Che senso ha per i bambini e i ragazzi di oggi andare a scuola?
Come dovrebbe cambiare la vita tra i banchi di scuola per appassionarli?
Come lavorare tenendo conto che ogni classe è un gruppo di pari con sue speciali dinamiche?
La crisi dei rapporti tra società, famiglia e mondo scolastico richiede uno sforzo che ci aiuti ad immaginare nuovi orizzonti possibili.
La scuola sta infatti vivendo una fase complicata, contraddittoria, emergenziale che abbisogna di creatività, innovazione e trasformazione.
Tutti sono scontenti di come funziona. Ognuno la vuole cambiare. Pochi però ascoltano i bisogni degli alunni che stanno crescendo in famiglie instabili e dei professionisti che la animano pur sentendosi sviliti da un contesto sociale che sminuisce il loro ruolo.
Il 17 aprile a Mogliano Veneto (TV) proviamo a discutere, a partire dal testo A scuola con le emozioni (la meridiana 2012), sulle strategie utili a ridare senso al mondo scolastico come luogo dove educare, formare e far crescere le nuove generazioni.
Diamo parola innanzitutto ai docenti che operano quotidianamente nella scuola provando ad ascoltare il loro drammatico sentirsi emarginati, soli, dimenticati, sviliti... Molti, i più motivati, paiono chiedersi come inventarsi una nuova didattica.
Mettiamo in campo esperienze di buone prassi portate avanti sia con i bambini che con i preadolescenti.
Lasciamo ai genitori la parola per dare forma al loro disagio e al loro urgente bisogno di aiuto affinché l'apprendimento non diventi causa di irreparabili conflitti familiari.
Guardiamo cosa possono fare i servizi territoriali che si interessano allo sviluppo psico-socio-educativo dell'infanzia e dell'adolescenza.
Ma soprattutto diamo voce ai sentimenti, alle emozioni, alle idee degli alunni.
La scuola saturata da problematiche sociali, rischia di smarrire il suo compito di luogo deputato all'apprendimento se al suo interno non convergono prestazioni sociali e sanitarie che la affianchino nella cura delle nuove generazioni.
L'arrivo in massa degli alunni stranieri l'ha inoltre messa di fronte alla diversità non solo culturale, ma anche linguistica e relazionale.
L'aumento dei ragazzi difficili l'ha sottoposta a scenari dove violenza, bullismo, rivalità hanno affossato il valore dei legami sociali ed umani che connotano il gruppo classe.
La pluralità degli stili educativi l'ha resa impopolare tra madri e padri che, stanchi e demotivati, non hanno la forza di allearsi con gli insegnati.
La mancanza di formazione emotiva dedicata ai professionisti dell'insegnamento ha reso sterile, meccanico, burocratico un fare scuola che è poco gradito sia agli alunni che ai loro genitori.
La noia impera tra le mura scolastiche perché non circolano emozioni?
E quanto il far male a scuola dei giovani è dovuto a una loro caduta di motivazione ad apprendere a causa di un ancora troppo diffuso sistema di studi anacronistico?
Cosa allora cambiare per appassionare i ragazzi ad avventurarsi nella conquista della cultura?
Dice Berto nel testo "A SCUOLA CON LE EMOZIONI": Lo scolaro, attraverso il riconoscimento del suo linguaggio e l'accettazione e la comprensione della sua comunicazione da parte degli insegnanti, ha la possibilità di soddisfare delle necessità fondamentali, come quelle di conoscersi e di farsi riconoscere, ma anche di essere sollecitato ad imparare ad esprimersi sempre meglio per poter diventare sempre più se stesso. Solamente se le parole o le frasi, che il bambino deve pronunciare o scrivere a scuola, esprimono un suo vissuto globale, cioè una esperienza nella quale si sente interamente coinvolto, si riempiono di se stesso, altrimenti, se sono prive di questo contesto esperenziale, cioè emotivo, quindi affettivo, risultano vuoti segni e vuoti simboli, diventano -esterne- a chi le pronuncia o le scrive e soprattutto gli richiedono sforzi eccessivi ed inutili che lo porteranno a ritenere difficoltoso e conflittuale questo apprendimento.
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