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intervista a Paola Scalari a cura di Laura D'Orsi, giornalista

La mamma di Alex è preoccupata perché fra pochi giorni lascerà il suo piccino di sei mesi al nido. É piena di dubbi e di domande. Ha paura di aver sbagliato scelta. Ci chiede cosa può fare per non far soffrire il suo piccino.
Ma non è la sola. Altri genitori chiedono come regolarsi per l'inserimento del loro bambino al nido. Sentono che è un momento delicato per il piccolo che deve separarsi dai genitori per diverse ore al giorno e lasciare le sicurezze dell'ambiente domestico. Tutte queste giovani madri e giovani padri ci domandano quale atteggiamento assumere perché tutto vada per il meglio.

Dottoressa Scalari qual è la difficoltà più grande quando si decide di inserire il proprio bambino al nido?

Quanto più mamma e papà hanno fiducia che il bambino starà bene anche lontano da loro, che le educatrici saranno capaci di occuparsi di lui, tanto più l'inserimento avverrà serenamente e in tempi veloci. L'apprensione spesso nasconde il timore che il piccolo non dipenda più interamente dalla mamma, che altre figure diventino importanti per lui e si instaura una sorta di competizione. Sono sentimenti normali, che vanno tenuti a bada. I piccoli sono in grado di percepire le tensioni emotive dei genitori e se avvertono che non sono sereni, il distacco diventa difficile. È importante che mamma e papà si sostengano a vicenda in questo momento.

C'è un'età che rende più difficile l'inserimento all'asilo?

Il periodo intorno agli 8-9 mesi è il più critico. In questa fase il bambino realizza di non essere un tutt'uno con la madre e teme che, allontanandosi da lei, possa scomparire. È il momento della cosiddetta paura dell'estraneo: i volti non familiari spesso lo rendono inquieto o lo spaventano e il distacco diventa molto problematico. Sarebbe consigliabile evitare l'inserimento in questa fase, che è passeggera, per non complicare le cose. Più è piccolo, meno il bambino risentirà della separazione.

Per non fare passi falsi, come deve avvenire l'inserimento?

Oltre a un atteggiamento psicologico sereno e fiducioso, è importante che il distacco avvenga con gradualità e assecondando i tempi del bambino. Per questo è importante che la mamma o il papà mettano in programma un tempo, per esempio 15 giorni, da dedicare interamente a questa fase delicata. L'approccio migliore è che i genitori avvicinino il piccolo all’educatrice, come fosse un’amica preziosa da conoscere. Poi, piano piano, si dovranno allontanare, rimanendo nella stanza ma lasciando che il piccolo interagisca con chi dovrà occuparsi di lui. Sì quindi a una presenza discreta, che offra sicurezza, ma senza invadere il campo. Questo percorso consente al bambino di capire, osservando gli atteggiamenti sereni degli adulti, che può fidarsi delle educatrici quando la mamma non c’è.

E se il bambino piange come ci si deve comportare?

Mai andarsene se il il bambino piange disperato. E mai farlo di nascosto. La mamma o il papà lasceranno la stanza quando l'educatrice sarà riuscita a consolarlo. Questo serve ad alimentare la fiducia nei genitori ma anche nel bambino, che sente di essere in buone mani. In ogni caso il piccolo va sempre avvisato quando si sta per andarsene, magari creando un rituale di saluto: il bacio, il pupazzetto portato da casa, il racconto di ciò che avverrà nel pomeriggio.
In alcuni casi l'inserimento risulta molto difficile e per il piccolo una vera sofferenza. Occorrerà allora rivedere questa decisione, valutare soluzioni alternative. Forse il bambino non è ancora in grado di farcela.

A casa si può fare qualcosa per aiutare il bambino in questo passaggio?

Iniziare, almeno una settimana prima dell’inserimento, ad abituare il piccolo ai ritmi che avrà all’asilo (pranzo, riposino, merenda…). Se durante l’estate ha sgarrato un po’ con gli orari, meglio che inizi per tempo a cambiare la sua routine. Può essere utile poi cercare di rafforzare alcune piccole abitudini quotidiane che avrà anche dopo: una sosta ai giardini, un’ora di gioco la sera da dedicargli interamente. E possibilmente, non introdurre altri cambiamenti nella vita del piccolo a ridosso dell’inserimento. Togliere il succhiotto, cambiargli la cameretta, ricominciare a lavorare: sono tutte cose che sarà meglio rimandare a un altro momento.

 

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.