Recensione di Simone Zubbi, psicologo.
“Davvero, vivo in tempi bui!
La parola innocente è stolta. Una fronte distesa
vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non l’ha saputa ancora.”
Bertolt Brecht
Padri che amano troppo. Il titolo mi incuriosisce ed inquieta all’unisono. Porta con sè il fascino di segrete e misteriose ricette su cosa fare, cosa non fare per amare non “troppo”.
Troppo, un aggettivo che fin dal titolo mi fa sperimentare un senso di oppressione e soffocamento che m’abbandona solo nell’ultimo paragrafo del testo in cui Veronica spicca il volo librandosi dall’unico mondo da lei conosciuto, divenuto così osceno ed invivibile se guardato con occhi altrui.
Come ama un padre? Quando un padre ama troppo? Ecco alcune delle domande che fanno capolino tra i miei pensieri quando mi appresto a leggere attimi di vita altrui narrati da Paola Scalari con la complicità di Francesco Berto. Brevi attimi di vita prendono forma nella mia mente, sono attimi di gioia, di dolore, d’incertezza e confusione. Man mano che mi inoltro nella lettura ogni cosa sembra perder il gusto della vita, ogni sapore cambia e muta tra le pagine che scorrono ed alla fine la sola sensazione che resta sul mio palato è l’arsura di una lettura a bassa voce che ha prosciugato la mia gola.
Le vite dei protagonisti hanno un sapore differente: per ognuno di loro, un sapore diverso da quello che avvertono le persone che stanno loro accanto (amici, parenti). Un palato delicato che reagisce a ogni minima sollecitazione accomuna i protagonisti di questi brevi racconti. Il desiderio di essere amati ed amare è quello che unisce ogni attore di questo testo. Assetato raggiungo una brocca e mi disseto, potrebbe essere acqua, vino o forse altro, ma la sete è troppa e bevo con ingordigia, così ogni personaggio scambia per amore quei sorsi di sentimento/sensazione che trova nel proprio padre, nel loro mondo hanno il sapore della vita, hanno il gusto dell’amore ma è un mondo buio fatto di doveri e compiti la cui ricompensa è un po’ di luce. Vite vissute per un po’ d’amore, dove i protagonisti compiacciono i genitori per cercare un sapore che non troveranno mai. Persone bloccate in un limbo fatto di acri sapori che aumentano solo la fame e la sete di emozioni ed affetto, un limbo che è tutto ciò che hanno e a cui possono anelare. È così che gli autori con semplicità e chiarezza mettono in mostra “le terribili conseguenze di un’inquietante amore paterno eccessivamente sollecitato e oltremodo concesso dalla cultura attuale”.