Ti senti ascoltato, compreso, accolto? Sai ascoltare, comprendere, accogliere chi ti sta accanto?
L'arte del saper ascoltare si impara lungo l'arco di tutta la vita. Nessuno raggiunge questa abilità in modo completo, esauriente e perfetto. Le persone sagge però amano questa ricerca poiché essa dona pienezza emotiva, senso all'incontro, gioia dell'unione.
Ognuno dunque sa che un apprendimento, un perfezionamento e una messa a punto continuativi ed impegnativi potranno avvicinarlo all'arte dell'ascolto.
Ascolto emotivo di parole, di vibrazioni, di sentimenti che girano nell'aria; ascolto di avvertimenti corporei, fisici, odorosi che s'impongono allo sguardo e all'olfatto. Non si sente dunque solo con l'udito, ma con tutto il proprio essere.
Saper ascoltare implica perciò molte operazioni complesse tra le quali far spazio all'altro dentro di sé, non pensare mai di sapere cosa vuol dire chi incontriamo, essere rispettosamente curiosi sapendo porre domande al proprio interlocutore. Il silenzio quindi è l'elemento che fa da propulsore all'ascolto emotivo.
È opportuno perciò tacere fuori e far tacere dentro pregiudizi, supponenza, convinzioni assolute... Chi ha la verità in tasca non ascolta poiché scarta tutto ciò che non combacia con i suoi modi di vedere. E alla fine dopo aver sorvolato il valore di toni, di affermazioni, di sentimenti, di punti di vista si trova ad aver eliminato chi gli sta accanto sia esso figlio, coniuge, genitore, educatore, amico...
Se i grandi però possono difendersi i piccoli rimangono intrappolati nelle false disponibilità a dialogare. L'ascolto unidirezionale è un discorrere che ripete un monologo assertivo senza cambiare mai affermazioni, rimostranze, prediche, colpevolizzazioni... Tutti questi modi di parlare da una parte mostrano un'estrema disponibilità verso l'interlocutore e dall'altra accumulano rancori, rabbie, aggressività ogniqualvolta figli, genitori, amici, coniugi non colmano i propri desideri.
In questo caso colui che ascolta lo fa per imporre meglio il proprio volere piuttosto che per cambiare con più tempestività.
Sappiamo ammutolire tutte le nostre idee precostituite su cosa dovrebbe fare, pensare, divenire chi ci sta accanto?
Il bambino va ascoltato mettendosi alla sua "altezza" cioè identificandosi con la sua piccolezza, vulnerabilità, fragilità, immaturità. Contemporaneamente però bisogna "osservare dall'alto" quel che il piccolo fa e dice per vedere tutto il quadro d'insieme e non smarrirsi nel dettaglio abbagliante. Una frase non vale in sé, ma vale dentro ad un dialogo fatto di tante piccole narrazioni che, nel loro complesso, rappresentano una comunicazione.
Sappiamo evitare le domande-quiz e lasciare posto al tempo del racconto libero che si fa e si disfa, che esprime e tace, che mostra e nasconde?
Ne parliamo nei prossimi incontri dove portiamo Parola di Bambino, il mondo visto con i suoi occhi (la meridiana 2013) poiché vogliamo raccogliere da Venezia a Padova, da Mantova a Trieste, da Brescia a Belluno come offrire strumenti che possano affinare quest'arte generativa che ridà senso al rapporto tra le generazioni e tra i generi.
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