Dalla parte degli esclusi

Qualche ragazzo è davvero in difficoltà a rapportarsi con i docenti, qualsiasi sia il loro modo di essere, poiché non ha appreso il valore della relazione con l’altro. E’ questo l’alunno che ogni docente appassionato alla sua mission prende più a cuore. E’ l’adolescente a disagio infatti quello che ha più bisogno di incontrare un adulto capace di avvicinarlo, ascoltarlo, aiutarlo.
I ragazzi che vanno a scuola sono dunque già dei giovani privilegiati poiché hanno l’occasione di incontrare un adulto che può aiutarli a maturare.
I più sfortunati sono già stati banditi, in maniera sottile quanto decisiva, dalle aule scolastiche. Basti vedere l’alta incidenza di bocciati nel biennio delle superiori. Sono questi i ragazzi dunque che i docenti che hanno letto ed amato don Milani, grande e primo pedagogo degli esclusi, cercano di intercettare tra le pareti delle aule.
I professori che vogliono aiutare i ragazzi lavorano allora per cambiare il mondo, pur sapendo che il loro operare rappresenta un piccolissimo seme. Ma attorno a questo granello di sabbia possono prendere forma delle perle di ragazzi. E gli adolescenti che incontrano docenti capaci di appassionarsi alla magia delle trasformazioni umane avvertono subito la grandezza di queste persone. Severe perché giuste. Giuste perché impegnate. Impegnate perché li amano.
L’adolescente che si sente amato avverte, prima o poi, la necessità di amare. E questo sentimento scioglie la paura del rifiuto che rende cattivi tanti alunni impossibili. E’ l’amore che li raddrizza e non certo l’esclusione. E poiché quelli bocciati, allontanati da scuola, messi fuori dell’aula sono i ragazzi che non sono stati curati amorevolmente è indubbio che i prof devono vincere la somma delle frustrazioni e mortificazioni accumulate da questi allievi indesiderabili perché disordinati, ribelli, trasgressivi. Unici.
Ogni provocazione dell’adolescente al professore è dunque una richiesta di attenzione.
I prof che vogliono decifrare questo messaggio evitano di rispondere instaurando un corto circuito alle provocazione del giovane.
Se alla violenza dell’adolescente si risponde solo con la repressione si ingenera inevitabilmente nuova rabbia.
La strada della ferma tolleranza è sicuramente incerta, ma più avvincente per chi dell’educare ha voluto fare una professione. Essa si fonda sull’ascolto del ragazzo. E ascoltare non significa interrogare pretendendo risposte. Domande come: “Che ti succede? Cosa hai? Quali sono i tuoi problemi?” non possono ottenere risposte poiché nemmeno il ragazzo le ha.
Si tratta invece di assumere un atteggiamento di ascolto che sappia utilizzare il riflessivo di questo verbo, cioè ascoltarsi.
E il docente che avverte un senso di paura verso l’alunno potrà riconoscere dentro di sé che questo vissuto gli viene trasmesso dai ragazzi affinché lui possa comprendere come si vive quando si è abitati dal timore dell’altro.
Il professore allora, in qualità di adulto già cresciuto, troverà il modo per trasmettere che la paura non lo fa soccombere, ritirare, innervosire… ed è così che insegnerà al ragazzo come affrontare quei vissuti interiori che lo disturbano, destabilizzano, inquietano rendendo impossibile la sua scolarizzazione.
Il docente che intraprende questa via trova una particolare gratificazione nell’attaccamento che i ragazzi esclusi sanno sviluppare per chi dà loro affetto, comprensione, forza d’animo. Speranza.
Ma genitori e ragazzi sempre più spesso si chiedono: Gli insegnanti sanno ancora dispensare amore e speranza ad alunni e famiglie?
Si sa infatti che ciò che non si ha non si può donare e perciò grandi e piccoli scrutano dentro alle aule professori se questo seme viene seminato e coltivato. Solo se lì si svilupperà i ragazzi ne potranno godere e con essi le loro famiglie. Altrimenti i genitori staranno alla larga da quei docenti che sanno solo affossarli e criticarli e i loro figli saranno ancora un po’ più soli nello scoprire la bellezza della cultura.

Related articles