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FAMIGLIA I padri sono sempre più affettivi ed educanti, ed è un bene. Ma se manca il dialogo tra coniugi, si litiga.

Dietro ai litigi di mamma e papà

In aumento i conflitti a causa dell’educazione dei figli

Sono in aumento i conflitti tra genitori. Conflitti che nascono dalle discordanze nell’educazione dei figli. Segno dei tempi, spiega la psicologa Paola Scalari: i padri sono sempre più affettivi, pronti a investire per far crescere i propri bambini. E questo è un bene, ma solo se la coppia regge bene le divergenze. Quello che invece si registra è la rottura del matrimonio o, più di frequente, un allontanamento progressivo di marito e moglie in un silenzio arido. La “medicina”, sostiene la psicologa, sta nel rispetto dell’altro, che non può comportarsi secondo i nostri desideri. E sta nel coltivare comunque il gusto di dialogare.

La medicina? «Passare dal conflitto che cerca solo chi ha ragione e chi ha torto al conflitto che cerca la soluzione terza. Nella coppia ciò che è creativo non è né tu né io, ma il terzo»

 

Le pseudo-coppie sono quelle che, in nome dei figli o di qualche paura, rimangono sposate, ma non hanno più tensione né voglia di parlarsi, di incontrarsi e scoprirsi»

 

FAMIGLIA Il cambiamento culturale, che ha portato i padri a essere “affettivi” e protagonisti nelle scelte educative è positivo, ma porta con sé un problema: ne parla la psicoterapeuta veneziana Se mamma e papà litigano per i figli: «Serve più rispetto»

 

La psicologa Paola Scalari: spesso il conflitto tra madre e padre nell’educazione dei figli, anziché prendere la strada buona del confronto creativo, prende quella sbagliata dell’allontanarsi reciproco. «La medicina è non pretendere che l’altro faccia quello che voglio io. E coltivare il dialogo»

 

Il pericolo diffuso? La pseudo-coppia. Il virus più pericoloso, che produce pseudo-coppie? Volere che l'altro sia ciò che io desidero. La medicina migliore? Dialogare e confrontarsi, per produrre insieme una soluzione.

Per la psicologa e psicoterapeuta veneziana Paola Scalari questo è uno degli scenari da affrontare con maggiore decisione e saggezza. Anche perché è diffuso e, se non preso in considerazione, produce guasti pesanti.

La cornice è quella dei conflitti fra madri e padri: Paola Scalari e l'educatore Francesco Berto, coautori del libro “Mal d'amore” (edizioni La Meridiana) ne hanno parlato nei giorni scorsi a Venezia, alla Serra dei Giardini. Perché quello che spesso accade è, appunto, il conflitto fra coniugi attorno all'educazione dei figli.

Siamo il bambino dell’altro, finché non nasce un figlio. «E' così – spiega la psicologa – perché, finché marito e moglie sono soli, ognuno è un po' anche il bambino dell'altro. Ma quando nasce un figlio, parte di questa affettività deve migrare verso il bambino».
E i due coniugi iniziano a sentire fra di loro una lontananza: «Una lontananza che si avverte oggi più di ieri, perché entrambi vogliono educare il bambino. Mentre anni fa il bambino era della mamma, che lo faceva crescere, e il papà in qualche modo rimaneva più il marito della mamma che il padre del bambino, i padri di oggi affettivi e perciò molto importanti per i figli a loro volta veicolano una attenzione, una preferenza e una priorità verso il figlio».

Questo fa sì che la coppia comincia a sentire la difficoltà di condividere un progetto in relazione a se stessa e al progetto educativo da portare avanti in coppia nei confronti del bambino: «A volte questo genera una rabbia profonda, magari anche inconsapevole, che si riversa verso il partner. E il modo tipico e terribile con cui la si esprime è la colpa».

«E’ colpa tua, che non gli metti il berretto...». Inizia cioè quel processo di colpevolizzazione che si esplicita in frasi tipo “E' colpa tua se ha preso il raffreddore perché non gli metti il berretto...”, “E' colpa tua se piange di notte perché lo vizi...”, “È colpa tua se il bambino non fa bene a scuola, perché tu gli stai troppo addosso...”, e via dicendo.
Disporsi al “gioco” della colpa reciproca – sottolinea Paola Scalari è il veleno della coppia: «Perché non è la richiesta all'altro della sua responsabilità, che vorrebbe dire: marito mio, moglie mia, occupati di tuo figlio, ma come vuoi, liberamente e responsabilmente. Che significa: se lui lo porta fuori senza berretto, non deve sentirsi poi fare mille rimproveri dalla moglie».
Questa non è richiesta di responsabilità, «ma è la richiesta di esecuzione dei propri desideri. Quando nella coppia si infiltra l'idea che l'altro, il partner, deve comportarsi con il bambino secondo i propri desideri e le proprie idee educative, inizia un declino fatto di incomprensioni, rabbie e insoddisfazioni, che possono trovare vari scenari».
Confrontarsi sui principi, non sulle singole azioni. Uno, il più positivo, è una sana conflittualità: «Inevitabile, perché nello scontro si cerca la terza via. Ma questa è la bellezza della coppia. La coppia, di fronte alle esigenze del proprio bambino, non confligge sulle piccole cose del quotidiano – la berretta, la mela verde, la merendina... – ma si confronta sui principi. In genere, se due si sono scelti, la base dei principi e dei valori dovrebbe essere quello sfondo che li fa ritrovare. Non le azioni singole: se si confrontano solo sulle azioni singole è guerra».

Se invece il conflitto diventa pretesa e prevaricazione, oppure, “siccome non sopporto la tua pretesa e prevaricazione, e le tue lamentele, scelgo la via dell'indifferenza” si va verso un lento, inesorabile allontanarsi: «Il sale della coppia è litigare, ma per trovare nuove prospettive insieme».

Radiografia di una pseudo-coppia. In questo allontanamento, secondo la psicologa, ci sono due forme macro: «L'allontanamento vero e proprio, con la decisione di separarsi, di chiudere il matrimonio e, quindi, di dichiarare il fallimento del progetto insieme. Oppure l'altra strada, altrettanto pericolosa o dolorosa per i figli, che è quella delle pseudo-coppie. Cioè quelle che, in nome dei figli o di qualche paura, rimangono sposate, ma sono pseudo-coppie, dove non c'è tensione né voglia di parlarsi, di incontrarsi, di scoprirsi, ma c'è una convivenza più o meno pacifica, a volte litigiosa, perlopiù puntigliosa e insoddisfatta, che trasmette ai figli un clima familiare velenoso, tanto quanto i genitori si separassero».

Le pseudo-coppie sono quelle che, in nome dei figli o di qualche paura, rimangono sposate, ma non hanno più tensione né voglia di parlarsi, di incontrarsi e scoprirsi.

Al fondo, nelle pseudo-coppie, sobbolle un conflitto non creativo, ma distruttivo. Quello per cui si pensa “tu dovresti essere quello che dico io, tu dovresti fare quello che voglio io...; e se non lo sei e non lo fai, non vali niente”. Cosa che i figli percepiscono e che fa loro malissimo.

La medicina: l’altro è altro e va rispettato. Cosa suggerire alla coppia di sposi per guarire da questa condizione? La prima cosa, per Paola Scalari, è farsi consapevoli «che non si sta insieme – formalmente per i figli. Perché ai figli bisogna dare il buon esempio e la base di ogni educazione è il rispetto dell'altro. E non mi si dica che i figli sono violenti o bulli perché, se non hanno imparato il rispetto a casa, hai ben voglia di insegnarglielo. Per cui la prima cosa è lavorare per maturare il sentimento di rabbia dovuto al fatto che l'altro non è come vuoi. Primo principio assoluto della maturità è che l'altro è altro e in quanto tale ha una sua autonomia, un suo modo di pensare, una differenza e una specificità».

Come si può essere interessati a capire che cos'è e cosa pensa l'altro se gli si dice solo cosa deve fare? Semmai bisogna imparare a domandargli: “Perché pensi questa cosa? Come mai la vedi in questo modo?” E invece di direi “Sbagli perché dovresti fare così”, meglio dire “Perché fai così, per quale ragione?, e cos'ha a che fare con la tua vita questa tua scelta?”. Questo ricondurrebbe il rapporto di coppia al conflitto per ricerca, il modo migliore di essere in due.

Ritrovare il gusto di conoscersi. Questa è la medicina, secondo Paola Scalari: «È il passaggio dal conflitto che cerca solo chi ha ragione e chi ha torto al conflitto che cerca la soluzione terza. Nella coppia ciò che è creativo non è né tu né io ma il terzo. E' come il figlio, insomma. La ricchezza della coppia è costruire pensieri terzi, che non sono dilemmatici, finalizzati solo a stabilire chi ha torto e chi ha ragione».

E la riprova è che la coppia che scoppia è tutta concentrata sul chi ha torto e chi ha ragione: «Quando due partner in crisi vengono da me vorrebbero che io dicessi chi ha torto e chi ha ragione. Io invece penso che nessuno ha torto o ha ragione, ma che loro due hanno perso il gusto di conoscersi, che è il sale della coppia e che non finisce mai. Perché, certo, quando sei moroso stai sette ore al cellulare o sulla panchina sotto casa e il mondo tutt'attorno sparisce. Ma non è che perché cresci e maturi e hai altri interessi tu debba perdere il piacere di avere degli spazi per parlare con l'altro. Perché se la coppia smette di cercare, di parlarsi e comunicare non è più coppia. E il peso lo pagano i figli».
Giorgio Malavasi

 

Paola Scalari: il modo tipico e peggiore per manifestare la distanza, tra coniugi, è il riversare la colpa sull’altro. Si inizia da: “E’ colpa tua se ha preso il raffreddore perché non gli metti il berretto...”

 

«Quando nella coppia si infiltra l’idea che l’altro, il partner, deve comportarsi con il bambino secondo i propri desideri e le proprie idee educative, inizia un declino fatto di incomprensioni, rabbie e insoddisfazioni»

 

La sfida culturale? Ricostruire nell’immaginario collettivo la bellezza della differenza tra uomo e donna.

Ricostruire la bellezza della differenza tra uomo e donna. Ricostruirlo nei nostri cervelli, nella consapevolezza, nell'immaginario individuale e collettivo, nella fantasia...

E' un percorso culturale quello che Paola Scalari ritiene necessario si faccia, insieme: «L'indifferenziazione del ruolo maschile e femminile, che è lo sfondo culturale del nostro tempo, fa sì che si perda la tensione alla scoperta della vita di coppia, che si basa invece sulla differenza. È perché io non so chi è l'altro, è perché l'altro è diverso che io costruisco una tensione verso l'altro. L'indifferenziazione, invece, che viene dal cambiamento del ruolo maschile e dal cambiamento del ruolo femminile, fa sì che venga a cadere sempre di più la tensione della scoperta di chi è l'altro, dando per scontato chi sia. Questo è l'errore più grave che si possa fare».

L'obiettivo è ricostruire le coordinate culturali del corretto rapporto uomo-donna: «Si tratta – conclude la psicologa veneziana - di ricostruire il piacere che può dare questo incontro nella diversità, rivalorizzando la diversità stessa. Perché la differenza non è solo dell'organo sessuale, ma della persona. E la bellezza e il sale della vita è la differenza. Senza di essa la coppia non potrebbe sopravvivere».

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Incontri

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Aprile 2024
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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.