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Maternità e Sesso

Studio psicoanalitico e psicosomatico

Marie Langer

 

 

 

 

 

 

Maternità e sesso, uscito nel 1951 in Argentina, è stato il primo testo di Marie Langer ad essere pubblicato in Italia nel 1981 e si colloca all’interno della lunga ricerca che le psicoanaliste don- ne hanno intrapreso per rispondere alla domanda di Freud che abbiamo messo in esergo. Se il merito di Freud è stato quello di intraprendere questa ricerca, è anche vero che le conclusioni a cui egli giunge, ci appaiono oggi alquanto riduttive. In fondo, come la stessa Langer ricorda, egli riduce la donna a un uomo castrato, auspicando che siano le colleghe donne a dire la parola ulteriore in un campo in cui egli riconosceva i suoi limiti.
Nella sua autobiografia1, Langer dedica il testo “... a tutte queste giovani donne2, e non solo a loro...”, con le quali ha continuato il suo dialogo serrato sulla psicoanalisi del femminile ed è proprio grazie ad una di queste, Maria Elena Petrilli, che Marie Langer e il suo pensiero sono approdati in Italia. È stata Petrilli, giovane psicoterapeuta, allieva ed amica di Langer in Argentina, a mettere in collegamento Langer con Basaglia e ad iniziare un confronto che vedeva la nostra autrice argentina arrivare quasi annualmente dal Messico a Venezia, a casa di Petrilli, per tessere i suoi rapporti con l’Italia e con l’Europa.
Questo dialogo serrato è alla base della traduzione di Gilberto Sacer- doti di Maternità e sesso e della sua prima pubblicazione in Italia, intro- dotto da un’intervista all’autrice fatta proprio da Maria Elena Petrilli.

 

Attraverso questo testo, Marie Langer aiuta a scoprire e a portare avanti la ricerca sul sentire femminile, sul vissuto interiore della donna, sulle conflittualità relazionali che vivono ogni madre, mo- glie e figlia. Sono sentimenti, stati d’animo e vissuti contradditto- ri che ancor di più in questo inizio del terzo millennio, a distanza di settant’anni dalla prima pubblicazione di questo testo, segnano il nostro tempo.
Le intuizioni di questa psicoanalista, che, insieme ad alcuni colle- ghi, fondò la società psicoanalitica Argentina, rimangono infatti impareggiabili.
La sua onestà nello sguardo del mondo interno delle donne, la sua capacità di dare senso al discorso muto del corpo femminile rimangono un insegnamento fondamentale, insuperato e, forse, insuperabile.
La bellezza dell’incontro del pensiero psicoanalitico con il mondo culturale diviene una porta che apre alla comprensione del conti- nente oscuro della psicoanalisi come lo chiamava Sigmund Freud. Dopo di lui molte psicoanaliste hanno continuato la ricerca su come l’inconscio segni i vissuti di ogni donna aprendo porte sulla sua realtà psichica mai aperte prima. Ma il pensiero di Langer, che coniuga una visione antropologica, politica, storica, mitolo- gica e sociologica, rimane una pietra miliare.
Ed intanto, nel trascorrere dei decenni con l’arrivo di un sentimen- to femminista diffuso e con il transito per il Sessantotto, la donna si emancipava, si riconosceva soggetto di desiderio sessuale, mutava la sua idea di compagna del suo uomo, si liberava dalla inevitabilità della maternità, proclamava di voler essere padrona del suo corpo e superava una visione statica e falsificata del suo ruolo.
Eppure i sintomi psicosomatici continuano a scrivere la fatica di portare a termine la liberazione da quella catena generazionale che non sempre emancipa, anzi delle volte oscura lo sviluppo della propria identità. La madre cattiva, così come la definisce Langer, permane nella mente delle figlie e la paura che chi le ha generate possa vendicarsi del loro divenire femmine feconde come lei rende difficili i processi di identificazione.
Ad una maggior libertà culturale non ha dunque corrisposto un’importante liberazione psichica. Alle volte i sintomi che nar- rano questa storia di identificazioni tra donne della famiglia sono ancora più enigmatici, ma permangono dolorosamente nella vita di molte ragazze, madri e anziane signore.

La repressione sessuale oggi è meno incisiva, ma non è meno in- tenso il dialogo di ogni donna con il suo corpo.
Riproporre al pubblico questo libro significa riportare la dimen- sione femminile al centro della ricerca del sapere psicosocioana- litico mostrando come le fantasie sul corpo determinino le paure più profonde.
Quante madri non lo sono psicologicamente a causa di questa conflittualità?
Quante morti perinatali si iscrivono a questa lotta interiore? Quanto la sterilità è una difesa dalla paura di mettersi al posto della madre?
Quanto la donna con il suo corpo vive ancora un destino ineso- rabile?
Langer ci parla dunque di inquietudini, transiti, cambiamenti fi- sici, trasformazioni che segnano la vita delle donne.
Possiamo perciò ripartire dalle radici di un sapere saldo, come quello espresso da questa autrice, per comprendere perché essere donne sia ancor oggi così difficile.
Vorremmo che il sapere psicoanalitico fosse accostato e conosciu- to da più persone perché in una visione multidisciplinare si po- tessero affrontare problemi cruciali come quello della violenza sul corpo femminile. Anche quando non ci sono segni evidenti, ma solo segni interiori.
È violento l’uso pornografico soprattutto delle minorenni, l’a- buso sessuale anche se del coniuge, il maltrattamento continuo con percosse o denigrazioni, ma possono essere violenti anche la sanitarizzazione della gestazione e del parto o il mercato che diffonde un pensiero negativo sull’allattamento e sul fisico non in forma, costringendo le donne a sottoporsi a dolorosissimi in- terventi di chirurgia plastica “al fine di restare competitive nel campo sessuale”3.
Oggi osserviamo che il numero più elevato di divorzi si ha o su- bito dopo la nascita di un figlio, o nella fase della menopausa. Le mogli divenute madri perdono l’attrattiva erotica, o le donne avanti con l’età vengono respinte mentre i mariti cercano “carne fresca”.
Il nostro modello teorico, partito dalla psicosocioanalisi italiana, fondata da Luigi Pagliarani che ha coniugato il pensiero di Mela- nie Klein, di Wilfred Bion, di Enrique Pichon-Rivière e José Bleger, arricchito poi dal contributo di Donald Meltzer, ci obbliga quindi ad interessarci e ad approfondire questo discorso specifico sul femminile. Vorremmo così riprendere i temi cari a Langer tra sviluppo puberale e senso di sé, vita erotica e piacere sessuale con al centro il compito riproduttivo e l’instaurarsi del primo contatto con il bambino all’interno dei processi intergenerazio- nali e transgenerazionali. Ci piacerebbe riaprire questa analisi con tutti quelli che sentiranno l’esigenza di non trattare il corpo della donna come un mero involucro, bensì come il luogo del discorso. Nella femmina questo narrare di sé si fa articolato poiché il suo fisico è sempre segnato dalla sua identità di genere. Mestruazioni, deflorazione, godimento sessuale, gravidanza e parto lo segnano profondamente. E poi l’allattamento fonda la prima relazione che radica un rapporto di reciprocità specifica tra madre e figlio dive- nendo solco di tutto il successivo processo educativo. Ed oggi si apre anche un capitolo specifico sul climaterio poiché esso entra in contraddizione con un mondo che vuole la donna sempre gio- vane, ammaliante, performante e piacente. Mai vecchia.
Per continuare a capire il “continente” donna, approfondirne i suoi meccanismi evolutivi ed involutivi, articolare le sue origini inconsce, allora abbiamo bisogno di riattraversare il pensiero di questa pioniera del femminismo, o meglio di questa grande psi- coanalista desiderosa di comprendere e valorizzare il femminile. Un pensiero all’avanguardia che ha affermato altresì il diritto del- la donna a non voler procreare ed essere diversamente creativa e ugualmente felice. Un pensiero precursore quindi del baby-free che oggi a fatica le donne stanno ancora rivendicando. Certamente non sono molte le novità comportamentali dal tem- po in cui Langer ha scritto Maternità e Sesso, ma alcune ulteriori evoluzioni nell’interpretazione del ruolo femminile, e di conse- guenza maschile, sicuramente sono avvenute.
Il calo delle nascite e i tassi di fecondità in continua discesa nel mondo Occidentale paiono un sintomo importante che si è consolidato via via in questi ultimi decenni nei paesi ricchi. Donne più libere nelle loro scelte professionali e familiari vivo- no quindi un perenne conflitto con la maternità rinunciando a divenire madri, diventano usualmente primipare attempate, o si ritrovano sterili.
Le pratiche di fecondazione assistita rendendo possibile ad ogni età la maternità la rendono anche sempre meno un evento natu-
Marie Langer
rale. La scelta di procreare pare difficile e troppo programmata al “momento opportuno”. Dunque molto controllata.
Questo poter programmare il concepimento sfocia poi in un’idea di poter costruire il bambino che si desidera. Il rimandare una gra- vidanza ha dunque aperto un conflitto non solo con la maternità, ma anche nel campo educativo. Allevare un cucciolo d’uomo, edu- carlo, renderlo adulto sembra sempre di più un’impresa complessa e senza troppe possibilità di successo. Questa paura del fallimen- to induce le donne a rinunciare a fare figli o ad arrivare al limite del big bang biologico con tutte le ripercussioni sullo sviluppo di un’eccessiva centralità nella dedizione verso la prole. Intercettia- mo un crescendo di bambini tiranni per madri poco sicure di sé e spesso molto bisognose di una conferma narcisistica da parte dei loro piccoli. Ed ecco allora che in questi ultimi decenni l’uomo è entrato in scena come partner alla pari nella cura dei figli creando un’ulteriore paura nella madre. Il marito entrato in sala parto si è innamorato del suo cucciolo e lo vuole accudire. La donna ha dunque dovuto riposizionarsi e non sempre ha accettato questa estromissione dal ruolo principale. Ha allora cercato l’amore asso- luto del piccolino impedendosi in realtà di educarlo per paura di perdere una dose di amore sconfinato. In rivalità con il padre del piccino ha chiesto al maschio di femminilizzarsi per poi temere una competizione che mai aveva dovuto affrontare sul piano della cura della prole. E i bambini rischiano di crescere invischiati in amori abusanti, nel senso di funzionali al narcisismo dei genitori; amori che poi rendono i figli eterni immaturi che sempre più faticano ad amare, procreare, educare, accettare il ciclo della vita.
Dunque provare ad interrompere questo circolo vizioso è nostro compito come studiosi e come professionisti che si prendono cura del mondo psichico individuale e collettivo. L’interpretazione del ruolo paterno forse è la più grande rivoluzione che è avvenuta dai tempi in cui Langer scrisse il suo testo su Maternità e sesso crean- do alla donna nuove paure.
Inevitabilmente quindi il cambiamento dai tempi della prima psicoanalisi in cui Sigmund Freud parlava di invidia del pene come meccanismo fondante la psicologia femminile, insieme ad alcune conseguenze che ne derivavano, è superato. A Freud va però riconosciuto di essere stato il primo ad interessarsi di ses- sualità femminile. Ai tempi di Freud persino riconoscere che le donne potessero avere un desiderio sessuale, la cui repressione le rendeva isteriche, era rivoluzionario.

Solo successivamente Karen Horney (1885-1952), una psicoa- nalista femminista, suggerì che non sono le donne a desiderare il pene, quanto sono piuttosto gli uomini ad invidiare l’utero fem- minile, visto che questo permette di generare dei figli che nasco- no nel proprio corpo.
Ma anche questa visione può essere limitata poiché la maternità non è la realizzazione del femminile.
Oggi ipotizziamo che l’invidia sia per l’amore senza limiti che può offrire un neonato, un nuovo partner, una vita sessuale aperta sem- pre a nuove esperienze. Nell’epoca dei legami liquidi tutti cercano un legame soddisfacente, ma anche temono un legame vincolante. Possiamo quindi osservare nelle coppie una cooperazione alla pari nelle migliori situazioni e una conflittualità guerrafondaia nel- le peggiori famiglie per il possesso del figlio. La rivalità dunque nelle famiglie si sedimenta nel possesso dell’amore del bambino portando, se cala, alla ricerca di nuove esperienze erotiche. Il pic- cino, trofeo della propria generatività e oggetto del proprio amo- re assoluto, se non appaga fa spostare la libido in nuove avventure amorose. Questo bisogno di conferme affettive ha rotto gli equi- libri di coppia portando con sé una nuova angoscia nel legame amoroso che spesso si traduce in caduta del desiderio sessuale e in un allontanamento fisico e psichico tra i due partner. L’incremento esponenziale dei divorzi ne sarebbe la conseguenza. Assistiamo ad una rottura dei legami per un crescendo di paura dell’inconsistenza dei vincoli. Il gruppo familiare non custodisce più i suoi compiti principali: contenere la sessualità e prendersi cura della prole. Langer ci aiuta a capire perché tutto questo possa avvenire ponendo l’attenzione a come l’inconscio renda palesi i suoi conflitti. E guarda al vissuto invisibile che segna la dimensio- ne psicosomatica della donna nell’interrelazione tra le femmine di ogni gruppo familiare.
Quanto la relazione primaria tra madre e figlio segni questa dif- ficoltà nel custodire le relazioni rappresenta però una domanda tutt’ora aperta.
Per esaminarla bisogna guardare al mondo femminile a al suo dire non solo a parole, ma con un’interessante costellazione di sintomi psicosomatici.
Il corpo oggi nelle ragazze è attaccato in vari modi: affamandolo o riempiendolo a dismisura. Il che rende i disturbi alimentari tra i più rilevanti del mondo femminile.

Il corpo allora parla, come dice Marie Langer usando lo schema analitico, permettendoci di esprimere le paure di procreare e l’an- goscia di cambiare ruolo passando da figlia e moglie a quello di madre. È questo un ostacolo emotivo che talvolta le donne non riescono proprio a superare e la sterilità psicologica è divenuta il male del terzo millennio: un’impossibilità di generare perché il corpo si oppone al desiderio manifesto di avere un bambino. Ne è nata una vera e propria industria del concepimento. La medicina ha cercato di forzare questo blocco. Ma non tenendo conto della vita psichica ha visto fallire il suo progetto di manipolare il con- cepimento in provetta. E se anche è riuscita nella fecondazione il corpo ha poi rigettato quanto la mente non poteva tollerare. Gli aborti da fecondazione assistita sono una delle violenze più importanti che le donne stanno subendo da anni, depresse da viaggi della speranza e da rientri dolorosi senza nessun pargolo in grembo. Ma anche quando non sono andate così lontane, i centri per la fecondazione assistita le hanno viste massacrate da potenti dosi di ormoni che hanno però lasciato troppe volte vuoto il loro utero.
Non possiamo, quindi, non tornare ad indagare il senso profon- do di questo non poter procreare e Marie Langer ci accompagna in visioni che vanno oltre la superficie, all’interno dei delicati quanto preziosi meccanismi psichici che contraddistinguono l’i- dentità femminile che lega ogni figlia alla propria madre.
Langer lo fa con molti esempi che ci fanno accomodare nella stanza d’analisi per osservare come, quando la mente può costru- ire nuovi pensieri, il corpo può smettere quel discorso implicito che fa con la gamma dei sintomi che narrano di dolore, paura, rabbia, competizione, svalutazione.
Non sempre è facile abitare il proprio mondo interiore. Anzi alle volte è proprio contraddittorio. E di questa complessità ci par- lano molto le nuove generazioni mostrando i tanti ostacoli che devono superare per individuarsi come maschi o come femmine. È questo, un percorso che oggi è contraddistinto da un’epoca, più o meno dilatata e risolta, di ambiguità di genere là dove la componente eterosessuale convive con una forte tendenza omo- sessuale e quella di chi è omosessuale spesso convive con la sua parte eterosessuale. Una lunga epoca della non scelta di campo che va alla ricerca del piacere sessuale al di là del genere biologico mantenendo in vita il bambino polimorfo per molto tempo, senon per sempre. Se da una parte allora la società attuale lascia maggior libertà di espressione sessuale anche alle donne, grazie anche alla diffusione della contraccezione, spesso questa libertà comporta un difficile percorso per arrivare almeno ad una par- ziale scelta di campo. Identità fluide vengono sbandierate con estrema convinzione da adolescenti che rinnegano la possibilità di avere un’unica tendenza.
Scegliere, rinunciare, definirsi non fanno parte dunque delle ur- genze degli adolescenti. Ma questa, che può apparire solo come un’apertura, è invece anche una responsabilità pesante poiché se tutto è possibile ci si può perdere. E nella vita promiscua molti giovani si smarriscono. Se non svilupperemo una competenza nella lettura di questi segnali, come ben ci indica il libro Maternità e sesso, potremo divenire incapaci di aiutare le donne che ne hanno bisogno siano esse una figlia, un’allieva, un’utente, una paziente. Se non approfondiremo il senso da dare al discorso che fa il corpo quando diventa impenetrabile sviluppando vaginismi inespugna- bili, frigidità siderali, menopause tribolate e somatizzazioni incom- prensibili, resteremo senza un discorso da sviluppare a partire dai sintomi che il corpo femminile trasforma in grida d’aiuto.
In questo Marie Langer è stata ed è un faro da cui non è possibile prescindere.
Nella nostra professione di psicosocioanaliste appartenenti all’as- sociazione “Ariele Psicoterapia”, da sempre sviluppiamo l’interes- se per una psicoanalisi capace di mettere in relazione l’individuo con i gruppi e i contesti sociali. Oggi quindi osserviamo da vicino come molti dei sintomi portati in seduta dalle donne abbisogni- no anche di uno sguardo antropologico che sappiamo essere lo sfondo sul quale il discorso del corpo va attingendo.
Guardiamo quindi al contesto culturale prendendo atto dei cambiamenti del gruppo familiare dentro ai quali la donna sta vivendo e patendo le sue trasformazioni che, se non comprese, analizzate, tradotte in un discorso con un suo senso, diventano sofferenza psichica soggettiva, ma anche che si riversa nelle nuove generazioni4.
La psicosocioanalisi, a partire dalla metafora della finestra trat- teggiata da Luigi Pagliarani, ci fa dunque portare il cursore dell’a- nalisi del femminile dall’individuale al collettivo, dal mondoproduttivo al mondo generativo, permettendoci di rinnovare la ricerca su come le donne vivano la loro dimensione femminile. Abbiamo ora a disposizione una guida magistrale data dal pen- siero di questa grande psicoanalista viennese che visse a lungo nell’America del Sud per attraversare poi più volte l’Oceano per aiutarci a crescere come pensatrici libere da pregiudizi, stereotipi e fissità. Ora tutti possono continuare a conoscerla attraverso la riedizione di questo prezioso testo. Siamo grati a lei per quello che ci ha donato e a tutti quelli che hanno contribuito a mante- nere vivo il suo innovativo e sempre attuale pensiero. Dice Langer aprendo il suo libro: “Questo è un libro in più sulla donna. Uno tra i tanti”. Noi vorremmo ribadire che è un libro unico e cruciale per comprendere il mondo femminile.


Aurelia Galletti
psicoterapeuta e psicosocioanalista “past-president” di Ariele Psicoterapia e docente Coirag
Paola Scalari
psicoterapeuta e psicosocioanalista socia Ariele Psicoterapia e docente Coirag

 

 

 

Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.