Mamme e papà parlano al consulente educativo dei docenti del figlio
di Francesco Berto e Paola Scalari
Sono queste, ma ce ne sono tante altre, le perplessità che maestri e professori esprimono nella vana speranza di farle uscire dal cortocircuito che le fanno insorgere.
Sono questi, ma ce ne sono parecchi altri, i perché ai quali la scuola non riesce ancora a trovare delle risposte creative ed efficaci.
Ed è appunto per offrire un nuovo punto di vista in grado di chiarire queste domande, queste incertezze e queste ragioni, è quindi per proporre una nuova modalità in grado di rompere il pre-giudizio che impedisce di ricercare e trovare delle inedite risposte, che abbiamo pensato di raccontare alcune brevi storie di madri e padri.
Sono genitori che ci hanno chiesto aiuto e che abbiamo incontrato nella consulenza educativa, un percorso di ascolto ai padri ed alle madri realizzato al di fuori dell'ambito scolastico.
Quelli che mettiamo scena sono dunque genitori veri, madri e padri reali.
I protagonisti delle storie che raccontiamo sono persone che vivono accanto a noi e che sono state toccate profondamente, forse anche colpite rumorosamente, dalle parole di maestri e professori.
Le comunicazioni dei docenti allora, proprio perché non precipitano nel vuoto, creano dei grandi subbugli e dei forti dolori nelle famiglie dove vanno ad abbattersi.
Ed è appunto perché sono troppo assordanti e violente rispetto alla capacità di quei genitori di accettarle e capirle che non vengono né accolte né comprese.
Ed è proprio perché procurano dolorose sensazioni nelle madre e nei padri che se le sentono rivolgere quasi quotidianamente che si dissolvono assieme al dissolversi del rumore che procurano, lasciando però echi che possono ripetersi per tutta la vita.
Gli insegnanti allora, vivendosi inascoltati, o peggio disconosciuti, alzano sempre più il tono di voce ed adoperano parole sempre più forti per farsi capire dal genitore con il risultato di spaventarlo ancora di più.
Madre e padri infatti spariscono e si nascondono.
Maestri e professori però continuano ad incalzarli, a non dar loro tregua.
Ma più i docenti premono, più i genitori fuggono lontano.
Più gli insegnanti vogliono farsi ascoltare da madri e padri, più diventano inascoltabili.
Le storie mostrano come le parole degli insegnanti entrino in menti che non sono né neutre né vuote.
Le storie fanno ancora da cassa di risonanza alle profonde emozioni che le parole dei maestri e dei professori fanno risuonare nel mondo interno del genitore.
Le storie portano infine alla luce sentimenti come la paura, il dolore, l'incertezza, l'impotenza, la rabbia che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute ai docenti.
Ogni comunicazione tra scuola e famiglia dunque ha l'effetto che ha proprio perché entra in una storia personale.
Apriamo dunque agli insegnanti una finestra su questo mondo, a loro spesso sconosciuto, poiché non sempre hanno la possibilità di sapere come i genitori vivono e sentono le loro parole.
Apriamo inoltre ai genitori uno spiraglio, a loro spesso invisibile, poiché possono vedersi accomunati a tanti altri genitori attaccati dagli insegnanti.
Ed ora vi apriamo il sipario sul mondo emotivo del genitore.
Occorre però fare silenzio per poter sentire, con adeguato rispetto, i protagonisti che stanno in scena.
Quella che vi domandiamo è infatti una compartecipazione impegnativa proprio perché richiede un orecchio interno capace di un ascolto polifonico.
E saper ascoltare contemporaneamente il genitore, il docente, il figlio e l'alunno comporta non solo lo sforzo di mettersi nei loro panni per poterli ospitare, contemporaneamente, nel mondo interno, ma anche la possibilità di riconoscere ed intrecciare i molteplici sentimenti di bambino, di ragazzo, di padre o di madre e di professionista che la narrazione vi fa rivivere.
"Le insegnanti della mia ragazzina mi dicono sempre che Elena è un'alunna ubbidiente, educata, impegnata, responsabile, intelligente, che non dà preoccupazioni.
Ma io, e vi rassicuro che non sono pazzo, non riesco ad essere contento perché mi sembra che venga su troppo aderente a quello che dicono e pensano i suoi insegnanti, troppo dipendente da loro, troppo secchiona, troppo seria. E' tutta troppo mia figlia!
Ed è quindi troppo anche il mio timore che un giorno o l'altro possa scoppiare a furia di tenere tutto dentro per tentare di apparire come gli altri vogliono che sia!
Non l'ho mai vista allegra, sorridente, soddisfatta, neanche quando prende ottime valutazioni e sta promossa con il massimo dei voti.
E sto male, tanto male!
Ho cercato di parlare con i suoi professori di queste mie preoccupazioni e mi hanno risposto:
Né io né Elena riusciamo però ad essere soddisfatti e tranquilli.
I professori, dopo aver appreso dai media gli orrendi crimini consumati da ragazze e ragazzi che tutti ritenevano per bene e di buona famiglia non hanno pensato a quanta sofferenza una ragazza può nascondere proprio dietro al suo troppo perbenismo ed al suo troppo buonismo?
Io ci ho provato come genitore a preoccuparli per fare in modo che si occupassero di mia figlia.
Inutilmente però!
Un giovedì sera io i mio marito, dopo mesi ed anche anni di... clausura, usciamo dopocena per andare a teatro e lasciamo nostro figlio Claudio a casa con i nonni.
E, non so se per attenuare il nostro senso di colpa oppure per rendergli meno problematica questa nuova realtà, accettiamo la sua richiesta di rimanere alzato fino tardi a disegnare e a colorare.
Venerdì mattina, di buon'ora, Claudio viene nel nostro lettone. Tiene in mano un foglio di carta ed insiste per mostrarcelo. A fatica riusciamo a capire che è il disegno che aveva fatto la sera prima, quando noi non c'eravamo. Anche se mezzo addormentati lo guardiamo. Così, per accontentarlo, nella speranza che poi torni a dormire. L'impatto con un mare in burrasca, bellissimo, ci sveglia del tutto. Siamo attratti e colpiti dalla policromia del disegno.
Alcune onde sono nere, viola, marroni: "I colori della sua paura" affermo decisa ad alta voce. E mio marito con altrettanta convinzione: "Ma anche i colori della tua ansia! Ti sei resa conto delle innumerevoli volte che ieri sera a teatro hai guardato l'orologio?".
Altre onde sono rosse, arancione, gialle: "I colori della sua rabbia di doversene stare a casa con i nonni" traduce mio marito, precedendomi. "Ma anche i colori della tua collera per i capricci che Claudio ha messo in atto per impedirci di uscire senza di lui" aggiungo a mia volta.
Altre ancora sono verdi, azzurre, rosa: "I colori della speranza" interpretiamo all'unisono. "Della nostra che impari a lasciarci uscire senza drammi e della sua che impariamo a tornare poi da lui" cerco di precisare.
E' un mare che, attraverso le diverse e contrastanti tinte, ci mostra le diverse e contrastanti emozioni vissute da Claudio la sera prima.
Ma è pure un mare che fotografa benissimo anche il nostro mondo interno. E' cioè anche il nostro mare. Siamo orgogliosi della capacità di nostro figlio di cogliere e trasmettere attraverso i colori le sue emozioni ed accorgersi anche dei nostri stati d'animo. E ce lo coccoliamo, gratifichiamo, amiamo, baciamo.
Ma non ci basta, evidentemente! Abbiamo bisogno di qualcosa di più. Sentiamo la necessità di venire confermati nel nostro sentire. Ci manca infatti la rassicurazione di un esperto che nostro figlio è davvero un bimbo straordinario. E suggeriamo a Claudio di mostrare il disegno alla maestra, convinti che gli dica che è un capolavoro espressivo da incorniciare e da esporre. Il bambino non sta più nella pelle per la felicità.
Venerdì, all'una, vado a prenderlo all'uscita da scuola. Sono agitata. E' gratificante, ma soprattutto emozionante, per una madre sentire valorizzato il figlio da parte dell'insegnante! Vedo Claudio uscire dal portone. Mi sembra un cane bastonato. Appena mi vede si mette a piangere, disperatamente. Preoccupata, gli chiedo il perché. Angosciato, mi mostra il suo meraviglioso disegno tutto stropicciato e ridotto in quattro pezzi. Indignata, gli chiedo: "Chi è stato?" Mi risponde immediatamente: "La maestra"
Proprio la persona che mai avrei pensato capace di fare una così grande violenza ad un suo alunno di otto anni. Cerco di calmarlo invitandolo a raccontarmi quanto successo. E Claudio: "Come tu e papà mi avete suggerito mostro il disegno alla maestra. Lo guarda appena e mi dice, arrabbiata:
Se ne sta un po' in silenzio, come se dovesse cercare pensieri nuovi.
Ad un certo punto, prima mi chiede: "Mamma, la mia maestra mi può insegnare di che colore è la vergogna?" E subito dopo: "Mamma, è vero che la mia maestra non lo sa?"
E Claudio: "Come faccio ad imparare a giocare con tutti i colori se la mia maestra non è capace di insegnarmelo? Io non voglio cambiare gioco!". Devo allora cambiargli maestra?
Queste e molte altre sono le storie delle lotte tra scuola e famiglia che ascoltiamo quotidianamente nella consulenza educativa. Ci chiediamo: Perché sta avvenendo questa insanabile rottura tra insegnanti e genitori? Abbiamo più volte cercato di rispondere a questo quesito ed abbiamo pure costruito delle ipotesi per risolvere questi scontri dolorosi. Il nostro pensiero e le possibili soluzioni sono state raccolte in molti saggi ed in due libri, editi entrambi dalla casa editrice la meridiana di Molfetta (BA). Il primo è del 1999 ed ha per titolo Incontrare mamme e papà. Il più recente è del 2002 e l'abbiamo chiamato Divieto di transito. Adolescenti da rimettere in corsa.
Il malessere però attorno a noi si fa sempre più dilagante. Il livore degli adulti penetra dolorosamente nei bambini e nei ragazzi. Gli alunni diventano così sempre più incontenibili, ribelli, impossibili. Gli studenti mostrano i segni della loro sofferenza con la loro insofferenza. I professori esausti richiamano la famiglia. Mamme e papà sempre più impotenti si disperano, si arrabbiano, si isolano, si danno per vinti. Vi chiediamo quindi di testimoniare e ripensare con noi: "Sta succedendo anche a voi di parlare come insegnati o come genitori in una lingua non traducibile dall'altra componente? Cosa si può fare per fermare la disfatta?". Lo scotto di questa battaglia lo stanno scontando le nuove generazioni. Vorremmo quindi lasciare aperta la riflessione su quale prezzo stiano pagando bambini e ragazzi per questo divorzio epocale tra scuola e famiglia.
Pensiamoci. Pensiamoci. Pensiamoci.
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