Un coniuge, ignaro e sicuro nella sua vita routinaria, può sentire di cadere dalle nuvole quando, dopo anni di matrimonio più o meno tiepido e con i figli già grandi, il suo compagno di sempre gli comunica che si vuole separare. Chi viene lasciato spesso si attacca alla fatidica frase: “Dobbiamo stare assieme per i figli”. Ma questo motto non regge più. La scusa per eccellenza se è banale quando i cuccioli sono piccini è ancora più una sciocca quando i figli stanno ormai andando per la loro strada.
Il coniuge, stanco di non essere capito, afferma allora la sua decisione definitiva: “Mi separo”. Sa che dovrà stare vicino ai suoi ragazzi per aiutarli, ma sa anche che non può costruire una famiglia sul ricatto.
Le recriminazioni di colui che si sente abbandonato sortiscono infatti un elenco infinito delle mancanze del coniuge. E sono dei difetti che, urlati di fronte ai ragazzi, danneggiano irrimediabilmente il clima familiare. Che poi i due coniugi rimangano insieme o no, il dramma a questo punto è in atto.
Non è la separazione dunque che nuoce ai ragazzi, ma la guerra fra la loro mamma e il loro papà.
Il genitore che si sente respinto, infatti, vive l’angoscia di rimanere per sempre da solo. Trattiene allora in tutti i modi il coniuge. Alle volte cerca l’alleanza dei suoi ragazzi. E gli adolescenti che di per sé stanno sviluppando una serie di recriminazioni verso entrambi i genitori, possono trovarci “gusto” a far da spalla a mamma o papà. Allora, aumentano la dose dei giudizi negativi e delle accuse. Se poi un genitore chiede, esplicitamente o implicitamente, al figlio di allearsi contro il coniuge il danno emotivo è sicuro. Un ragazzo viene stritolato per sempre se deve schierarsi contro un genitore poiché l’uccisione, seppur simbolica, lascia spazio ad un senso di colpa divorante.
E così il genitore che se ne vuole andare, se osteggiato dal coniuge, si blocca. Ci ripensa. Prova un senso di colpa paralizzante.
Nelle dolci chimere si convince che può provare a stare bene con il suo partner di sempre. Nel migliore dei casi si trova l’amante e la frequenta più o meno in segreto. Nella peggiore delle ipotesi sta solo e si deprime. Sovente somatizzando la sua infelicità con qualche malattia – anche grave – che, inevitabilmente, lo farà aver bisogno della solidarietà dei suoi familiari. Il bisogno di assistenza diventerà così la scusa per non rimettere in gioco affettivamente la sua vita.
Intanto guarda con invidia i figli adolescenti che s’innamorano, che fanno progetti per il futuro, che esprimono tutta la gamma della voglia di vivere, che si allontanano sempre più. Ignari del suo sacrificio. Alle volte si tormenta e li tormenta con la migliore delle intenzioni: tenerli sottomessi per non provare un senso di sconfitta insanabile. Altre volte vuole vivere la vita al posto del ragazzo o della ragazza: conquista i suoi amici, frequenta gli stessi luoghi, si veste nello stesso modo, si dà alla vita spericolata, promiscua, trasgressiva…
Questa invidia, anche se non consapevole, o questa depressione del genitore, anche se compensata da qualche cura medica, è per i figli più dannosa di una aperta e franca crisi familiare.
Si sa il divorzio di mamma e papà dispiace ad ogni figlio, ma anche un genitore stanco, arrabbiato, deluso, insoddisfatto, privo di passioni, morto alla vita erotica è un pessimo esempio.
Il rinunciare, da parte del genitore, alla sua componente amorosa fa infatti del male al figlio poiché gli trasmette l’idea che nella vita non ha senso lottare per ciò che si desidera.