Nascita – Imparare a conoscersi

L’arrivo di un figlio sconvolge le abitudini familiari. Per mamma e papà ci sono stati nove mesi per prepararsi accompagnati da nonne e zie sollecite, ma ancor più da amiche che hanno già affrontato e superato questa esperienza. Anche ostetriche e psicologi, qualora si partecipi al “percorso nascita” presso l’ospedale o presso centri specializzati, hanno dato suggerimenti e consigli. Non sono poche nemmeno le riviste specializzate lette e sfogliate e, in casa di ogni neo mamma e neo papà, non mancano libri sull’argomento. Eppure questo bagaglio di conoscenze, informazioni, fantasticherie s’infrange di fronte allo “straniero” che arriva da chissà dove. Il neonato inizialmente è sempre uno sconosciuto. Inizia dunque con un forte disorientamento il percorso per conoscere ogni figlio, per riconoscerlo ed imparare ad amarlo.

L’amore si costruisce. Qualche volta stringendolo tra le braccia e sfiorando la sua pelle di porcellana insorge un innamoramento a prima vista. E quel neonato fragile, piagnucoloso, odorante, diventa subito il più bello del mondo. Altre volte invece ci vuole tempo, fatica e pazienza. E l’affetto nasce stando insieme giorno dopo giorno, curandosi quotidianamente dei suoi bisogni e godendo del suo intermittente fiducioso abbandono tra le proprie braccia. Il tragitto breve o lungo per cerare questo importante legame ha a che fare con la predisposizione emotiva del genitore, ma anche con le caratteristiche del neonato. Alcuni bambini sanno, fin dalla nascita, suscitare simpatia, tenerezza, voglia di coccole.. Sono allora dei grandi seduttori che riescono a condizionare l’ambiente che li circonda fino a farlo diventare corrispondente alle loro necessità. Questo gratifica tutta la famiglia e mamma e papà avvertono una profonda sensazione di potersi sintonizzare con il loro figlioletto. Altri bambini invece faticano a mettersi in comunicazione con i genitori. Piangono senza apparenti motivi e senza che alcun tipo di cura materna li calmi. Rifiutano il seno nutriente o pigramente si addormentano succhiandolo. Girano lo sguardo altrove se mamma li cerca di agganciare con gli occhi. Si divincolano se papà li sorregge con le sue forti braccia. I genitori si sentono allora respinti. E la relazione fatica a decollare.

E’ in questo spazio della reciproca conoscenza che in mamma si può aprire un senso di vuoto. Fa capolino la depressione post parto. Essa nasce con un sottile sentimento di inadeguatezza e si fa largo con lo scarso desiderio di occuparsi del figlio. E’ importante raccontare al proprio medico di fiducia queste sensazioni perché lui possa orientare sulla cura da fare. Senza vergogna e senza tentennamenti. E le confidenze sui propri stati d’animo vanno innanzitutto confidate al proprio marito. Insieme si affronteranno meglio. Passeranno di sicuro, ma è importante che mamma non sia sola in questo frangente.

La famiglia materna e paterna accoglie assieme ai due genitori il piccolino. Lo riconosce come appartenente alle due stirpi notando le caratteristiche che lo rendono somigliante a una lontana zia dagli occhi blu cobalto, a un fratello peperino, a un nonno simpaticone… Ed è questo donare attributi familiari al neonato che lo fa diventare parte della famiglia. Accolto, amato e sorretto dai diversi componenti che, solleciti, si avvicinano a mamma e papà nei momenti di crisi e che, con altrettanta sollecitudine, si allontanano dalla nuova famiglia quando torna la calma. Per lasciare i neo genitori vivere in tranquillità la loro esperienza. Per confermarli come la famiglia di quel bambino. Per permettere ai figli di diventare genitori.

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