In breve: lavorare efficacemente in un gruppo significa innanzi tutto imparare a rielaborare incessantemente e collettivamente i vissuti comuni. Ma è indubbiamente nella capacità di trovare un equilibrio, anche se provvisorio, del complesso mix di componenti affettive e cognitive di cui ogni partecipante è portatore che risiede la possibilità di una maturazione del gruppo e la capacità di accettare il senso del limite senza rinunciare all’azione.
Conoscere l’oggetto del proprio lavoro, per gli operatori impegnati in un progetto, comporta un processo di apprendimento continuo. Apprendere significa far crescere il proprio sapere. Sapere comporta una ripetuta elaborazione delle fantasie e dei fantasmi che si sviluppano nel processo di trasformazione. Trasformarsi mobilita dunque emozioni, sentimenti ed affetti personali di ciascun operatore.
Se questi vissuti rimangono inconsapevoli o vengono ignorati, bloccano facilmente il processo di sviluppo delle competenze e rischiano di far sviluppare strategie di intervento che non portano al contenimento e alla trasformazione dei problemi dell’utenza.
Ci sono operatori che incontrano famiglie in difficoltà e che agiscono con le stesse modalità problematiche dei nuclei sui quali intervengono. Ci sono operatori che lavorano con i giovani e che attivano le stesse dinamiche onnipotenti dei ragazzi che vorrebbero aiutare. Ci sono operatori che interagiscono a vario titolo con la comunità e che intervengono enfatizzando le modalità perverse, devianti e prepotenti delle persone di cui si occupano. In tutti questi casi nessuno si cura e si prende cura del contesto umano che è all’origine del disagio. Operatori di questo tipo non possono infatti mettere in campo un sapere diverso da quello che determina la sofferenza delle persone di cui si occupano.
Ogni storia di vita contiene delle emozioni che sono comuni a tutti gli esseri umani. La differenza risiede, a volte, solo nella loro intensità, certamente non nella loro qualità. La diversità tra l’operatore e l’utente si colloca quindi solamente nel livello di consapevolezza del primo e nel diritto di essere aiutato del secondo. Le scenografie entro le quali si svolgono le vicende umane raccolte dagli operatori posso- no allora diversificarsi a seconda del servizio a cui ciascun professionista appartiene, ma sta di fatto che, nell’intreccio emotivo che costituisce la trama del racconto di ogni esistenza, ognuno può rispecchiarsi, ritrovarsi e rivedersi e, a partire da lì, cominciare a ripensarsi.