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La casa editrice che pubblica i miei libri posta in FaceBoook una frase tratta dal libro “Fili spezzati” scritto da me e Francesco Berto.
Io la condivido sulla mia bacheca.

La frase recita:
Essere separati è tragico solo se non si accetta la definitiva conclusione di una parte della propria vita.

Vorrei domandarvi se si può concludere un'esperienza affettiva profonda come quella coniugale.
Due menti e due corpi si fondono nel matrimonio.
Con il divorzio la pelle psichica ed epiteliale si deve staccare.


Ognuno vive il suo dramma in questo strappo. Nessuno escluso. Nè chi lascia né chi è lasciato può evitare il dolore della defusione, della delusione, della perdita progettuale.
Alcuni addirittura non sopportano questa perdita e preferiscono rimanere intrappolati tutta la vita pur di evitarla.
Un tempo erano uomini, ma soprattutto donne, che vivevano nel rimpianto, nella lamentale, nella rabbia mentre i loro partner trovavano altrove chi li faceva sentire apprezzati, rispettati, considerati e amati. Ora via via i due generi stanno pareggiando il conto e moglie o mariti possono - alla pari - mantenere in piedi pseudo matrimoni di pura facciata.
Qualche coniuge invece si separa legalmente, ma rimane sposato mentalmente. Cioè pur allontanandosi da casa o pretendendo che il coniuge esca dalla dimora comune, non divorzia mai!
Vivere la fine del matrimonio implica anche ricostruire il proprio confine soggettivo senza rimanere incastrati nel mondo del partner. Chi rimane sposato pur non amandosi accetta questa triste situazione per non rinunciare a status sociali, a benefici economici, a sicurezze esistenziali, a una mente disponibile ad accogliere le sue parti psichiche più disordinate.

Cosa significa concludere un'esperienza amorosa se non vuol dire cancellarla e dimenticarla?

Ho lavorato con i coniugi che, intraprendendo lotte legali e personali dopo la separazione, mostrano proprio come non sappiano staccarsi.
Attaccandosi stanno attaccati!
Nel divorzio sia per l'ex marito che per l'ex moglie ritrovare un progetto di vita significa invece affrontare un processo luttuoso.
Accettare la conclusione di un'epoca della propria vita apre la possibilità di vivere bene, esprimere la gioia della genitorialità condivisa, rinnovare la speranza di potere amare ed essere amati.
Le guerre tra coniugi invece mostrano la fragilità con cui uno od entrambi gli ex affrontano la perdita, la mancanza, l'assenza.
Il rischio è che il figlio sia colui che viene usato come “proiettile” per colpire l'altro sia contendendoselo sia abbandonandolo.

Dolore o speranza stanno allora dentro a quanto contiene la parola concludere?

La parola concludere della frase citata apre nella “rete” una serie di riflessioni che qui voglio in parte riproporre in modo da ampliare ulteriormente il senso di questa citazione che nel libro è ovviamente inclusa in un ragionamento.

Si parte da chi condivide l'idea affermando che pensa sia così e chi va sottolineando che però “Non è facile...ci vuole tanto tempo”.
C'è chi si schiera apertamente come la giovane signora che afferma:
“Da separata posso dire che il Maestro Berto ha ragione! Aggiungo che se poi si riesce ad inaugurare una stagione di amicizia, rispetto, affetto allora non solo non è una tragedia ma diventa una nuova vera famiglia dove il padre di tuo figlio è anche tuo fratello. Ed è veramente bellissimo!”
Immediatamente dopo nella discussione qualcuno inizia ad incrinare questa certezza chiedendosi: “Ma ci si può separare definitivamente da parte della nostra vita? Di prima mattina la mia risposta è no... magari durante il giorno cambio idea”.

A questo punto provo a precisare: "Secondo me non ci si separa da una parte della propria vita perché ogni esperienza ne fa parte, ma si concludono definitivamente dei pezzi di esperienza. Oggi che si vive a lungo davvero bisogna costruire questa capacità di modifica del progetto esistenziale epoca per epoca”.
La replica è immediata: “Non so, Paola e Francesco, se la frase mi piace, io penso che durante la nostra vita niente possa essere concluso e definitivo, ogni esperienza ci modifica, ci cambia un po', nel bene e nel male, e questi cambiamenti, questo nostro essere un po' diversi ci accompagna nell'andare avanti comunque, questo certo va fatto”.

Mi colpisce quell' -andare avanti comunque- che contiene tristezza, solitudine, rimpianto. Mi confermo nell'idea che se il legame matrimoniale dopo il divorzio non attraversa un processo di conclusione lascia una ferita aperta e quindi sanguinante ad ogni sfioramento.
Magari anche precludendo la possibilità di avere altre belle storie d'amore.
Una collega intanto commenta: “La separazione vera da esperienze della nostra vita è necessaria per vivere i cambiamenti e i momenti che verrano. Non avverrà mai una "separazione" di esperienze dalla nostra Vita perché come dice Paola, ne facciamo parte noi con le nostre esperienze, ricordi, dolori. Non possiamo dimenticare o far finta che alcune cose non siano accadute. Possiamo capirle e andare oltre”.
A cui segue: “Questo mi piace. La Paola citata penso che sia tu. Da te ho imparato ad essere un po' più saggia, certo la strada non è ancora conclusa...”.

La mia riflessione va al dolore che le persone mantengono dentro dopo un divorzio irrisolto.
È un dramma che ho voluto evidenziare attraverso queste considerazioni nel Blog sperando e sollecitando altri a continuare la discussione.
È una sofferenza che evidenzia quanto sia complesso attraversare il lutto per un progetto concluso, per un sogno finito, per una esperienza che rimane nel patrimonio personale, ma non c'è più.

Cosa ne pensate?

Venerdì 13 novembre 2015 alle 18,00 ne parliamo direttamente per chi può esserci alla Libreria delle Donne a Padova.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.