Si sa, i ragazzi passano un periodo di disequilibrio. Tutti gli adulti infatti sono al corrente dell'instabilità identitaria patita dai giovanetti durante gli anni che li trasformano da bimbi impuberi a uomini e donne maturi.
Se l'adolescenza, come le malattie esentematiche, la si deve passare, quando però manifesta dei segnali che evidenziano una situazione a rischio?
L'adolescenza è un tempo della vita turbolento, difficile, critico per tutti, ma per alcuni ragazzi comporta un arresto evolutivo caratterizzato da comportamenti immaturi. Non è dunque un'impresa né facile né scontata passare dall'infanzia protetta da mamma e papà all'età adulta durante la quale ognuno deve assumere la responsabilità di sé. Qualcuno può non riuscire a portare a termine il processo di crescita. La transizione identitaria può fallire e dentro a corpi grandi e grossi può rimanere rinchiuso un bimbetto che proprio non ragiona.
Come non farsi ingannare da adolescenti che sbandierano il diritto ad autonomie che poi non sanno gestire?
Le contrapposizioni diventano dure, le lotte estreme, le sofferenze infinite. Lo affermano genitori alle prese con ragazzi che non studiano, disattendono gli orari prestabiliti, s'infuriano se non hanno quel che vogliono, esibiscono il diritto a fumare (anche erba) in libertà. Lo riscontrano insegnanti che non riescono a parlare con la classe sopraffatti dal vociare degli alunni, che si vedono minacciare per un brutto voto, che osservano impotenti il banco vuoto di coloro che disertano la scuola. Lo intercettano poliziotti che fermano giovani “fatti”, vandali, violenti, devianti e si trovano così faccia faccia con genitori spaventati dai comportamenti dei figli minorenni. Lo narrano operatori dei servizi sociali che si sentono senza armi di fronte al malessere dei ragazzi e non sanno proprio che progetti costruire in loro tutela poiché ogni intervento alla fine fallisce.
Qual è allora il confine tra una adolescenza fisiologica ed una età incerta che mostra segnali di disagio allarmante?
Lo spartiacque tra successo e insuccesso evolutivo non è ben delineabile poiché alcune volte la pur conclamata devianza può rientrare dopo essersi variamente manifestata. E un ragazzo, attraversata l'esperienza della sofferenza, della tristezza, della confusione identitaria, può trovare la sua strada. Per gli adolescenti instabili, estremizzanti, provocatori si tratta di trovare se stessi. Se non ci riescono rimangono impigliati nella paura di non valere, di non esistere, di non contare. Sono questi timori che li fanno comportare in maniera prepotente, sconclusionata, apatica... Quando allora madri e padri possono sperare che “tutto passi” e quando invece devono intervenire tempestivamente?
Tollerare troppa devianza può non far rientrare i figli in un comportamento socialmente accettabile. Intervenire con eccessiva apprensione può togliere la residua comprensione tra le due generazioni. Ogni decisioni apre dunque un dilemma e qualsiasi affermazione può rompere il tenue filo che ancor lega grandi e piccoli.
La paura di rimanere indietro attanaglia l'adolescente difficile e perciò ogni disconoscimento della sua “grandezza” lo fa arretrare dal contatto, gli fa interrompere la relazione, lo induce ad attaccare il rapporto.
Se gli si dice in vari modi che è incapace si fa bruciare la sua ferita originaria che è dovuta proprio alla sua paura di non essere all'altezza del compito evolutivo. Se non gli si mostra la sua piccolezza lo si lascia solo con il terrore che dietro alla sua tracotante arroganza qualcuno scorga i suoi limiti.
Come la risolvete o la risolvereste?
I ricordi della nostra adolescenza ci possono aiutare?
Confrontiamo le diverse esperienza anche in previsione dell'incontro su - Il codice psicosocioeducativo - Trasmettere valori, principi e regole ai bambini e ai ragazzi - che si terrà presso lo Studio Concretamente a San Donà di Piave-Venezia il 25 ottobre 2013.
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