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Commenti

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Dal sito internet "Donna e mamma" del Corriere online, ecco un utilissimo articolo sullo sport per i giovanissimi.

A ognuno il suo sport. 

Quando e come cominciare nel modo giusto?
Ai giardini e nei parchi si vedono tanti piccoli tifosi che imitano i loro eroi dei campi da calcio. Ma saranno tutti futuri calciatori? O è una passione destinata a spegnersi col tempo? E sarà poi lo sport giusto? Certo praticare uno sport è importante, ma come fare a scegliere? Le offerte sono così numerose che si finisce per optare per più di un'attività per il proprio figlio, perché, tanto, lo sport fa bene. Ma è sempre vero? Lo abbiamo chiesto alla psicologa Paola Scalari, responsabile del Servizio Infanzia e Adolescenza del Comune di Venezia.

Fino ai 4 anni "È importante che il bambino faccia un po' di movimento, possibilmente con uno dei genitori, in modo da trascorrere un po' di tempo insieme", sostiene Paola Scalari. Ecco perché sono particolarmente indicate, a questa età, la psicomotricità e l’acquaticità. A partire dal nido, gli esercizi psicomotori sono utili a potenziare le capacità motorie e le funzioni sensoriali, oltre all'espressività sul piano del gioco: attraverso l'attività di gruppo, guidata da un'educatrice specializzata, il bambino impara a condividere le emozioni insieme ai compagni, e nello stesso tempo inizia a conoscere, attraverso il corpo, lo spazio intorno a sé.

Fin dai primissimi mesi di vita, il bambino può giocare in piscina insieme alla mamma o al papà: l’acqua è un elemento familiare per lui, perché gli ricorda il liquido amniotico nel quale è vissuto per nove mesi. Nel corso di acquaticità per neonati, l’istruttore lavora prima di tutto sulle paure del genitore: spiega alla mamma che cosa fare e come sostenere il bambino che gioca nell’acqua, come fargli eseguire gli esercizi di trasporto e come farlo scivolare sull’acqua finché non è tranquillo. Dopodiché, si arriva all’immersione vera e propria: la tecnica è quella di soffiare l'aria in faccia al bebè che, per riflesso, tratterrà il respiro. Un'abilità che riutilizzerà quando si troverà a contatto con l'acqua.

Dai 5 ai 6 anni, l'attività motoria più utile è l’acquaticità: i bambini imparano a non avere paura dell’acqua, con o senza supporti (braccioli, tavolette galleggianti), a immergere la testa, ed eseguire esercizi che portano al galleggiamento. Oltre al nuoto, per questa fascia d’età esistono corsi di danza creativa, ovvero di gioco in movimento. Ma non solo a 4 anni il bambino può iniziare ad avvicinarsi all’equitazione, meglio se con un pony. Il piccolo impara ad accarezzare il cavallino e a farlo mangiare dalla sua mano, finché non riesce a sellarlo, a dissellarlo e a mettergli la briglia, naturalmente insieme all’istruttore, che lo aiuta a montare e lo guida alle prime passeggiate. Più tardi, arriverà il momento del passo al trotto e al galoppo, fino a quando il bambino non sarà pronto per cavalcare da solo. Per il karate e le arti marziali in genere è meglio aspettare i 7 anni, a meno che non si tratti di ginnastica preparatoria a queste discipline e in attesa di affrontare il momento del combattimento vero e proprio. Per bambini di 4 anni ci sono i corsi di Ninjutsu, che comprendono esercizi di psicomotricità e coordinamento dei movimenti.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.