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Lo "Spaziogenitori": un servizio dei Centri Età Evolutiva

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Nel gennaio 1992, facendo seguito al Progetto Età Evolutiva che sperimentalmente aveva operato nel triennio 1989-1991, si aprono nel Comune di Venezia due Centri età evolutiva con l'obiettivo di prevenire il disagio minorile.

Le attività previste all'interno di questi Centri età evolutiva comprendono:

- Laboratori per i bambini dai sei ai dieci anni e per i ragazzi dagli undici ai quattordici anni.

- «Sapere per prevenire. Conversazioni sulle problematiche dell'età evolutiva», incontri periodici rivolti a tutti gli adulti che si occupano di bambini.

- «Educare insieme», a scadenza quindicinale, rivolto agli insegnanti e agli educatori professionali.

- «Spaziogenitori», quindicinale incontro a cui possono partecipare mamme e papà.

Con queste diverse iniziative ci si vuole occupare del bambino e degli adulti che, relazionandosi con lui, incidono sul suo percorso maturativo.

il compito del progetto dei Centri età evolutiva è quindi quello di prendersi cura della crescita dei bambini, occupandosi però sia dei piccoli che dei grandi.

Se i laboratori sono tutti luoghi d'incontro per i bambini e i ragazzi per aiutarli a consolidare la propria identità attraverso attività di tipo ludico, gli spazi rivolti agli adulti sono invece differenziati proprio per le diverse capacità o necessità di aiuto che genitori, insegnanti, educatori hanno espresso.

Gli adulti, per farsi coinvolgere, compiono infatti un lungo e diverso percorso di avvicinamento che permette a ciascuno di poter usufruire, per quanto ne è capace o ne ha bisogno, di ciò che il servizio gli offre.

Si aprono così dei luoghi e degli spazi dove adulti e bambini trovano quella sicurezza emotiva che li aiuta a conoscersi, ad essere se stessi. Per raggiungere questo scopo si agisce attentamente con i bambini, ma si cerca anche di stimolare gli adulti a pensare e riflettere su come si debbano trattare i rispettivi figli ed allievi.

E proprio perché il bambino raggiunge la sua maturità attraverso rapporti significativi che gli si vogliono offrire delle buone relazioni che sostengano il suo sviluppo affettivo.

La crescita del bambino viene vista come il risultato di incontri con adulti, con in primo piano i genitori, che possono offrire al bambino un'esperienza emotiva nella quale si sente coinvolto, contenuto, sorretto, rassicurato, protetto e compreso.

Ogni bambino, per compiere il suo processo maturativo, ha bisogno di passare per esperienze di dipendenza dall'adulto che gli permettano di raggiungere gradualmente la sua autonomia, ha cioè bisogno di essere, vivere, venir considerato bambino per poter diventare grande.

Ogni bambino deve potersi avviare verso l'indipendenza sorretto da un adulto capace di preoccuparsi per lui, di proteggerlo inizialmente dal mondo e di aiutarlo gradualmente a farne parte.

Si vorrebbe aiutare l'adulto ad interrogarsi sul suo ruolo nella crescita del bambino e, proprio per questo, gli si offrono delle occasioni per conoscersi e capirsi attraverso un'esperienza in cui, a propria volta, possa sentirsi riconosciuto e capito.

Occuparsi responsabilmente del bambino e delle sue relazioni è quindi il compito che diversi operatori svolgono, con funzioni articolate tra loro, all'interno dei Centri età evolutiva. È l'intrecciarsi del lavoro svolto con i minori con il lavoro rivolto agli adulti che diviene possibilità di aumentare le risorse e le capacità non solo del bambino, ma anche della sua &miglia e del contesto sociale.

Il ruolo fondamentale della famiglia nell'educazione ha quindi determinato una precisa strategia per incontrare mamme e papà. Si è aperto in questo modo un percorso comune di ricerca su come riuscire a crescere bene i bambini, cercando di dar loro le opportunità e le occasioni per essere contenti di quello che sono.

Lo Spaziogenitori

Lo Spaziogenitori viene affidato alle cure di un operatore definito referente genitori.

La particolare definizione sta ad indicare la funzione che gli viene chiesto di assumere. Egli infatti deve divenire, nel tempo, ii punto di riferimento non solo per i genitori, ma anche per gli altri adulti. siano essi animatori. insegnanti od operatori sociali che, relazionandosi con mamme e papà, trovino difficoltà a comprendere cosa attraversi la relazione genitore-figlio.

La sua funzione è di dare avvio a dei processi per la prevenzione del disagio minorile attraverso il miglioramento delle relazioni familiari.

Per far questo utilizza lo Spaziogenitori. Il referente mantiene lo Spaziogenitori nella sua cornice spazio-temporale garantendone la regolarità e la stabilità.

il suo lavoro è sostenuto inoltre da una concezione psicologica, da una conoscenza dei problemi educativi e da una capacità di avvicinamento al bambino che lo aiutano ad orientare i pensieri e le azioni più opportune per costruire con i genitori una relazione significativa.

È questa relazione tra genitori e referente che poi, a propria volta, orienterà i genitori nelle loro vicissitudini familiari.

Dall'esperienza del Progetto Età Evolutiva erano infatti emersi alcuni dati significativi sia riguardo la relazione dei genitori con i propri figli, sia per quanto concerne il rapporto degli altri adulti, deputati a compiti educativi, con i bambini. Il dato centrale pareva articolarsi attorno alla sensazione di inadeguatezza vissuta dai genitori e confermata costantemente da insegnanti ed educatori. Ne emergeva un quadro preoccupante: come avrebbero potuto assumere e sostenere il compito educativo mamme e papà perennemente colpevoli del loro essere genitori incapaci?

Molti genitori avevano infatti iniziato a chiedere di poter parlare dei loro dubbi e delle loro preoccupazioni. Cercavano consigli e nuove modalità di intervento. Si è pensato allora che fosse utile aiutarli a trovare un posto, lo Spaziogenitori, dove poter capire come orientarsi da soli nelle loro scelte educative.

L'offerta dei centri età evolutiva è nata così per assolvete al compito di dare fiducia, riconoscimento, sostegno, vicinanza ed aiuto ai genitori in modo da permettere loro di usare ciascuno le proprie risorse e non invece di vedere sottolineate le proprie incapacità.

Ora ci si può affiancare a mamme e papà nella presa di coscienza della loro complessa funzione e delle loro inevitabili difficoltà.

Avvicinare i genitori

Il primo obiettivo è diffondere la conoscenza dello Spaziogenitori. Per far questo sono state messe in atto più strategie.

Informazione. Come prima modalità per un'ampia diffusione dell'offerta si è ricorso a pieghevoli illustrativi degli argomenti, del significato e delle scadenze dello Spaziogenitori. Essi vengono distribuiti, previo colloquio con direttori didattici, presidi, insegnanti incaricati ai progetti di educazione alla salute, nelle scuole dell'obbligo e, a partire da un lavoro di sensibilizzazione rivolto agli animatori, nei laboratori dei Centri età evolutiva. Vengono, in seguito, via via spediti a tutti coloro che hanno partecipato alle iniziative dei Centri età evolutiva.

Questa modalità, accompagnata da un certo rilievo dato dalla stampa locale e dalle televisioni private, ha permesso alla nuova offerta di entrare, piano piano, nella mappa dei servizi ai cittadini.

Si è così subito rilevato un primo dato importante. Si sono letti infatti, grazie ali' evidenziarsi dei diversi stili di distribuzione e promozione dell'iniziativa, sia gli atteggiamenti degli educatori verso i genitori sia, in base alle presenze, le capacità dei genitori di usufruire dell'offerta.

Fin dall'inizio pare che possa accorgersi dell'incontro non solo chi sta vivendo quel problema, ma anche chi sa ritagliarsi un tempo per affrontare i temi educativi ed assaporare il piacere di discutere i propri dubbi con gli altri. Sono questi i genitori capaci di dedicare del tempo per sé. Sembra che le mamme che lavorano, unite ai papà, rappresentino la prima utenza capace di avvicinarsi al servizio superando nel numero quella delle mamme casalinghe che dichiarano, se intervistate, di non possedere il tempo per venire.

La partecipazione dei genitori che arrivano attraverso la pubblicità è attenta e motivata. Essa appare il più delle volte sostenuta da una cultura dell'ascolto, del confronto e dell'impegno che rende queste mamme e papà utenti attenti, sensibili e costanti.

Incontri con genitori. La seconda strategia è individuata nell'offerta, ai genitori dei bambini iscritti ai laboratori, di incontri con il referente. Le riunioni avvengono nelle stesse sedi frequentate dai figli. Questo perché, mentre lo Spaziogenitori funziona specialmente nei due Centri Età Evolutiva, i laboratori sono invece dislocati in venti luoghi diversi della città. La frequenza viene in questo modo favorita e dal minore percorso per raggiungere il luogo d'incontro e dalla possibilità di acquisire maggiori sicurezze rimanendo nel proprio ambiente.

Avvicinare i genitori dei bambini frequentanti i laboratori ha permesso di far conoscere l'iniziativa attraverso un passaggio relazionale. L'animatore dei bambini presenta il referente ai genitori i quali, in base alla fiducia ed alla credibilità acquisita verso l'animatore, danno fiducia e credibilità a questa nuova persona che offre loro la possibilità di parlare dei figli.

In questi incontri si è andata evidenziando la motivazione che i genitori avevano nell'iscrivere i loro figli al laboratorio, le aspettative che riponevano nell'esperienza e le conoscenze che ne avevano attraverso i

resoconti dei bambini e dei ragazzi.

Un dato interessante sembra evidenziarsi nelle motivazioni e nelle aspettative riposte nel laboratorio. Mamme e papà presentano una consapevolezza delle difficoltà di crescita che stanno vivendo i propri figli e pertanto motivano il laboratorio per i loro bambini come scelta che dovrebbe sostenere il superamento del momento difficile.

Questa prima forma di sensibilità nei confronti dei figli pare poter essere veicolo per motivare i genitori ad interrogarsi anche sul loro atteggiamento rispetto a tali problematiche. Questo passaggio dalla crisi, che è del figlio, al problematizzare le relazioni familiari del bambino sembra trovare, nei genitori dei bambini che frequentano il laboratorio, un terreno fertile in quanto essi sono già predisposti a riconoscere le incertezze evolutive del figlio. Si evidenziano infatti atteggiamenti di disponibilità ad affrontare i propri comportamenti. Aperture, comprensioni e partecipazioni che certamente si devono al precedente vincolo tra i bambini e il laboratorio.

Tra le problematiche rilevate gran parte si enucleano attorno a questi ostacoli: il problema della solitudine dei figli fuori della scuola; l'abbandono a se stessi per molto tempo con coperture date da televisione, strada, baby sitter; le difficoltà di rapporto con gli altri bambini e con gli adulti; la timidezza che li tiene chiusi dentro a se stessi; l'incontenibilità degli atteggiamenti dei bambini che perciò disturbano; gli insuccessi scolastici; l'isolamento e l'emarginazione sociale. Problemi a cui fa eco continuamente la sensazione, da parte dei genitori, di non avere strategie, sicurezze, punti di riferimento per individuare possibili soluzioni.

Ad una piena ed entusiasta adesione a questi incontri decentrati ha corrisposto un faticoso passaggio allo Spaziogenitori quasi che, per questi genitori, uscire dai loro territori, sia realmente che metaforicamente, corrisponda alla paura dell'ignoto. I timori espressi sono apparsi alle volte insormontabili. La paura del giudizio degli altri, vissuti come estranei e diversi da sé, pare chiaramente l'elemento che non permette di potersi incontrare altrove, né con il referente né con altri genitori. La paura della propria inefficienza colpisce ancora! Se da una parte essa è causa delle troppe insicurezze, contraddizioni, abiure educative, dall'altra è causa dell'impossibilità di accettare il confronto.

Si è qui iniziato un lavoro capillare che, attraverso un continuo dialogo dei genitori con l'animatore ed un periodico incontrarsi con il referente, ha permesso a molti di trovare la fiducia necessaria a recarsi allo Spaziogenitori dove poter dialogare con le altre mamme e gli altri papà.

Incontri con insegnanti. La terza strategia ha visto la promozione di incontri con gruppi di insegnanti all'interno delle scuole dell'obbligo per lavorate insieme sulle loro relazioni con i genitori e per individuare, sempre insieme, le modalità più opportune per avvicinare mamme e papà allo Spaziogenitori. Il duplice compito di aiutare gli insegnanti a dialogare con i genitori e di essere tramite con le famiglie ha visto però, in molte occasioni, i docenti delegare ai centri età evolutiva il compito di informare dell'iniziativa. Pare che gli insegnanti non abbiano tempo per trasmettere questo messaggio, che si sentano privi di relazioni significative con i genitori e che abbiano timore delle reazioni dei genitori dei loro alunni.

Si sono andati perciò realizzando, all'interno delle scuole, incontri sul tema della relazione tra genitori e figli con il compito di avvicinare mamme e papà. Questi incontri infatti prevedono un momento informativo seguito da un lavoro in piccolo gruppo coordinato che permette di vedersi, riconoscersi e dare così avvio a quella prima forma di conoscenza che potrà poi diventare tramite per l'uso del servizio.

Il malessere espresso dai genitori, contattati in questi incontri, ha permesso una riflessione su come, alloro star male, spesso segua un chiudersi in se stessi, un aver paura degli altri, un rifugiarsi tra le mura domestiche o in attività di evasione. Infatti al diffuso senso di disagio nella loro relazione educativa non corrisponde quasi mai la possibilità di chiedere aiuto. E per questo che l'avvicinarsi allo Spaziogenitori rimane faticoso e sovente ancora impossibile.

L'insieme di queste strategie ha tuttavia portato al consolidarsi di due gruppi nello Spaziogenitori. Vi partecipano soprattutto genitori dei bambini che frequentano i laboratori, ma anche genitori che hanno saputo dalla pubblicità di questa occasione per loro e, seppure saltuariamente, vi prende anche parte qualche genitore che si è avvicinato grazie al lavoro fatto nella scuola.

Il compito

Nello Spaziogenitori il referente accompagna e sostiene l'interrogarsi dei genitori.

La possibilità di analizzare i propri dubbi, senza dover affermare di possedere verità assolute, apre nei genitori la consapevolezza di dover costruire il proprio vincolo educativo con ciascuno dei propri figli. Non esistono ricette.

Gli incontri si intrecciano con l'iniziativa «Sapere per prevenire» che individua un interrogativo di interesse comune tra genitori ed educatori professionali.

I temi trattati fin'ora sono stati:

- «Perché oggi puniamo i bambini? Come e quando».

- «Quando i genitori litigano cosa provano i bambini? Proteggerli o coinvolgerli».

- «È importante andare bene a scuola? Quali aspettative».

- «Mamma, papà ... me lo comperi? Concedere o rifiutare».

- «Rabbia, sfida, aggressività dei bambini, come comportarsi? Reprimere o tollerare».

- «Bugia, sotterfugio, silenzio del bambino, inganno o autonomia? Coprire o smascherare».

- «Paure, inquietudini, difficoltà quotidiane del bambino. Come comprenderle? Aspettare o intervenire?».

Questi incontri sono coordinati da un operatore dei Centri età evolutiva. All'interno della discussione si utilizza la proiezione di brani tratti da film per introdurre l'argomento e la presenza di professionisti dei servizi dell'USSL o dei Servizi sociali, chiamati ad aiutare i partecipanti a trovare il senso complessivo delle loro esperienze e il non detto nei loro interventi.

Il referente ha qui il compito di aiutare i genitori a vedere come si può pensare sull'argomento. Il suo «riflettere a voce alta» diviene modello per interrogarsi su se stessi, sul proprio essere stati bambini, figli piccoli, e sul proprio essere adulti, genitori, grandi. In questo modo offre ai genitori presenti la possibilità di impadronirsi di un modo per parlare di se stessi e li invita a continuare a discutere con lui nello Spaziogenitori.

Nei tre incontri successivi dello Spaziogenitori il gruppo dei genitori si trova per continuare a discutere attorno ad argomenti che articolano il tema centrale proposto dal «Sapere per prevenire» ed ha la possibilità di portare e confrontare le varie esperienze personali. È qui compito del referente tenere il filo di queste riflessioni dei genitori aiutandoli, attraverso segnalazioni, chiarificazioni, «esempi interpretativi», a comprendere le diverse sfumature del loro occuparsi e preoccuparsi dei figli. In alcuni opportuni momenti il referente legge dei brani scritti da bambini sull'argomento. I brani sono tratti dal libro Parola di bambino. Imparare a diventare grandi (F. Berto, P. Scalari, Pagus, Treviso 1992). È un modo questo per far entrate nella riflessione il vissuto dei piccoli, ma anche per far incontrare i genitori con il loro essere stati piccoli.

È così che il referente riesce ad aiutare i genitori a dare parola ai dubbi e alle incertezze dell'essere mamme e papà. Egli dà dignità di ascolto anche a quei pensieri che, connotati socialmente da banalità o inespressi perché rimarrebbero inascoltati, fanno sentire sempre più soli gli adulti nel loro compito educativo. TI vivere quotidiano riprende così la dignità di discorso da narrare, esprimere e condividere.

Attraverso questo percorso i genitori arrivano a conoscere la possibilità di tollerare di non avere risposte. Trovano così il piacere di sostenersi a vicenda nelle ansie che il compito educativo fa sentire a ciascuno. L'incertezza diviene allora una realtà comune, il saperla accettare diventa lo strumento per ridare consistenza al proprio ruolo genitoriale, il non sapere cosa sia né giusto né migliore ridà ad ognuno il senso al proprio rischio educativo.

Far riflettere sull'esperienza

Come sono come genitore dei miei figli? Dal senso di colpa alla capacità di preoccuparsi. C'è un laboratorio in una zona periferica della città con una realtà socio-economica-culturale precaria e con forti sacche di emarginazione minorile, Dopo molti tentativi andati a vuoto, si riesce finalmente ad organizzare, nella stessa sede, un incontro tra referente, animatrice e i genitori dei ragazzi.

La sala, inaspettatamente, si riempie e le sedie non bastano!

Alcune mamme restano in piedi, silenziose ed immobili, come se il problema non esistesse. L'animatrice, resasi conto della situazione, cerca di liberare una panchina occupata dai lavori fatti dai ragazzi, ma viene fermata ed invitata a non preoccuparsi: «Stiamo benissimo in piedi», è il ritornello che si sente in giro, «Non c'è problema! Si sieda, non occorre che si occupi di noi!».

È una premessa che aiuta a comprendere questa esperienza, vissuta e raccontata da una di quelle mamme

Mio figlio C. ha abbandonato la scuola e, siccome non voglio lasciarlo in giro da solo, ci sono tanti pericoli, ieri mattina ho pensato di portarlo con me al lavoro. Non solo stava al sicuro, ma poteva anche aiutarmi a pulire gli uffici. In più, se si comportava bene, era l'occasione buona per farsi assumere nell'impresa di pulizie dove io stessa lavoro. Saremmo andati tutte le mattine a lavorare insieme, io e C.! Gli raccomando di fare il bravo ragazzo e, per convincerlo a comportarsi bene, gli dico che in un piccolo ufficio lì vicino c'è sempre il principale che controlla tutto. Mio figlio non solo non mi aiuta ma, approfittando di un momento favorevole, ruba cinquantamila lire dalla giacca del padrone, che era rimasta appesa all'attaccapanni della sua stanza, poi se ne torna a casa dicendomi che non gli piace quel lavoro. Dopo poco mi si avvicina il principale e mi accusa di avergli rubato i soldi che teneva nella giacca.

Capisco subito che è stato C., eravamo noi due soli nell'ufficio! Gli dico, anche per salvare il mio posto di lavoro: "È stato mio figlio a cubarli!". Restiamo d'accordo che C. deve restituirgli i soldi, altrimenti scatta la denuncia. Sento la voglia, il desiderio di morire.

Tornata a casa affronto C. che, dopo alcuni tentativi di difesa, ammette il furto dei soldi e anche di averli già spesi. Cosa devo fare? Posso arrabbiarmi, castigarlo, picchiarlo? lo gli ho parlato, gli ho spiegato e sono stata sempre calma! Ma sapeste quanta voglia avevo di rompergli una sedia in testa! È sbagliato, vero, per un genitore avere queste brutte idee! Ma posso essere almeno arrabbiata con lui? Posso punirlo per quello che mi ha fatto? È giusto che lo castighi? O sarebbe meglio che morissi io?».

Un'altra mamma in un'altra sede, durante un incontro dello Spaziogenitori, mentre si stava discutendo sulle bugie dei bambini per attirare l'attenzione dei genitori, racconta: «Ogni volta che a casa arrivano degli ospiti i miei due figli mi fanno disperare e vergognare. Noi siamo in salotto che parliamo quando entrano immancabilmente rutti e due a chiedermi se possono prendersi una merendina perché hanno tanta fame.

Non posso rispondere di no perché ci sono gli ospiti che potrebbero pensare che sono una mamma cattiva che non accontenta i suoi figli. E poi non voglio assolutamente assomigliare ad una madre snaturata che rifiuta il mangiare ai figli che dicono di avere fame!

Allora acconsento anche se, prima che arrivassero gli ospiti, avevo già dato a G. e F. due merendine ciascuno.

Una volta, sempre in una occasione simile, li ho riempiti di dolci, sicura che non sarebbero poi venuti a chiedermi niente. Invece entrano in salotto e G. mi domanda una cioccolata per sé e una per suo fratello, accompagnando la richiesta con l'affermazione che non ne avevano mai mangiata una in vita loro. F. conferma il discorso della sorella. Il primo impulso è quello di ucciderli. Siccome non posso farlo, cerco di sprofondare sulla poltrona dove sono seduta. È tanta la paura che i miei ospiti mi considerino proprio una mamma cattiva e disumana!

Penso con rabbia che, dopo, gliela avrei fatta pagare ai miei figli, ma non ho mai avuto il coraggio di farlo veramente, con cattiveria, neanche quella volta che mi sono accorta che invece di prendersi una merendina avevano fatto fuori tutta la scatola.

Ma cosa devo allora fare per impedire loro di raccontare alla presenza di estranei queste bugie che mi fanno stare tanto male? Devo essere davvero una mamma snaturata?».

Com'ero come figlio dei miei genitori? Dalla sfida alla consapevolezza del limite. Una mamma racconta durante un incontro in una scuola media: «Avevo quattordici anni e vedevo le mie amiche che alla domenica pomeriggio andavano a ballare. Mi sentivo così diversa da loro che un giorno di festa, non potendone più, dico alla mamma che vado alle funzioni in chiesa ed invece prendo l'autobus e vado anch'io a ballare.

Mi ricordo come se fosse oggi che S. mi offre i suoi trucchi e che, specchiandomi sul vetro del pullman, mi imbelletto. Provo una gioia immensa perché, finalmente, mi sento una ragazza come le altre.

Verso sera torno a casa e, prima di entrare, mi ricordo che sono ancora truccata. Mi pulisco il viso con un fazzoletto di carta perché con quello di stoffa avrei lasciato delle tracce e la mamma poteva accorgersene. Mi sento così anche tanto furba, già grande. Ma, senza specchio, combino un bel pasticcio. Infatti appena la mamma mi vede mi chiede subito dove ero stata e perché mi ero truccata. Vado in ansia e le racconto un sacco di frottole. Non serve a niente.

Mi prendo una sberla dal papà e vado a letto senza cena. Li odio. In un attimo hanno distrutto la mia felicità, la mia furbizia, la mia grandezza e la mia libertà. Anche mia figlia può odiarmi così come io ho odiato mia mamma? lo non voglio!».

Un'altra mamma: «Un giorno, avrò avuto dieci o dodici anni, la mamma mi obbliga ad andare con lei a fare delle compere. Le ubbidisco di mala voglia. Mentre camminiamo in piazza chiacchierando fra noi, la mamma mi chiede un parere sul vestito che vuole comperarsi.

Mi sento subito grande, importante e mi diverto ad esporle i miei gusti sulla linea e sul colore del vestito che mi piacerebbe indossasse. La mamma si arrabbia subito e mi prende in giro dandomi dell'incompetente. Anch'io mi offendo e le rispondo che se fosse mia figlia le darei una sberla.

Non ho ancora finito di esprimere questo desiderio di vendetta che mi arriva un manrovescio in piena faccia. Mi metto a piangere sia per la vergogna - eravamo in piazza Ferretto - sia per l'ingiustizia subita, ma soprattutto perché mi sentivo una nullità.

Quante volte avrò fatto vergognare i miei due figli? Quante volte sarò stata ingiusta con loro? E soprattutto: quante volte le mie ragioni saranno contate di più per il solo fatto di essere io la più grande e la più forte? È meglio che non ci pensi!».

Sono un genitore competente? Dall'onnipotenza dell'infanzia all'accettazione delle regole. Una mamma: «La maestra dovrebbe insegnare le materie di scuola e non mettere la bocca su come io educo mia figlia! A me piace che mia figlia sia elegante anche perché, se non le sto dietro, si vestirebbe malissimo, tanto da farmi vergognare.

Proprio l'altro ieri la maestra l'ha rimproverata perché l'avevo mandata a scuola, dopo tanto insistere, con i fuseaux e con un maglioncino. Mi sembrava tanto carina vestita così! Ed io mi sentivo tanto orgogliosa di essere la mamma di una figlia così bella! La bambina è tornata a casa urlandomi che come la vesto io è sbagliato, che si era vergognata del rimprovero fattole alla presenza dei compagni, che tutti la prendevano in giro. Quella maestra non aveva il diritto di sciupare tutta la fatica che avevo dovuto fare per far accettare a mia figlia di andare via vestita bene!

Ma ho sempre il dubbio che sarei stata una mamma ancora più brava se mi fossi recata dalla maestra a far valere le mie ragioni e a difendere mia figlia. O no? È proprio l'aver rinunciato a litigare con la maestra che mi ha fatto essere una brava mamma?»

Un papà, durante un incontro dello spaziogenitori: «Mio figlio mi chiede sempre un sacco di cose, alcune come il computer, la bicicletta, il corso di inglese molto utili.

lo lo accontento quasi sempre perché voglio che venga su bravo ed intelligente. Però dopo due o tre giorni si stanca di quello che gli ho regalato e mi viene a chiedere un computer più sofisticato, una bicicletta mountain bike, un registratore professionale per i dischi di inglese. Pensate che gli ho portato a casa da Roma un apparecchio nuovissimo da installare sul computer e, un'altra volta, un mulinello perfetto per la sua canna da pesca. Credevo di farlo contento e di stimolarlo a diventare sempre più bravo, invece i regali sono ancora là, incartati. Mio figlio non sa neanche una parola di inglese. La bicicletta ha la ruggine.

A pescare ci è andato una sola volta e, dopo aver combinato un sacco di guai e non aver preso neanche un pesciolino, è ritornato a casa, ha preso la canna da pesca e l'ha buttata in un angolo. E intanto continua a chiedermi cose nuove! Ho sentito dagli esperti che i ragazzi devono essere stimolati ed indirizzati a delle attività se si vuole farli crescere bene e tenerli fuori dai pericoli e dalle cattive compagnie! Non è quello che ho sempre cercato di fare io?».

 

L'interrogarsi su questi dubbi apre nuove vie di comunicazione che passano attraverso l'ascolto di sé e degli altri. È questa attenzione al mondo interno e relazionale che dà significato e connota le esperienze raccontate. La raggiunta capacità, da parte di mamme e papà, di «sentire» le loro stesse parole diviene un tutt'uno con la capacità di «sentire» i vissuti dei propri figli.

 

 

     

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    Paola Scalari
    è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
    Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
    Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
    Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
    Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

    Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
    La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
    Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
    Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
    A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

    "Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.