I ragazzi di oggi mostrano una facciata arrogante, ma dietro a questa apparente sfrontatezza, nascondono una realtà vulnerabile. Mostrano quindi spavalderia e sicurezza perché sono certi di essere stati amati, ma vivono trepidazioni ed ambasce poiché non sono certi che il mondo degli adulti li saprà amare, volere, accogliere. Vogliono essere accettati, ma tutto congiura per tenerli fuori dal mondo vero, quello dei grandi, quello di chi prende le decisioni.
Il loro futuro è infatti già ipotecato da un debito di circa duecentocinquantamila euro che sta giorno dopo giorno crescendo. E’ un conto in rosso contratto a loro nome dallo Stato per garantire la previdenza.
Il loro futuro poi li aspetta in un mondo produttivo dove il lavoro non dà certezze (vedi la continua precarietà) non offre appartenenze (l’essere occupato a termine non permette di sentirsi parte di un contesto) e che non dà spazio alle intelligenze più perspicaci (vedi la fuga dei cervelli all’estero).
Il loro futuro è anche occupato, spesso invaso, alle volte del tutto divorato, da una moltitudine di anziani che vogliono essere giovani (vedi i vari lifting e ritocchi al corpo), protagonisti infiniti (vedi l’età dei politici, dei docenti, dei dirigenti). I vecchi vogliono tenere le redini della vita decisionale e quindi non liberano degli spazi per le nuove generazioni.
Il loro futuro fa inoltre paura agli adulti che in questo “domani” li devono accompagnare. Per la prima volta nella nostra storia i genitori avvertono che il mondo che consegnano al loro figlio è peggiore, più inquietante, meno decifrabile, più insicuro di quello dove sono vissuti loro.
La conseguenza è che i ragazzi si rinchiudono in involucri narcisistici che li tengono lontani dal mondo adulto.
Sono infatti cresciuti guardati con grande ammirazione dai loro genitori. Ora se non si sentono ammirati, voluti, desiderati si spaventano. Infatti finché erano piccolini, bastava loro lo sguardo trasognato di mamma mentre facevano i primi passi o lo sguardo incantato di papà mentre trotterellavano per casa. Ma anche da più grandicelli avevano una vita sociale garantita dalla protezione familiare che li salvaguardava da sguardi minacciosi o da riprovazione inopportune. Se a scuola la maestra era ingiusta, la famiglia insorgeva a sua difesa. E l’invito ai compleanni dei compagni di classe era garantito dall’organizzazione di solerti mamme e intraprendenti papà.
Ora invece, il ragazzo è solo per il mondo. Ed è dal mondo che conta che vuole essere amato, considerato, accettato, richiesto. Ma questo lo respinge indignatosi se vuole entrarci e lo considera un mero consumatore di beni e giammai un produttore di risorse.
Allora l’adolescente si agghinda in modo da rendersi ben visibile, poiché vuole attirare lo sguardo dell’altro, del coetaneo, del suo gruppo di riferimento. Unico contesto che gli è concesso. Egli è destinato a stare tra i suoi pari e lì a dimorare a lungo, poiché il mondo adulto non gli dà le chiavi di accesso a nessun altro contesto, cioè non gli offre opportunità di stare dentro al mondo dei grandi, di chi lavora, di chi fa carriera, di chi può gestire la polis. Da questo caravan serraglio, l’adolescente guarda fuori annoiato e viene guardato ora con invidia ora con ammirazione. Qualche volta il giovane si accontenta di questo sguardo compiacente dell’adulto che parla di lui, ma non sta mai con lui. Qualche altra volta si ribella. Ed allora “rompe”. Rompe le aspettative familiari, scolastiche, relazionali. E se ancora nessuno si accorge della sua voglia di uscire dalla gabbia dorata dove ha tutto tranne il diritto di costruirsi la sua vita come vuole, alza il tiro. E quindi si inebetisce con sostanze varie, trasgredisce agendo una vita sessuale senza regole, si ribella facendosi o facendo del male al corpo.
Sembra pensare che è meglio uno sguardo riprovevole che l’assenza di un qualsiasi sguardo adulto che lo lanci nella vita.