Ogni ragazzo, durante l’adolescenza, è immerso in una serie di compiti complessi. Deve staccarsi da mamma e papà rinunciando al caldo nido familiare, deve decidere come gestire i suoi impulsi sessuali, deve sentirsi maschio o femmina, deve trovare il modo di rassicurarsi che piace all’altro sesso. E mentre fa tutto questo, deve anche costruire una piattaforma per il suo futuro applicandosi a scuola o trovando un lavoro. Questo percorso implica momenti di crisi, fasi di incertezza, periodi bui.
I genitori lo guardano da lontano. Lo sorreggono quando è traballante. Lo incoraggiano quando è insicuro. Stanno lì e lo aspettano quando si allontana. Sanno che devono esserci ogniqualvolta chieda loro aiuto. Per un genitore competente, diventa davvero una fonte di ansia e di trepidazione chiedere al figlio di aggiungere a questi travagli anche il problema dei suoi genitori che si separano. Mamma e papà avvertono che un divorzio può turbare il processo evolutivo del loro ragazzo. Per di più, se la separazione è dovuta all’entrata nella vita di un coniuge di un altro amore, si teme che il ragazzo critichi questa scelta, non la accetti, sia ostile. I ragazzi giudicano, si sa. Spesso sono impietosi, senza peli sulla lingua, intolleranti, ironici, ipercritici, assoluti, senza pietà…
E sentirsi giudicati in maniera negativa dai figli spaventa e addolora. Se poi il loro sarcasmo si dirige verso il nuovo partner il dispiacere è ancora più grande. Eppure questa difficoltà di accettare un nuovo amore di mamma o di papà (o di entrambi) è solo un pudore a pensare alla sessualità dei genitori. Non essendo più bambini, non possono far finta che i genitori non abbiano una vita sessuale. Ma possono immaginarla blanda e abitudinaria se si tratta di quella tra mamma e papà, mentre se si tratta di quella tra papà e la sua nuova donna o di mamma e il suo nuovo compagno si sentono turbati. E’ un pudore che ha le sue radici nella loro fatica a trovare un equilibrio sessuale, ad avventurarsi nel gioco erotico, a individuare il punto di congiunzione tra tenerezza e piacere. Allora sbuffi, rifiuti, critiche verso il genitore che comunica la sua decisone di “uscire di casa” per un altro amore, diventano feroci.
Pertanto è meglio prima separarsi dal coniuge e assorbire assieme al figlio l’urto della riorganizzazione familiare, per introdurre solo successivamente la presenza del Terzo. Ma questo può venir fatto solo se il coniuge che non ha pensato alla separazione coniugale non si sente ingiustamente abbandonato e non utilizza i figli per attaccare il marito o la moglie. In un momento di rabbia è facile esca: “Tuo padre con quella sgualdrina…” , “Tua madre e quel disgraziato…”. E’ di queste parole che si nutre la confusione del ragazzo. Basterà dirgli che i due genitori non hanno più intenzione di vivere insieme. E già questa affermazione richiede all’adolescente una complessa elaborazione mentale. Egli deve separare la coppia coniugale da quella parentale e rimanere l’unico che vuole bene ad entrambi. Se a questa delusione si aggiungono le accuse, gli si chiede uno sforzo alle volte proprio impossibile. Allora il ragazzo cercherà di riunificarli. Magari andando male a scuola e preoccupandoli. Oppure con un incidente stradale e riavendoli uniti al suo capezzale. E’ dunque importante comunicargli che la vita insieme della coppia è finita e che lui non ci può fare nulla. Non è né la causa della separazione dei suoi genitori, né può diventare la causa per cui si riuniscono. Deve accettare questo lutto, e utilizzarlo come tutti i lutti che sta vivendo in questa fase della sua vita per crescere, rafforzarsi, evolvere.