Fili intrecciati tra generazioni

“Lunedì scorso è morto mio nonno. Non volevo piangere ed invece non sono riuscita a smettere un solo attimo di singhiozzare”. Così mi racconta una simpatica e tenera ragazza dall’aspetto da “dura”: piercing, abiti strappati, capelli multicolor, trucco vistoso…

Lucia, quindici anni da poco compiuti, mi esprime in questo modo l’idea di un sentimento incontenibile che l’ha invasa durante il funerale. Rito che ha visto la sua famiglia riunita attorno ad una bara di legno massiccio dove riposava – per sempre – il padre del suo papà.
“Era un nonno anziano e malato da tempo” mi comunica subito dopo con l’intenzione di rassicurarmi.
Eppure è proprio quel sentimento forte ed autentico che mi permette di aprire con lei uno spiraglio sul diritto di amare e di soffrire.
I nonni si possono amare senza sentirsi dei bambinetti anche quando la pubertà richiede di svincolarsi dalle relazioni familiari.
I nonni si possono ascoltare senza sentirsi dei mocciosetti anche quando il fare di testa propria è un imperativo per non soccombere al desiderio di rimanere protettivamente custoditi dentro le mura domestiche.
I nonni si possono aiutare senza sentirsi degli schiavi poiché la loro avanzata età garantisce all’adolescente una solida difesa alla sensazione che gli adulti non lo rispettino.
I nonni dunque, come figure vicine al familiare, ma anche come persone quel tanto distanti da mamma e papà da non far sentire l’adolescente intrappolato dentro al mondo casalingo.
E così questa ragazza ribelle riesce, con commozione e tenerezza, a raccontarmi come il suo papà durante la messa piangesse. E mi fa compartecipe a come le lacrime di quell’uomo che aveva visto sempre come duro, irremovibile, insensibile, senza cuore, l’avessero riconciliata con lui. In un solo istante ha capito che un animo suo padre lo aveva.
Allora ha deciso di parlarmi di questa verità abbagliante per uscire da un circuito “poco raccomandabile”. Sente di non odiare più suo padre perché anche il suo papà si era lasciato vedere “umano”.
I ragazzi non vogliono dunque genitori tutti d’un pezzo, ma veri. Ed è su questa autenticità che costruiscono il rispetto verso di loro.

E così Lucia, parlando con papà del nonno morto, del suo duro lavoro in fabbrica, del suo desiderio di far progredire la famiglia, della sua convinzione che gli uomini non piangono mai, ha potuto avvicinarsi affettivamente a quel genitore che credeva insensibile. Ha finalmente scoperto la sua parte forte, ma dolce.

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