Adesso Basta. Ascoltami!
Recensione di Maria Marchegiani
Ho letto il bellissimo libro di Francesco Berto e Paola Scalari durante l'estate, al mare, dopo un anno scolastico abbastanza difficile, speso a cercare di capire e di farmi capire da Paolo, il mio alunno disobbediente e ribelle, senza speranza secondo alcuni miei colleghi.
Proprio di bambini che non ascoltano, di ragazzi che urlano la loro disobbedienza, di giovani ribelli parla il libro che cerca un ideale incontro-colloquio con i maestri di vita: tutte le figure adulte, genitori, insegnanti, operatori sociali e sanitari, che accompagnano le nuove generazioni nella loro crescita. Ne parla con la grande competenza di chi da molti anni lavora con i bambini a scuola e nei servizi psicopedagogici e nella formazione adulta, ma anche con la levità con cui ci si avvicina alle storie personali. Sempre più spesso come insegnanti a scuola e come genitori con i figli, sperimentiamo quanto sia difficile farsi ascoltare, osserviamo i nostri bambini, i nostri ragazzi e ci sembrano sempre più insofferenti nei confronti delle regole. Quante volte ci siamo chiesi che fare?
Nel libro Adesso Basta. Ascoltami! si susseguono le voci dei bambini, sono racconti che ci dicono del loro timore di crescere, delle difficoltà di stare dentro i limiti imposti, del bisogno di dire bugie, delle emozioni che si accompagnano alle punizioni. Gli autori ci invitano ad ascoltare queste parole, nessuna sembra poco importante da poter essere lasciata cadere, tramite esse si può interpretare la disobbedienza e capire il senso delle trasgressioni dei bambini. Un ascolto attento, empatico ci permette di ripercorrere anche la nostra storia, risveglia il puer che è in noi; ricordando le nostre lontane esperienze e le emozioni che le accompagnavano, rivedendo noi stessi bambini, meglio possiamo avvicinarci ai piccoli disobbedienti che abbiamo di fronte e capire ciò che essi attraverso comportamenti indisciplinati e ribelli vogliono dirci.
Mentre leggevo il libro, rivedevo Paolo, il mio indocile alunno, risentivo le sue urla, il suo no a tutto, il rumore della porta dell'aula sbattuta con rabbia e riprovavo il senso di solitudine che in quelle situazioni mi assaliva, incapace di trovare un confronto sereno e significativo con i suoi genitori e con i miei colleghi.
Francesco Berto e Paola Scalari osservano come sia importante che tutti i maestri di vita che affiancano il bambino nella crescita abbiano occasioni di incontro, allora insegnanti, operatori dei servizi e genitori potranno ripercorrere storie familiari difficili, storie piene di abbandoni e assenze, dove i bisogni dei bambini e dei ragazzi non trovano visibilità, dove "si sta vivendo il dramma della morte della funzione educativa". In queste situazioni la ribellione e la disobbedienza rappresentano l'arma a disposizione del bambino per farsi vedere, in una disperata ricerca di aiuto.
I maestri di vita si incontrano nel gruppo: discutono, si confrontano, il gruppo diventa una sorta di "salvagente sociale" in cui si può trovare il senso dell'agire.
Ciò che gli autori ci propongono ha, a mio avviso, una grande dignità, nella mia esperienza ci sono invece veloci scambi di "non sai quello che ha combinato oggi" tra insegnanti sull'uscio dell'aula e imbarazzati incontri con i genitori dove talvolta le parole pesano come macigni.
E le parole attraverso le quali narriamo i bambini ribelli non sempre ci aiutano a capirli: c'è troppa attenzione alla descrizione dei loro comportamenti, meno alle ragioni delle loro azioni, ed è facile cadere nella tentazione di definirli bulli, cattivi, ribelli, aggettivi che li rivestono totalmente e che impediscono di vedere altro.
Gli autori del libro ci invitano a considerare il nostro stile narrativo, a passare da un elenco di fatti a racconti interessanti ed emotivamente ricchi, dove trovino spazio gli intrecci delle situazioni e dove accanto al bambino che disobbedisce si intravedano gli altri protagonisti, perché in ogni storia di disobbedienza e di ribellione c'è alla base una catena di relazioni da cui mancano alcuni anelli.
I bambini hanno quindi bisogno di adulti che possano farsi carico delle loro difficili storie, che siano in grado di accoglierle e di comunicarle ad altri adulti, che non si ritirino, come spesso accade nella nostra realtà scolastica, di fronte a dolori taciuti o urlati perché indicibili. Paolo torna nei miei pensieri e devo riconoscere con amarezza che se io sono stata talvolta in grado di accoglierlo e contenerlo nella sua rabbia, non ho saputo comunicare ai miei colleghi
quanto andavo intravedendo, non ho visto il loro timore di sentirsi inadeguati ad affrontare un compito sicuramente difficile, non sono stata sufficientemente generosa da far credito a tutti i miei colleghi delle competenze necessarie ad affrontare la situazione, in questo modo il progetto educativo che lo riguardava non è stato condiviso.
Il libro sostiene la necessità di un occhio esperto ed esterno che aiuti a guardare e a vivere la situazione difficile con una serena distanza che ci permetta di vedere le storie dei bambini nei loro confini, senza esserne invasi. Nella mia scuola non c'è un supervisore e, seppur vivo in una realtà territoriale che offre aiuti e consulenze in campo educativo, la scuola non ho saputo o voluto trovarli; è certo che la situazione di solitudine
non aiuta noi maestri di vita scolastici e non aiuta neanche i nostri alunni.
Il libro è invaso dalla speranza: in ognuno, insegnanti, genitori, operatori ci sono competenze e risorse, bisogna portarle alla luce, farle incontrare e interagire perché i bambini ascoltati, visti, considerati, capiti instaurano sicure relazioni e a questo punto è più facile diventare ubbidienti. "La speranza però è un sentimento che ogni adulto comunica al bambino se sa viverla anche per se stesso come giusta aspettativa che si traduce in fattiva operosità per quanto vuole raggiungere."
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