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Commenti

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    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
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    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

E' l'alba di una domenica mattina.
Angelo, un bimbetto di poco più di due anni, si sveglia: "Mammaaaa" -urla dalla sua cameretta.
La madre ha un sussulto. Tenta istintivamente di alzarsi. Non ce la fa. Ricade sul letto e... continua a dormire.
"Mammaaaa!" urla più forte il bambino.
La signora sobbalza. E' stralunata. Apre gli occhi. Legge l'ora. Sono le cinque del mattino.
Sente il corpo pesante e dolorante per la stanchezza accumulata lavorando come commessa in una boutique della città e... spera con tutta se stessa che il figlio smetta di piangere e le permetta di dormire ancora un po' per smaltire le fatiche della settimana.

C'è silenzio.

La donna si gira da un lato alla ricerca della posizione più comoda per riaddormentarsi e....con la mano cerca Ettore, suo marito, quando intravede accanto al letto Angelo che le chiede: "Mammina, posso venire nel lettone al posto del papà?"
La madre vorrebbe dirgli di no, ma non ce la fa ad alzarsi, prenderlo in braccio, rassicurarlo e riportarlo nella sua cameretta. "Dai , sali, stenditi accanto a me e mettiti a dormire tranquillo " è invece quello che riesce a dire e a fare!"
Il piccolino, senza perdere tempo, si arrampica sul lettone dal lato dove riposa la madre. Si trova così costretto a scavalcarla per raggiungere il posto vuoto dall'altro lato e lo fa saltandole pesantemente addosso tanto da toglierle per un attimo il respiro. La donna sopporta in silenzio.
Angelo però, visto che la madre è in vena di concessioni, ne approfitta immediatamente.
Prima la chiama: "Mammina, mi racconti una favola?"
Poi la scuote : "Mammina, quella di Cappuccetto Rosso, dai!"
Ed infine, visto che la sua mammina continua a non sentire e a tenere gli occhi chiusi, l'angioletto tenta di infilarle un dito nell'orecchio per sturarlo e prova a sollevarle le palpebre per obbligarla ad aprire gli occhi e a svegliarsi.
La madre è davvero stanca morta e continua a resistere stoicamente a tutte queste torture del bimbo!
Il figlio è davvero inconsolabile e ricomincia a frignare rabbiosamente nel tentativo di convincere la mamma ad accontentarlo!
Ad un certo punto, senza nessun preavviso, Angelo le morde il petto. La donna prima vede le stelle, poi allontana bruscamente il figlio ed infine, di fronte ai capricci del bambino, lo prende e lo riporta di peso nella sua cameretta. Angelo si difende mettendosi ad urlare a squarciagola come se qualcuno lo stesse ammazzando e costringe la madre ad alzarsi, a riprenderselo nel suo letto e a raccontargli la fiaba di Cappuccetto Rosso per evitare che il bambino svegli l'intero caseggiato.
La signora è arrabbiata e tra sé e sé se la prende col marito, sempre in giro per l'Europa con il suo Tir, che la lascia sola per giorni e giorni con un bimbo che ha l'argento vivo in corpo! Inizia così a rimurginare: "Dove sarà Ettore...perché non è mai qui quando ho bisogno di lui...starà dormendo beatamente da qualche parte del mondo ed io sempre qui con questa peste di figlio...quando torna mi sente...non si può andare avanti così.. mi aveva promesso che con la nascita del bambino non avrebbe fatto più viaggi così lunghi..." La donna cerca di fermare i pensieri e guarda l'orologio, sono le sei. Tenta di riaddormentarsi, ma la rabbia monta e i pensieri si accavallano." Quando Ettore quando viene a casa mi farò valere, devo dirgli chiaramente che non può lasciarmi sempre da sola, non è possibile che mi tratti così, Angelo è anche suo figlio, forse il nostro matrimonio è finito, chissà se in giro per il mondo ha un'altra donna..." L'ansia si impadronisce di lei il sonno è ormai lontano, le lancette dell'orologio paiono non andare mai avanti, la sveglia segna le sette. La donna con gli occhi sbarrati nel buio si ripete: "Ettore fa quello che vuole, Angelo pretende tutto quello che gli viene in mente, l'unica a non poter chiedere nulla sono io, sono una disgraziata, tutti mi chiedono e nessuno mi dà..." Un groppo s'impadronisce della sua gola, non va né su né giù quando finalmente arrivano le otto. Madre e figlio lasciano il lettone.
Angelo continua ad essere nervoso. Urla per niente e niente lo interessa. La mamma cerca di distrarlo ed arriva, forse per vendetta contro il marito, a lasciar giocare il figlio perfino con l'intoccabile e preziosa collezione di pipe del papà. Alla fine, non potendone più, decide di uscire in mezzo alla gente.
Al parco incontra una coppia di amici che hanno un figlio, Nicolò, della stessa età di Angelo. Mentre i genitori parlano i due bambini si allontanano.
Il papà di Nicolò richiama il figlio che si ferma e torna immediatamente indietro.
Anche la madre di Angelo richiama il suo bimbo, che però continua la sua corsa fino alla vasca dei pesci rossi.
La donna tira un sospiro di sollievo: "Meno male che si è fermato. Non ce l'avrei fatta a rincorrerlo per tutto il parco!" .
Mentre il gruppetto dei grandi, camminando lentamente e chiacchierando, si dirige verso Angelo, Nicolò, dopo aver chiesto ed ottenuto il permesso dal papà, lo raggiunge invece di corsa e si mette ad urlare: "Angelo è dentro la vasca assieme ai pesci rossi!"
Tutti accorrono.
L'uomo afferra bruscamente Angelo che gronda acqua da per tutto e lo consegna alla madre dicendole: "Uno sculaccione, però, a questo punto, se lo merita proprio questo demonio!" e la donna: "Non è lui che dovrei sculacciare, ma mio marito che non c'è mai! Guarda il tuo Nicolò com'è diverso! Il papà lui ce l'ha!".

L'indagine
Molte madri si ritrovano da sole ad allevare i figli.
Sono donne che hanno scelto volutamente o si sono trovate casualmente a mettere al mondo un figlio senza un legame stabile con un uomo.
Sono mogli che hanno i mariti lontani per motivi di lavoro.
Sono compagne che hanno visto dissolversi il loro patto coniugale poco dopo la nascita del figlio.
Sono madri che sentono i loro partners transfughi, assenti, distratti al di là del loro lavoro.
Se tutte queste mamme si chiedessero: "Quali conseguenze può avere questa nostra realtà nell'allevamento e nell'educazione dei figli?" e se questi papà si domandassero: "Perchè abbiamo lasciato vuoto il nido familiare investendo poco o nulla nel nostro compito educativo?", potrebbero iniziare tutti a ricercare il legame da cui è derivata la loro generatività.
Il poter infatti individuare su quale bisogno individuale è nata la scelta di mettere al mondo un figlio aiuterebbe questi genitori a scoprire non solo che hanno procreato proprio a partire dalla sensazione di vuoto relazionale nella quale erano precipitati, ma anche che hanno dato vita ad un figlio proprio per calmare l'inquietudine derivata dalla paura della solitudine e per colmare così il loro vuoto relazionale.
Nessun figlio, però, è in grado di riempire la mancanza di progettualità di una coppia.
Sono infatti parecchi i coniugi che dapprima fantasticano di investire sul figlio per poi scoprire, improvvisamente e dolorosamente, di non riuscire ad appassionarsi a questa impresa.
Sono molti i padri e le madri che si trovano entrambi sconcertati e disorientati di fronte alla diversità tra quanto hanno immaginato di vivere e quanto invece stanno realmente vivendo.
Sono tanti i genitori che si confondono e si smarriscono nel dover riconoscere che la maternità e la paternità non assomigliano per niente a quanto avevano in mente.
Ed è passando di delusione in delusione che queste coppie si ritrovano sempre più lontane fino a perdersi.
Ed è sentendosi smarriti che questi genitori arrivano a reciprocarsi lamentele, accuse e ritorsioni che, inevitabilmente, inquinano il clima familiare.
Ed è rimanendo accanto al figlio che queste madri, anche se involontariamente, riversano su di lui l'angoscia, la rabbia e la paura del vissuto di abbandono che le pervade, oppure concretizzano questa loro inquietudine nella squalifica del coniuge agli occhi del bambino.
Ed è proprio screditando il marito che la moglie lascia strascichi pericolosi sul piano emotivo del figlio.
Per un bambino, infatti, è più dannoso un padre svilito e dimenticato di un papà assente.
Per un figlio è più pericolosa una madre insoddisfatta e smorta di un padre poco presente.
Per un piccolo è più inquinante una mamma che si sente sola di un papà che lo lascia solo per mille e un motivo!
E' allora l'abilità della madre di far presente al figlio il padre, anche se è lontano, se è distaccato, che rende meno dolorosa per tutti la lontananza e quindi più sopportabile il distacco.!
E' la capacità della mamma di potersi chiedere : "Se mio marito non c'è, è poco presente, se ne sta spesso e volentieri lontano come posso assumermi il compito di non farlo fuori deprivando così il bambino del padre? che l'aiuta ad indagare la realtà e a cercare soluzioni meno pericolose per il figlio!
La madre può così scoprire, dentro di sé, come essa stessa sia in grado di riconciliarsi con quanto le viene sottratto.
Ed è in questo modo che evita di colmare il vuoto che sente attraverso il bambino.
E' attraverso queste modalità che può ideare strategie per prefigurare al figlio l'esistenza del papà al di là della sua presenza fisica.
E' offrendo al figlio azioni e pensieri legati al padre assente che aiuta il bimbo a colmare l'assenza che lo separa dal genitore.
E' evitando di denigrare il marito davanti agli occhi del figlio che la madre salvaguarda questa figura genitoriale!
E' impedendosi di abbattere e di sconfermare il marito che una mamma può impedirsi a sua volta di sottrarre al figlio un appoggio che è invece essenziale per la sua crescita!
Sono dunque le madri che possono restituire al figlio una famiglia anche quando il padre è venuto a mancare o realmente o nella sua funzione.


La scoperta
Ogni mamma, sovraccaricata da tutti i bisogni del suo piccolo, può sentirsi schiacciata da questo compito che non può condividere con il marito impegnato altrove, che non può diluire scaricandolo sul proprio compagno lontano per lavoro, che non può spartire con nessuno perché è sola.
Ed ogni figlio, una volta deprivato della presenza di una coppia adulta che lo obbliga a rimanere nel suo ruolo di bambino, può affiancarsi alla madre sola diventando, nella fantasia, il suo confidente od addirittura il suo compagno. Poi però, soverchiato emotivamente da questo -abuso- di posizione che non gli appartiene, che non gli compete e che non è quindi in grado di occupare, si trova costretto a mostrare la sua incapacità attraverso una irrequietezza che gli fa assumere atteggiamenti aggressivi incontrollabili propri di un piccolo despota o di un padrone esigente.
Ecco allora che i capricci del figlio, le sue disubbidienze e soprattutto l'incontenibilità dei suoi comportamenti non sono più delle richieste di oltrepassare il limite, ma divengono invece l'espressione della sua angoscia nel sentirsi senza quel confine naturale, rappresentato dalla coppi adulta, che gli permette di distinguere, e quindi differenziare, i -grandi- dai -piccoli-.
Ecco allora che con la sua condotta da -adulto- il bambino interpreta, a modo suo s'intende, la funzione del grande che comanda ma, nello stesso tempo, mostra anche tutta la debolezza del piccolo che egli è.
Ogni genitore, quindi, per garantire la crescita del figlio, è impegnato ad offrirgli una sponda di adultità rappresentata naturalmente dalla coppia coniugale che ha una sua vita autonoma dalla quale il bambino è escluso.
Madri e padri, però, non possono sottrarsi a questo loro impegno fantasticando che il proprio bambino possa crescere senza la presenza reale o simbolica di uno dei due!
Il marito, cioè, non può sentirsi esonerato dal compito di proteggere la moglie dalle invasioni e dalla ricerca di esclusività messe in atto dal figlio e di difendere il bambino dalla propensioni della compagna di dedicarsi esclusivamente al suo bimbo!
Anche la moglie, però, non può esimersi dal prefigurare al figlio l'esistenza di un padre al di là della sua presenza reale, non può cioè astenersi dal mantenere vivo il legame con l'uomo con cui ha procreato!
Tra padre e madre, infatti, c'è un vincolo che, malgrado le possibili incrinature del matrimonio e nonostante le possibili lontananze fisiche di uno dei due non può dissolversi nel suo legame affettivo.
Tra marito e moglie, dunque, c'è una relazione che, nata sul progetto figlio, va continuamente alimentata nella mente dei due coniugi poiché rappresenta quella barriera emotiva che consente al figlio di sentirsi contenuto e limitato nella sua fantasia di invadere il campo del genitore assente per occuparne il posto.
Ogni assenza di un legame paterno nella mente della madre può divenire allora quello spazio vuoto che il bambino tenterà di occupare sempre di più fino ad esasperarla. Ed è proprio questa forte irritazione che il figlio le fa sentire che deve essere letta come necessità del bambino di avere dei confini e dei limiti e non invece come segnali della sua disubbidienza e della sua cattiveria.

Il suggerimento
Uomo e donna, dopo aver deciso di mettere al mondo un bambino, possono ritrovarsi lontani, separati uno dall'altro. Diventa allora necessario, da parte di entrambi, elaborare la perdita del progetto che avevano immaginato e che stavano realizzando insieme per poter ritrovare, seppur tra sofferenze e crisi, il senso di ciò che rimane loro di quella proposta. E ciò che resta in comune ai due genitori di quel programma è il figlio.
E' a questo punto che la madre, alimentando il ricordo positivo del legame dal quale è nato il bambino, può riconciliarsi dentro di sé con il proprio partner.
E' a questo punto che il padre, evitando la fuga e la cancellazione di quanto aveva già costruito assieme alla sua compagna, può assumere nuovamente la sua parte di responsabilità.
Ed è proprio attraverso questa riconversioni dell'antico progetto che i due genitori possono continuare ad offrire al figlio quel valido appoggio di cui il bambino ha bisogno per crescere ed evolvere.
I rimproveri, le recriminazioni e le lamentele o ancor peggio le ripicche, le contese e le dispute tra i due genitori servono solo ad alimentare la parte negativa della loro relazione e, in questo caso, non rimane niente altro da fare che decretarne la fine.
La trasformazione della relazione è spesso l'unico modo che i due genitori hanno per poter riconciliare dentro se stessi le aspettative con i vissuti, le idealità con le realtà. Ed è proprio attraverso questa riconciliazione tra quanto atteso e quanto realizzato che permette loro di ritrovare serenità e tranquillità e, forse, anche la voglia di riinvestire in un nuovo progetto che ha come obiettivo la crescita e l'evoluzione del figlio.
L'uomo e la donna che si ritrovano staccati, lontani l'uno dall'altra dopo aver messo al mondo un bambino possono chiedersi: "Come continuare ad essere genitori anche se è lontani dal figlio e dal partner? Come inventare un nuovo modo di rimanere uniti nel compito di allevare ed educare un figlio al di là delle vicissitudini personali che hanno portato a separarsi? Come riscoprirsi capaci di generare creativamente delle progettualità che facciano rimanere uniti rispetto alla cura del figlio?
E' attraverso le risposte che i due genitori si danno a questi interrogativi che mamma e papà possono trovare parole calde, autentiche ed affettive per non far sentire abbandonato il piccino.
E' allora attraverso questa consapevolezza che la mamma può affermare con convinzione e con l'appropriata tonalità emotività frasi come: "Bravo il mio piccino, chissà come sarà orgoglioso di te papà quando stasera gli raccontiamo le tue prodezze", "Sei proprio un giocherellone come tuo padre, siete due mattacchioni!", "Questo non si può fare perché papà vuole e neanch'io"... E a sua volta papà può con sicurezza e con l'autenticità dei suoi sentimenti affermare parole quali :"Io e la tua mamma abbiamo deciso che dormirai nel tuo letto", "Ti telefono ogni sera per sentire la tua vocina, per darti la buona notte, per cantarti la nostra filastrocca speciale", "Non credere di farla franca quando non ci sono, io e la mamma commentiamo tutto quello che combini"...
La lontananza, la separazione ed il distacco, allora, non cancellano ciò che è stato e che si è fatto insieme. Possono diventare però una nuova modalità per affrontare la realtà, per continuare a rimanere uniti, per investire cioè insieme sul progetto-figlio.


In collaborazione con Francesco Berto

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Aprile 2024
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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.