intervista a Paola Scalari a cura di Laura D'Orsi, giornalista
Una mamma scrive:
La mia bambina ha due anni e mezzo e si oppone continuamente a ciò che le dico. A volte ho la tentazione di lasciar perdere perché mi sfinisce. Cosa posso fare?
Farsi obbedire fa parte della responsabilità e dei compiti dei genitori.
L’obbedienza si fonda su delle regole che devono essere rispettate, e le regole nascono, appunto, dalla regolarità. Ecco perché è importante, fin dai primi mesi, compiere i gesti quotidiani legati all’accudimento del bambino con una certa ritualità. Ad esempio, quando è l’ora della poppata, ci si può avvicinare alla culla chiamandolo dolcemente sempre allo stesso modo e sistemandosi nella stessa poltrona. È un modo per dargli sicurezza e per fargli sentire che non si trova da solo di fronte alle sensazioni negative che la fame gli procura. È insomma l’abitudine che crea una regola, che naturalmente deve essere tanto più “morbida” quanto più piccolo è il bambino. A mano a mano che i mesi passano, è importante però iniziare a far percepire al bebè che esistono dei confini, dei limiti alle sue richieste. A partire dai tre mesi il bambino può iniziare a tollerare un po’ di attesa: la mamma lo chiamerà dall'altra stanza dicendogli che sta arrivando e di stare tranquillo. Ma è dall'anno in poi che i no dei genitori si moltiplicano giorno dopo giorno. Il bambino infatti diventa autonomo nei movimenti e le sue manine arrivano dappertutto. Ormai gli è chiaro che non può esistere una libertà assoluta, anche se mamma e papà devono essere sempre pronti a ricordarglielo. Lui ubbidirà se sentirà che dietro i loro insegnamenti c’è una grande sicurezza.
Certamente, perché a volte è così difficile riuscire a sostenere la sua reazione? Dipende da quanto mamma e papà riescono a non temere il conflitto che potrebbe instaurarsi opponendosi al bambino. Alla base di questo comportamento c’è una scarsa autostima che i genitori hanno di loro stessi. A volte queste difficoltà possono nascere anche da un conflitto non risolto con le proprie figure genitoriali: riuscire a fare chiarezza su queste zone d’ombra, riappacificandosi con il proprio passato, permette di riacquistare serenità e sicurezza nel proprio operato.
Fin dalla sua nascita il neonato è sensibile ai toni, agli sguardi, alle vibrazioni che lo circondano. Quando poi inizia la vita sociale, intorno ai tre anni, il bambino è pronto a confrontarsi con gli altri e ad apprendere nuove regole di comportamento. Adesso può capire meglio i “no”, a cui è sempre bene dare una motivazione, ed è possibile elaborare un sistema di regole più complesso. Alcune non si possono trasgredire, e sono fatte per assicurare il suo benessere (“non ci si deve sporgere dalla finestra”) e tutelare i diritti degli altri (“non si picchiano i compagni”). Altre invece possono essere più morbide e contrattate di volta in volta (“non più di un’ ora di cartoni al giorno, ma la domenica facciamo un’eccezione”). A tutte le regole il bambino ubbidirà più facilmente se verrà aiutato gradualmente a sviluppare un proprio senso critico e della realtà. Per fare questo occorre lasciargli alcune volte la possibilità di scegliere (“vuoi i pantaloni blu o rossi?”), magari facendogli capire le nostre preferenze, ma rispettando la sua decisione finale.
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