E’ tempo di andare
Il passaggio attraverso l’identificazione con il «gruppo dei pari» è necessario al ragazzo per metabolizzare il distacco dal gruppo di appartenenza primario, quello familiare, e per giungere all’individuazione di sé. Affinché questo distacco non si traduca in rottura o incomprensione e sia, invece, percorso di crescita verso l’indipendenza, anche l’adulto è chiamato a mettersi in gioco, ricercando la linea sottile che distingue protezione e responsabilità dall’invasione di un mondo che non lo vede più al centro.
Chi è il preadolescente? Comunemente lo si definisce sia come bambino che come ragazzo. Sono Anna Freud (1949), Erikson (1951) e Blos (1958) che, considerando la pubertà come momento evolutivo che porta al dissolvimento dell’organizzazione della latenza, hanno definito questa fase evolutiva «preadolescenza».
Oltre al sostantivo preadolescente, che viene quindi dal linguaggio psicologico, non c’è altro termine corrente che caratterizzi, in una sola parola, il minore in questa specifica fase della crescita.
Se non c’è un vocabolo per definirlo, c’è almeno un modo per individuarlo?
Scopriamo subito che anche la descrizione del suo modo di comportarsi non può avvalersi di un’immagine unica e nitida. Il preadolescente lo si può pensare sia grande che piccolo, lo si può immaginare maturo ma anche acerbo, lo si può sentire minaccioso e insieme vulnerabile. Lo si può vivere come una persona familiare ma anche come un estraneo, lo si può riconoscere e, subito dopo, perderlo di vista. Lo si può cogliere come bimbetto petulante attaccato a mamma e papà che chiede cura e attenzione, ma anche come giovanetto burbero e solitario chiuso in se stesso mentre detesta tutto e tutti. Il preadolescente è, dunque, un minore che ha molte anime, che non si lascia catalogare e sfugge alla comprensione da parte degli adulti, ma che si può, tuttavia, sempre incontrare come convinto partecipante di collettivi formati da coetanei.
È allora alla sua specifica e originale esperienza, vissuta in un gruppo composto da un unico genere, da compagni maschi per i ragazzi e da amiche femmine per le ragazze, che si può guardare per non perderlo di vista del tutto, per continuare a educarlo con impegno, per sorreggerlo nell’apprendimento di regole che lo orientino a divenire un adolescente ragionevole in grado di vivere con piena soddisfazione la sua giovinezza.
Quasi sempre i fenomeni di gruppo vengono misconosciuti nella loro specificità. Come ricorda Didier Anzieu,
“tutto viene ricondotto a problemi di persone. La paura di ripensare la propria situazione in un nuovo quadro di riferimento, ed essere così messi in discussione, costituisce uno degli aspetti della resistenza epistemologica al concetto di gruppo.”
Mettere a fuoco l’identità specifica del preadolescente è impresa difficile se non addirittura impossibile, problematico è ricercarne una peculiarità, complesso acquisire consapevolezza di quello che ha lasciato e di quello che sta acquisendo nel transitare verso la maturità, arduo nominare i sentimenti che caratterizzano il suo specifico sviluppo.