“Ad un bambino bisogna insegnare a essere un rivoluzionario, nel senso di cercare sempre il bene maggiore da donare agli altri per migliorarne l’esistenza.
Lo scopo della vita non può essere accumulare denaro, ma creare rapporti d’amore”.

È con questa citazione di Giovanni Bollea che voglio lanciare la riflessione sulle minorenni usate sessualmente. Oggi vengono chiamate dai mass media Baby Squillo. Questa stessa definizione però mi pare oltraggiare la loro giovane età. Sono bambine vittime.

Vittime della lussuria sociale, dell’ignoranza mediatica, dell’assenza genitoriale, della pochezza educativa, della loro stessa età che imita invece di riflettere. E i modelli a cui sono state esposte sono quelli di ricchi che le assoldano e di minorenni che, facendosi usare, diventano ricche.

Sono bambine che accettano di dare il corpo in uso a chiunque pur di averne in cambio della merce. Bambine mercificate, quindi.

Sono giovani vittime di una realtà sociale che ha pian piano corroso la linea di demarcazione tra grandi e piccoli.
I grandi non vedono che le bambine sono piccole.
Le bambine credono di essere già grandi.
Questo è per me il problema.

È la corrosione della linea che divide le generazioni quella che crea ingiustizia. La caduta della differenziazione tra adulti e non adulti diviene il viatico all’uso sessuale del corpo di minorenni.
Viene a mancare la protezione dell’adulto verso il cucciolo, verso il piccolo in crescita, verso il giovanetto che deve imparare a contenere i propri impulsi.
Viene sessualmente eccitato chi invece ha bisogno di essere protetto dai suoi bisogni disordinati.

Nel libro “Padri che amano troppo, adolescenti vittime di attrazioni fatali” (edizioni la meridiana) ho analizzato, assieme a Francesco Berto, la caduta del divieto di oltrepassare il confine che separa il mondo adulto dal mondo dei ragazzi.
Ne abbiamo analizzato i vari risvolti in una pluralità di storie che possono essere lette da grandi e piccoli per, attraverso le diverse “parabole”, passare un’educazione sessuale che, diversamente, è difficile da argomentare.

Non è facile parlare ai ragazzi di adulti che abusano del loro corpo un po’ per pudore e un po’ perché mai pensiamo accada a casa nostra, a nostra figlia, ai nostri allievi.
Eppure accade.

Quindi come imparare dell’esperienza che in questi giorni ci racconta di bambine che vendono il corpo, di ragazzine che mettono in rete video porno, di giovani che si disperano perché vengono usate le foto hard che hanno regalato al loro piccolo-grande amore, di amplessi proibiti?

A noi adulti spetta una seria riflessione.

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