Evoluzioni e involuzioni dei gruppi al lavoro/2

Le persone si mettono in cerchio per dare vita a nuove idee non ancora venute al mondo. È questa la funzione e la potenzialità del gruppo di lavoro. Tuttavia non basta mettersi in cerchio per concepire idee-figli. L’atto creativo collettivo non è per nulla spontaneo, come sa chiunque abbia esperienza di gruppi, ma necessita di condizioni speciali per prendere forma. Il mondo del sociale, che deve combattere i semi insani della deriva culturale individualista, non può non aver cura e competenza dell’incontro generativo gruppale se vuole curare ciò che è culturalmente ammalato.
“Chi non ha da narrare la propria vita non ha vissuto e noi dovremmo appunto vivere in modo che la nostra vita possa diventare un racconto.”
(L. Pagliarani, Violenza e bellezza. Guerini e Associati, Milano 1993)
Le persone si mettono in cerchio per concepire, catturare, dare vita a nuove idee che non sono ancora venute al mondo. La potenzialità dell’incontro con gli altri sta nella penetrazione tra menti pensanti e nelle intuizioni che costruiscono la catena associativa. W. Bion definisce con il simbolo del maschile e del femminile questo fecondo scambio che mette al mondo pensieri non ancora pensati.
Qualcosa che prima non c’era
L’aspettativa naturale di un gruppo è dunque quella di creare qualcosa che prima non c’era.
I gruppi di discussione e di lavoro, dove si strutturano meccanismi di autoregolazione, sono messi in funzione da un coordinatore, il cui scopo è quello di ottenere all’interno del gruppo una comunicazione che si mantenga attiva, cioè creativa.
Ma non basta mettersi in cerchio. L’atto creativo però ha bisogno di condizioni speciali per poter prendere forma. È infatti necessario che il contenitore gruppale non abbia troppe falle, crepe e vie di fuga.
Perciò è imprescindibile che chi appartiene a un gruppo possa esserci con continuità. Se altre riunioni si sovrappongono dentro a organizzazioni cancerose che moltiplicano in modo deforme i luoghi dell’incontro, nessuno sa mai se potrà presenziare o meno a quella riunione, chi vi si reca non sa mai con chi si incontrerà in quel tavolo. C’è chi compare e chi scompare, chi sostituisce e chi si alterna, chi viene e chi va. Senza una parola. E cosa mai importa la relazione umana se conta così poco che chiunque, dopo aver condiviso un pensiero con gli altri, possa sparire impunemente portandosi via qualcosa di chi rimane?