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Federica Gamba, psicoterapeuta

 

L'introduzione al testo sottolinea un punto di partenza molto importante: il focus è l'educazione che cura, quella che permette di crescere emotivamente, di elaborare sentimenti, affetti, idee. Si tratta di quell'educazione che permette di sviluppare più dimestichezza con l'introspezione, di strutturare quell'apparato per pensare i pensieri.

Viene proposto il modello di intervento psicosocioeducativo applicabile, come esprime il nome, a vari contesti in cui un essere umano si prende cura di un altro, aiutando il secondo ad apprendere, a trasformarsi, a cambiare. I comportamenti ripetitivi infatti portano malattia, non evoluzione. Il principio base di tale modello è che non vi sono prescrizioni, regole da seguire; ognuno potrà sviluppare le proprie competenze, interrogandosi e imparando dalle proprie esperienze. Tale principio richiede dunque di sostare nella posizione di ricerca, che ho assunto.

Non si tratta perciò di un manuale pratico; ho molto apprezzato il viaggio che mi ha permesso di effettuare tale lettura, a partire dal mondo psichico, al sentire sociale, fino ad arrivare all'agire educativo.

 

A proposito di "Generatività"...

Educare, formare e curare: tre funzioni costantemente intrecciate. La prevenzione come educazione comprende tutti e tre gli aspetti; ex ducere come tirare fuori, formare cioè dare una struttura, infine il prendersi cura della realtà interiore. Tutti e tre gli aspetti concorrono a sviluppare e potenziare l'identità.

Dunque il confine tra educativo e terapeutico è davvero labile. Educazione, prevenzione, psicoterapia: vi sono fattori che accomunano tutte le situazioni in cui una persona si prende cura di un'altra ma le tecniche utilizzate nei vari campi applicativi sono diverse. Genitori, educatori, formatori e psicoterapeuti agiscono perché l'altro possa crescere ed apprendere, solo se anch'essi si educano, si formano e si curano continuamente.

Nei diversi ruoli di psicologa e di insegnante, in campi diversi, in istituzioni diverse, attraverso linguaggi diversi, mi sono trovata e mi trovo ad operare perché l'altro (il paziente che si rivolge ad un Consultorio familiare, il bambino a scuola) possa crescere ed apprendere. Sin dall'inizio del mio operare sia in uno che nell'altro ruolo, ho sentito forte l'importanza di una continua cura, formazione e crescita di me stessa. Cambiare nel trascorrere del tempo, pur continuando a sentirsi sé stessi è una competenza molto importante.

Tutto questo è davvero fondamentale per prendersi cura anche di quelle persone chiuse nel loro piccolo mondo che considerano solo sé stesse, che non evolvono, si ammalano, non si lasciano avvicinare. E' importante in questi casi non reciprocare i loro sentimenti negativi e invece promuovere benessere, attraverso il proporre non l'imporre, il suggerire non il pretendere.

Il mondo intrapsichico è importante che si apra al contesto sociale; custodire la memoria individuale e collettiva, conoscere le proprie radici personali e culturali permette di generare scelte mature, di avere una bussola interiorizzata, un senso di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri.

Chi cresce evolve, cambia, si trasforma. Vive relazioni in grado di accettare che la vita nasce, cresce, muore.

Perché avvenga una cambiamento, si rompe la precedente stabilità ed è necessario accettare di affrontare l'ignoto.

 

"Creatività".

Un principio base dell'educare consiste nel contenere gli stati d'animo violenti, trasformare gli impulsi distruttivi e integrarli con quelli positivi. Questo riguarda appunto diversi contesti, diversi bagagli di conoscenza che si adoperano per tollerare, contenere, trasformare contenuti mentali negativi.

La psicoanalisi costituisce il punto di partenza per studiare gli affetti primari, a partire dalle relazioni che prendono forma in famiglia; questo permette di perfezionare le modalità più utili alla rieducazione degli stati d'animo che portano ad autodistruggersi ed a distruggere l'altro. Chi si prende cura assorbe i detriti emotivi, li ripulisce e li restituisce al mittente. Essi transitano da una mente immatura ad una più matura, per poi tornare alla prima. E' fondamentale, perché avvenga tutto ciò, esercitare una funzione di reverie. Va' definita una cornice sicura entro cui figlio, allievo e paziente possano guardare, un buon contenitore dove accogliere l'altro.

Il setting costituisce quel luogo caldo e forte, la parte fissa, il non processo. I confini differenziano, separano, a partire dalla funzione di chi li impone. E' utile definire le coordinate entro cui avverrà il processo di apprendimento: attendibilità, puntualità, rigorosità.

L'identità si sviluppa a partire dalla rete di legami che la riconoscono, la contengono. Nessuno cresce da solo. C'è bisogno di chi sostenga il nuovo nato mentre affronta la fatica del crescere. E' la famiglia che getta le basi della fiducia relazionale. L'adolescente che in tale fase non era stato seguito e sostenuto perde la fiducia verso l'altro; è morta la speranza di essere amabile, diventa scontroso, rabbioso, a rischio di devianza. Un principio irrinunciabile alle funzioni di cura è vigilare sul pericolo di uccidere la speranza.

Pensare richiede impegno e fatica. Riuscendo a tollerare la frustrazione, un individuo può riflettere in modo vitale ed ha la speranza di poter vivere la propria esistenza con entusiasmo.

 

"Adultità".

La responsabilità di chi educa non è mai delegabile. Comportarsi da grandi significa sapere di non sapere, non attribuire ogni colpa all'altro ma accettare di sbagliare e poi imparare dai propri errori. La colpa viene proiettata sull'individuo fragile. Per le vittime, diventa spesso difficile sottrarsi a tale dinamica. L'incontro con un adulto autorevole potrà aiutarli a fare ciò.

Nell'educare è importante sviluppare empatia accogliendo i movimenti affettivi della persona di cui ci si prende cura, per sintonizzarsi nelle storie altrui. L'empatia dell'educatore permette sia di rivivere la fusione nell'utero, sia la spinta alla defusione dal corpo materno, verso la separazione.

L'adulto competente deve saper entrare nel mondo altrui ma anche saper mantenere la distanza tra sé e l'altro. Cerca di mettere in parole ciò che gli pare stia vivendo l'altra persona, per poi continuare a costruire la storia con lei. Non è utile cercare di evitare l'area del dissenso; il confronto tra diversi punti di vista evita la collusione, porta alla nascita psichica.

L'educare persegue la differenziazione e rigetta il vincolo simbiotico, perché ognuno possa coltivare i propri originali pensieri, possa vivere autenticamente. Essere stati educati significa iscrivere il senso di sé in una storia, tradurre i vissuti in parole, utilizzate per nominare emozioni, collegare idee, formulare pensieri. La vera educazione si nutre di domande e non di risposte.

 

"Potenzialità".

L'incontro educativo è un progetto di cambiamento che vede coinvolti maestro ed apprendista. Non esiste un buon formatore ma esiste una buona relazione tra i due. Entrambi cambiano e si formano a vicenda (reciprocità). Entrambi hanno da imparare, trasformarsi, assumere continuamente un atteggiamento di curiosa ricerca per interiorizzare il valore della vita. Compito di ogni educatore è insegnare il valore del dolore psichico. Per farlo, è necessario avere molta forza d'animo.

Educare non vuol dire trasmettere nozioni preformate, predigerite ma permettere ad ognuno di dar vita alla sua originale visione del mondo, al suo vocabolario simbolico.

 

"Attualità".

Il tempo ai nostri tempi scarseggia: tutti vivono in corsa, con l'affanno. Nessuno riesce più a fermarsi. Ma il senso del tempo è qualcosa a cui non si può rinunciare, non va' forzato o disperso. E' importante rispettare i ritmi soggettivi, i tempi evolutivi, individuare i momenti più giusti per parlare e per sostare in silenzio, per esserci e per sottrarsi. Ogni cultura poi ha i suoi riti, che accompagnano i momenti di crisi e di passaggio.

Mi sembra fondamentale il messaggio "Educare è politico", contestualizzando quanto fino ad ora espresso nel sentire sociale, per vigilare sui principi educativi, per non vivere nell'ambiguità, per poter educare, formare, curare per la promozione del benessere di tutta la comunità.

 

"Operatività".

Operare con le persone è una grande responsabilità. L'arte di prendersi cura della crescita delle persone non si inventa, è necessario un training personale.

Dinnanzi alla complessità dei vari contesti di vita, nessuno può smuoverli operando da solo. E' necessario connettersi agli altri, formare gruppi di lavoro. Il testo invita a conoscere il gruppo attraverso la concezione del gruppo operativo, che è sia una tecnica che una teoria che permette di leggere la dinamica all'interno del gruppo, la sua struttura, l'interscambio tra manifesto e latente. Si fonda su una struttura a tre vertici: il gruppo, il coordinatore, la tarea (il compito). Il gruppo operativo si struttura sempre in un tempo e in uno spazio dichiarati.

Il coordinatore osserva e mette in parola come i membri portano avanti la tarea. Egli si colloca dietro al gruppo, non lo conduce ma permette al gruppo di elaborare i suoi pensieri.

Si torna a parlare di educazione che permette di strutturare quell'apparato per pensare i pensieri, per pensarne di propri, per interrogarsi imparando dalle proprie esperienze.

Ho trovato la lettura di questo testo piacevole e snella. Rifletto su quanto sia utile uno scritto con un taglio trasversale ai vari punti comuni dell'operare di operatori e professionisti diversi, che svolgono tutti un'azione educativa, e che spesso si trovano a dialogare in gruppi di lavoro o in equipe allargate.

 

Federica Gamba, psicoterapeuta

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.