"Il Natale è una fantasia che ho nella testa"
(da Parola di bambino, il mondo visto con i suoi occhi, Berto- Scalari la meridiana 2013)
L'avvicinarsi della data del 25 dicembre ci obbliga ad una riflessione sul vissuto collettivo che emerge in questi giorni di festa e di sofferenza. I due sentimenti contrappongono chi aspetta con desiderio questo giorno e chi non vede l'ora che sia trascorso.
Se il Natale è stato costruito attorno all'idea del focolare domestico, tutti coloro che non ne hanno avuto o non ne hanno uno sufficientemente caldo, accogliente, rassicurante si preparano a sentire il bruciore delle loro ferite.
Sono dolori che vengono da lontano e che si rinnovano puntualmente al ricomparire della capanna con Maria, Giuseppe e il Bambinello.
Risalgono a quel tempo dove ognuno credeva alla magia di un Babbo Natale pronto a regalare gioia, soddisfazione, appagamento, realizzazione di desideri...
Qualcuno ha vissuto la festosa trepidazione della Notte Santa e allora il bruciore è un miscuglio di nostalgia per il tempo andato, di rammarico per l'incanto che non c'è più, di ansia per quella atmosfera che si vorrebbe ricreare.
Questi adulti sono pronti a rinnovare l'incanto con i piccini di casa. E i riti dell'avvento, la ripetizione di gesti della Vigilia, il rinnovo di abitudini natalizie divengono trasmissione di un patrimonio di emozioni puerili ben radicate nella tradizione.
La speranza e i timori della Vigilia non ci sono più, ma si può regalarli alla nuova generazione.
E i piccini, sbarrando gli occhi davanti ad un dono inaspettato, ridanno senso allo stupore incantato dell'Infanzia.
"Io Babbo Natale l'ho sentito e anche visto. Aveva la slitta e le renne. Ha mangiato i tortellini che avevo messo sul davanzale della finestra. Ma non mi ha lasciato nessun regalo perché la sua renna era ammalata e non poteva portare pesi."
(da Parola di bambino, il mondo visto con i suoi occhi, Berto- Scalari la meridiana 2013)
Quali ricordi compaiono nella vostra mente?
Per altri il senso del Natale rappresenta qualcosa di mancante. Qualcosa visto da lontano e mai avuto.
Qualcosa sentito raccontare come evento accaduto in altre case e mai provato.
Qualcosa osservato soddisfare altri bambini e mai goduto.
Per loro ci sono solamente sogni infranti.
Ora, al di là delle presenze concrete, queste persone sono e si sentono senza famiglia. E se per famiglia intendiamo quell'insieme di persone solidali, affettuose, amorevoli, sollecite, presenti, il periodo natalizio diviene un dramma per molti.
Giorno di ritrovo comune, forzato.
Momento di solitudine, palpabile.
Resa dei conti di rapporti coniugali e parentali vuoti, vacui, fasulli.
Rinnovo del senso di ingiustizia vissuto nell'infanzia.
C'è la lontananza da chi si ama o si amava.
Ci sono i dilemmi di una famiglia smembrata, dispersa, rabbiosa, critica, giudicante, lontana, defunta, assente.
Si rinnovano gli accordi conflittuali di genitori divisi che si contendono il bambino di casa.
Compaiono le solitudini dure dei figli senza genitori.
Il bimbo di oggi e di ieri piange in silenzio davanti alla capanna con i suoi personaggi di gesso.
Il regalo più bello per me sarebbe che mamma e papà tornassero a vivere insieme in pace. Ma non credo che Babbo Natale sappia fare questi miracoli.
(da Parola di bambino, il mondo visto con i suoi occhi, Berto- Scalari la meridiana 2013)
A tutti questi cosa vorremmo dire?
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