OGNUNO CERCA SEMPRE QUALCOSA NELL'AGIRE SOCIALE: QUALCOSA PER GLI ALTRI, MA ANCHE IL PIACERE DI VIVERE
Ritrovarsi con altri anche per riprendere contatto con le proprie emzioni
Nel mondo attuale l'incontrarsi tra più persone rappresenta la strada maestra per realizzare qualsiasi impresa. Desideri, sogni, speranze, progettualità spingono le persone a costituire dei gruppi di lavoro. Uomini e donne si uniscono perché sperano di realizzare ciò che da soli sanno non potrebbero mai raggiungere.
Mettere al mondo una squadra sportiva non basta
Stare insieme è un valore quando un maschio e una femmina si scambiano promesse, amore, progetti volendo diventare una famiglia. Nell'unione delle differenze di genere concepiscono ciò che non era. n figlio è dunque il rappresentante della progettualità comune.
Generare è anche la metafora di ogni progetto che viene immaginato, programmato e accudito. Mettere al mondo una squadra sportiva perciò non basta. Bisogna seguirla accettando i momenti bui, difficili, travagliati e godendo dei momenti gioiosi, soddisfacenti, felici.
Figlio, il generato, è dunque il nome comune di tutto ciò che non solo si concepisce, desidera e fa nascere, ma è la parola che indica il senso di ogni progetto che si voglia far crescere. Genitori spirituali, padri fondatori, soci anziani fanno parte di questo scenario generativo. Nel linguaggio comune tempo di incubazione, arrivare a partorire, tenere a battesimo, far crescere sono i motti che indicano la responsabilità non solo verso un figlio, ma anche verso un progetto.
È dall'amore familiare che nasce e cresce ogni bambino ed è dall'amorevolezza tra adulti che ogni progetto può realizzarsi. La pazienza, la benevolenza, la maturità affettiva devono temperare, giorno dopo giorno, la fatica dell'incontro.
La creatività cresce in team eterogenei
Co-costruire è una necessità per i professionisti che formano team eterogenei per alimentare la loro capacità creativa. Architetti innovativi, artisti all'avanguardia, allenatori del corpo e della mente di ogni tipi inventano nuove frontiere operative nei gruppi multidisciplinari che vanno via via costituendo.
Incontrarsi è anche un obiettivo che perseguono gli operatori che devono affrontare le fragilità sociali con minori risorse economiche rispetto alle epoche passate, ma con maggiore convinzione che il "fare insieme" sia oggi la vera ricchezza. Scuole e palestre con adulti cooperanti raggiungono mete inimmaginabili nelle realtà deputate all'apprendimento e alla formazione che vedono gli insegnanti, gli allenatori e i genitori competere, denigrarsi, fronteggiarsi con giudizi taglienti.
La rete tra servizi e organi giudiziari è, infine, la prassi per progetti complessi avviati a protezione dei più deboli. Incontrarsi tra sistema giudiziario e operatori del sociale è, infatti, la linea di demarcazione che chiude la diga di dolori travolgenti che patiscono i minori trascurati, violati e abusati. E tutti gli adulti che incontrano un ragazzo trascurato o maltrattato hanno l'obbligo non solo etico, ma anche giuridico di avvisare i Servizi sociali o la Procura dei minori.
Costruire gruppi di lavoro tra adulti è un principio che stanno scoprendo anche i cittadini qualsiasi. È nello scambio tra di loro vanno costituendo nuove reti solidali. Li vediamo unirsi per sostenere delle spese comuni, per occuparsi di anziani, per affiancare gli stranieri, per aprire doposcuola ... Di questo impegno, assunto da più adulti che si riuniscono per uno scopo comune, beneficiano però soprattutto i bambini e i ragazzi.
Famiglie solidali, educatori volontari, allenatori generosi, sportivi umani si occupano di bambini, ragazzi e adolescenti alla ricerca di una loro strada nella vita. Ma di questa generosità ne traggono profitto sia le vite dei grandi che quelle dei più giovani.
Il piacere lo si percepisce nel prendersi cura
Gli adulti, occupandosi dei ragazzi, ritrovano il piacere di educare, prendersi cura, accudire le nuove generazioni. E questo dà senso alle loro esistenze spesso tormentate dal dio danaro. La ricchezza che pare sempre insufficiente. L'obiettivo di fare soldi è quindi diabolico. Esso porta, nel migliore dei casi, a lavorare fino allo stremo per avere sempre più disponibilità economica o, nel peggiore dei casi, a smarrirsi in chimere come quella rappresentata dal gioco d'azzardo.
Le frasi "non ho tempo per incontrarmi con te, sono sempre occupato, vorrei partecipare ma ..." quindi demarcano la perdita del senso delle relazioni. Questo assottigliarsi del tempo per l'incontro umano alimenta inesorabilmente il senso di vuoto esistenziale. Per evitare questa deriva personale, familiare e sociale è necessario dedicare un tempo agli altri che poi equivale a dedicarlo a se stessi.
Affiancare l'allenatore, occuparsi delle trasferte della squadra, coinvolgere i familiari degli atleti, cercare sponsor o preparare la merenda per tutti stanno sullo stesso piano valoriale. Nel volontariato ognuno dà quel che ha.
La salute della persona, il benessere di una famiglia, la ricchezza emotiva, infatti, derivano direttamente dalla quantità e qualità dei legami sociali e non da quello che si può offrire.
L'agire sociale è dedicarsi alla propria salute psichica
Compartecipare con altri adulti a un'impresa sociale è dunque sinonimo di arricchimento dei legami con se stessi, con i propri cari e con le nuove generazioni.
L'agire sociale non è pertanto solo un atto di volontaria donazione altruistica, ma è soprattutto un dedicarsi del tempo per mantenere la propria salute psichica.
Adulti che volontariamente si dedicano alle attività del tempo libero dei ragazzi in realtà offrono a se stessi l'opportunità di sentirsi amati, considerati, stimati ... E questi vissuti se non allungano la vita, perlomeno ampliano il senso dell'esistenza.
Ecco allora che l'allenatore di una squadra sportiva non solo aspetta con trepidazione la partita dei suoi ragazzi, ma mantiene fede anche all'impegno di lavorare con gli altri adulti che
condividono l'impresa, il tifo, il desiderio di far giocare bene i ragazzi. Beneficerà quindi anche dell'amicizia di molti genitori che lo terranno in grande considerazione alimentando la sua autostima. Infine tra trasferte e cene dopo la partita o dopo l'allenamento avrà un ricco gruppo di riferimento.
Una forte spinta a superare sentimenti infantili
In ogni impresa fare squadra è la carta vincente poiché genera salute psichica. É questo un benessere che viene trasmesso a chi divide, compartecipa e realizza il compito che ci si è dati.
Divenire un gruppo è un' esperienza che chiede di maturare le proprie competenze emotive. Non si può stare con gli altri alimentando sentimenti infantili. Per condividere un'impresa è necessario abbandonare piccinerie e, sotto la pressione dello scambio umano, comportarsi in modo adulto. Lavorare tra adulti è dunque una grande opportunità per crescere, ma è anche una situazione nella quale è necessario maturare delle competenze sociali.
Per fare gruppo bisogna saper vivere in un gruppo.
E per partecipare a un collettivo è necessario saper sopportare il limite imposto dalla presenza dell'altro.
Non si è adulti se non si è imparato che al piacere della compagnia corrisponde anche la mediazione dei conflitti dovuta alla diversità.
Non si è maturati se si crede onnipotentemente di poter sottomettere chi ci è accanto dominando la scena come bimbetti bizzosi.
Non si è grandi se non si è responsabili delle parole che si pronunciano sapendo argomentare le proprie ragioni in modo educato e rispettoso.
Non si è educatori se non si sa perdere accettando la sconfitta che alimenta la determinazione a fare meglio.
Il gruppo alimenta queste competenze emotive, ma le mette anche fortemente alla prova. Imparare a tollerare il limite imposto dall'altro rendendo sopportabile il dolore, il rammarico, il dispiacere che inevitabilmente le differenze comportano allena alla vita lavorativa, familiare, sociale.
E quel travaglio affettivo addomesticato rende possibile non solo rimanere seduti nel cerchio dell'associazione sportiva alla quale si è aderito, ma anche andare al lavoro con minor stress da contatto con superiori e colleghi e infine, ma non da ultimo, a saper vivere in famiglia senza sentirsi troppo scontenti, insoddisfatti e infelici.
Educare le emozioni durante le attività del tempo libero diviene dunque opportunità per allenare i vissuti negativi alimentati dalla presenza dell'altro. Saper far fronte allo stress posto dalla convivenza induce a non ritirarsi dalla scena sociale.
In gruppo si crea e solidifica non solo il progetto educativo, sportivo, imprenditoriale, ma si consolida anche la propria persona. Ecco una storia vera.
Maria Vittoria va con la squadra fuori città
Maria Vittoria è una donna di mezza età provata dalla vita. Un padre morto d'infarto quando lei era giovanetta. Una madre vinta dal lutto e mai più vitale. Un fratello che ha lasciato precocemente la vita con una siringa conficcata nel braccio. Una sorella morta in giovane età per un brutto male. Solitudine, sconforto e amarezza la portano a frequentare con serenità solo il piccolo cimitero nell'isola di San Michele a Venezia. Lì, isolata dal mondo esterno, contornata da una laguna rassicurante, seduta tra le tombe dei suoi familiari trova un po' di pace. Lì i suoi fantasmi devastanti si placano. Si contorna di un silenzio pacato mentre dedica ore e ore al giardino che ha costruito attorno alle lapidi dei suoi cari.
Ma la sensazione che la sua esistenza sia troppo dolorosa la rende inquieta e arrabbiata. Il suo corpo un giorno la tradisce. Un'importante malattia la porta in ospedale per lunghi mesi. Lì incontra le insegnanti volontarie che si occupano dei bambini del reparto oncologico. Lei, maestra di mestiere, si dedica a loro nel tempo della sua degenza. Ma poi torna tra i lettini dei suoi nuovi amici perché lì si sente bene. Maria Vittoria è passata dal cimitero all'ospedale e, grazie all'incontro con il padre di un giovanissimo degente, passa dalle corsie ospedaliere alla palestra della periferia degradata della sua città.
Inizia a frequentare come volontaria la palestra gestita da questo giovane signore. Segue i bambini difficili e li aiuta a giocare in gruppo. I piccoli monelli sentono il bisogno di amore che emanano i "pori" di Maria Vittoria. Speranze, necessità, aneliti che rappresentano il loro medesimo bisogno d'essere amati per ritrovare la speranza di vivere. Le emozioni reciproche comunicano in silenzio, passano affettuosamente il confine soggettivo, diventano giorno dopo giorno empatia profonda. I vissuti degli uni curano quelle degli altri.
E Maria Vittoria, un giorno qualsiasi, va con la squadra fuori città per un piccolo torneo. E passa dalla palestra alla vita all'aria aperta. La sua tormentata vita ritrova il piacere di un sorriso, l'aspettativa di una speranza, il valore di un senso esistenziale condiviso.
| |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
| ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
© 2010-2020 MdR per Paola Scalari - p.iva 03025800271 - c.f. SCLPLA52L49L736X | Cookies e Privacy Policy