetto narrativo?

Questo bagaglio accompagna ogni nuovo nato durante l'adolescenza, epoca nella quale perde peso la Parola rivelata dell'adulto e il ragazzo va alla ricerca di Parole sue per raccontare se stesso.

Un'educazione capace di trasmettere il senso del porsi domande, avere dubbi, sostare nell'incertezza rende quindi l'adolescente capace di affrontare i sommovimenti emotivi che la pubertà mette in moto.

La crisi adolescenziale, con la discontinuità iscritta nel corpo che si trasforma, non investe allora un bambino sprovveduto che credeva di saper tutto se l'educazione ha trasmesso il senso del limite.

La crisi, che si apre di fronte alla scelta di genere, quindi, ha uno sfondo nella capacità di sopportare la frustrazione, la perdita, il lutto che solo la capacità narrativa riesce a mediare e rendere sopportabile.

Le domande principali alle quali il ragazzo deve rispondere è: Chi sono io? Da dove vengo e dove vado? Come scegliere tra le tante opzioni possibili la mia strada?

Se non vi riesce usa il corpo dialogante.
La malattia mostra il conflitto tra mente e corpo.

Come i ragazzi dicono: Non voglio crescere?
Forse abbuffandosi o affamandosi?

Come gli adolescenti affermano: Non voglio sentirmi limitato?
Forse con l'uso di sostanze tossiche e di smodate dosi di alcool?

Come i giovani urlano: Voglio che mi vediate?
Forse con creste in testa, pircing che li bucano e tatuaggi che li rendono un manifesto mobile?

Come le nuove generazioni denunciamo: Mi sento invisibile?
Forse sparendo, scappando da se stessi, fallendo a scuola e - qualche volta, ma sempre troppo frequentemente - anche uccidendosi?

La possibilità dei giovani tra un agire d'impulso e un riflettere consapevole sta certamente dentro alle loro storie di vita, alla risorse familiari e scolastiche che la vita ha donato loro nell'infanzia, alla resilienza d'origine.

Le loro scelte però hanno anche a che fare con le testimonianze e i comportamenti degli adulti educatori?

I ragazzi ci chiedono nuove strategie educative. Quali riteniamo esse debbano essere?

A partire dal testo Il codice psicosocioeducativo, la meridiana 2012 ne parliamo venerdì 4 settembre a Padova durante il convegno “In carne ed ossa”

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.