Mamma e papà devono prendere una decisone importante: mandare o non mandare il loro piccino al nido.
Prima della sua nascita entrambi i genitori non avevano alcun dubbio: il loro figlio sarebbe andato al nido. Ora che lo stringono tra le braccia e sentono quanto il bebè sia attaccato a loro, si fidi delle loro braccia, voglia stare solo con mamme e sia felice solo con papà, avvertono invece che devono ripensare alla scelta fatta in precedenza.
Si domandano: Il bambino saprà far fronte alla loro mancanza? E loro saranno in grado di “abbandonarlo” in mani estranee? E’ giusto socializzi perché gli è utile giocare con altri coetanei? E’ opportuno alzarlo ogni mattina, farlo stare tutta la giornata, o quasi, tra bimbi che gli rubano il giocattolo, lo morsicano e gli attaccano tanti virus?
Solo pensare a queste questioni fa stringere loro il cuore.
Mamma versa una lacrima. Si rabbuia. Ha il timore che il figlio la viva come una cattiva madre.
Papà, nel frattempo, si mette a fare dei conti per vedere quale possibilità ha che la moglie prolunghi l’aspettativa senza assegni o entrambi possano assoldare una brava, anzi eccellente, Tata.
Mamma rilancia l’idea di usare i nonni, spaventata.
Papà la sta ad ascoltare, incredulo.
E’ infatti da quando erano fidanzati che la compagna asserisce che, mai e poi mai, avrebbe lasciato un figlio a quella dittatrice della suocera e nemmeno era così tanto dell’idea di lasciarla ai suoi genitori che quel bambino glielo avrebbero sicuramente straviziato.
Adesso però quel tenero bimbetto, ignaro e dolce, inconsapevole e tenero, potrebbe essere messo nella condizione di dover stare senza la sua mamma o lontano dal suo papà per molte ore.
Il figlio reale chiede loro un totale riesame delle posizioni assunte in sua assenza.
Il ripensamento passa in rivista più opzioni. I genitori devono credere di offrire la soluzione migliore non solo per sé ma anche per il figlio.
In fondo la scelta giusta è quella che loro sentono come la più adeguata.
Mamma comincia allora a raccogliere informazioni sui nidi cittadini dalle amiche. Prova a frequentare uno spazio chiamato -Tempo per le famiglie – dove può recarsi a rimanere a giocare con il suo bambino. Ma ogni volta che torna a casa si convince sempre più che suo figlio lì non ci vuole proprio stare. Per la verità è più lei che non vuole lasciare lì il suo bambino poiché il distacco la riporta a sentimenti abbandonaci e di trascuratezza che pensava cancellati dal suo animo e che, invece, in questa circostanza riaffiorano con prepotenza.
Torna a sentirsi la figlia lasciata nella culla, la bambina accompagnata in colonia, la ragazzina partita per uno stage di inglese all’estero, la giovane abbandonata da un fidanzato fedifrago… Avverte una ridda di emozioni che tornano a galla.
Anche papà si sente disorientato poiché si sente impotente di fronte alla fragilità del figlio e all’apprensione della moglie. Se dice: “Deve andare al nido che lì fa esperienze che lo aiutano a diventare grande” si sente accusare di essere un padre poco affettivo. Se invece afferma: “Teniamolo a casa” avverte che la compagna lo fulmina con un’occhiata poiché a casa ci deve stare anche lei. Ed anche se lui stesso si propone di prendersi una pausa lunga dal lavoro la storia non cambia poiché la compagna lo accusa di diventare un “mammo” a tempo pieno e che a lei questo non piace…
La controparte al tumulto di sentimenti in gioco è quella di prendere tutte le informazioni, visitare quasi tutti i nidi che hanno posti a disposizione, parlare con amiche, cognate, colleghe… e nonni. Ma ogni diade madre-bambino è speciale ed ogni gruppo familiare è unico perciò nessuno sa cosa è meglio per quel determinato bimbo.
I due neo genitori infine decidono. Alcuni scelgono il nido e cercano una struttura adeguata.
Vanno a visitarla insieme.
Papà guarda il bel giardino fiorito nel quale sono sparse giostrine e scivoli. Osserva la lettiera con la sabbia. Ammira lo spazio con la casetta. Entra. Mamma ammira la stanza giochi con l’angolo morbido, l’angolo del relax, l’angolo del ring…, guarda con tenerezza i seggiolini e i tavolinetti bassi dove il suo bambino consumerà i pasti, guarda con ossessiva precisione i bagni per accertarne la pulizia… Se tutto funziona allora dice che tornerà.
Mamma e papà tornano anche con i nonni. Nonni che colgono l’occasione per ribadire la loro disponibilità ad occuparsi qualche volta, solo quando possono o proprio quando è urgente, del nipotino.
Mamma parla a lungo con le educatrici e, se le fanno una buona impressione, fa la sua scelta definitiva.
Il figlio va al nido e, all’occorrenza, starà con una delle due coppie di nonni.
Lei sente che ha bisogno di tornare al lavoro e che il suo bambino deve capire che non si può occupare solo di pappe, cacca e pipì…
E arriva il fatidico giorno dell’inizio dell’inserimento.
Il bambino è lavato e profumato. Nel suo cestino-zainetto sono riposte tutte le cose a lui necessarie. Tutto è pronto. Ma non si è mai preparati completamente a lasciare l’amato tra le braccia di un’altra donna, sia pure essa sia una valente educatrice. Anzi proprio la sua disponibilità emotiva, la sua capacità professionale, la sua solerzia pratica la rendono una temibile rivale.
E già mamma spera che l’educatrice ami il proprio bambino e contemporaneamente paventa questo amore poiché ha il sapore di un furto dell’unicità amorosa che la lega al suo tenero piccolino.
E l’educatrice deve amare il figlio che le viene consegnato, ma non lo deve sentire troppo suo perché ogni affettuosità è una spada nel cuore del genitore.
Il bimbo, ignaro, i primi giorni si lascia trasportare, abbandonare, collocare senza tante rimostranze.
Per mamma può diventare segno che non è attaccato a lei e allora si tormenta.
Per papà può essere il segnale che il figlio è forte e coraggioso e allora si inorgoglisce.
In realtà il bimbo all’inizio non capisce cosa gli sta accadendo.
Se però il bebè non desse mai segni di sofferenza non sarebbe un macho, ma solo un bimbo che non sa e non può esprimere le sue emozioni.
Quindi il pianto ci sta… ma nella vita bisogna imparare a staccarsi.
Forse mai troppo presto e nemmeno mai senza che i genitori condividano l’importanza dei sentimenti in gioco al momento dell’inserimento, del distacco e della permanenza al nido.
Sarà poi l’abitudine che renderà familiare l’ambiente.
Sarà la professionalità delle educatrici a rassicurare i genitori che il figlio è loro e rimane sempre loro.
Sarà la condivisone con le altre mamme sia di ambasce che di apprezzamenti per il lavoro pedagogico che rassicurerà mamma e papà di aver dato un buon avvio all’inizio della storia dei distacchi dal figlio.