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intervista a Paola Scalari a cura di Laura D'Orsi, giornalista

Sono sempre i più i bambini italiani che dormono nel lettone. Lo confermano le ricerche, e tra queste l'ultima curata da due società scientifiche, la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) e la Società delle cure primarie pediatriche (Sicupp). A 1-2 anni 4 bambini su 10 si addormentano nel lettone, a 3-4 anni la percentuale scende appena, a 5-6 anni quasi tre piccoli su 10 mantengono questo privilegio che si riduce di poco a 7-9 anni (due casi su 10) e scende con decisione solo all’inizio della scuola media. Ma se per i pediatri questa abitudine non è dannosa e, anzi, può migliorare la qualità del sonno dei bambini, gli psicologi avanzano qualche dubbio legato allo sviluppo della loro autonomia psicologica

 

Dottoressa Scalari, perché il fenomeno lettone è in aumento?

Oggi la vita è cambiata. Madri e padri lavorano, magari tornano tardi e avere con sé i figli fra le lenzuola è una specie di compensazione e un piacere per tutti. Di sicuro, è difficile che un bambino decida di sua iniziativa di lasciare il lettone. Troppo calore, troppa sicurezza gli procurano la vicinanza di mamma e papà, insieme.

Perché è importante che ognuno abbia i suoi spazi durante la notte?

Occorre che la coppia, gradualmente, dopo la nascita di un figlio, impari a salvaguardare gli spazi di libertà necessari per se stessa, per ritrovare il dialogo, l'intimità, la complicità anche al di là del bambino. Allo stesso tempo il piccolo deve poter intraprendere un percorso di graduale distacco dalla madre che gli serve per conquistare una propria autonomia. Più si persiste con l’abitudine di dormire tutti nella stessa stanza, più si sposta in là questa importante tappa nella crescita. A parte i primi mesi, quando il piccolo potrà dormire nella sua culla a fianco al lettone per facilitare le poppate, poi dovrebbe trascorrere la notte nella sua stanza.

Oltre alla “praticità” esiste qualche altro motivo per cui abbandonare il lettone è difficile?

Possono esserci delle ragioni più profonde. Se per esempio la coppia ha difficoltà a riprendere l'intimità dopo la nascita del figlio, la sua presenza diventa una specie di “alibi”. In certi casi le difficoltà latenti sussistevano anche prima dell'arrivo del piccolo. E per non affrontarle si ricorre inconsciamente a questa giustificazione. Talvolta è il bambino stesso che, percependo aria di crisi tra i genitori, pretende di dormire con loro. E' come se il piccino pensasse: “Finché siete costretti ad occuparmi di me, voi due resterete insieme”. Ecco perché è importante che la coppia si interroghi suoi veri motivi che rendono difficile modificare questa abitudine.

Se si decide che è ora di modificare come bisogna comportarsi?

La determinazione è fondamentale. Se il bambino capisce che nessuno dei due genitori è disposto a cedere, dopo qualche notte si convincerà, anche se questo comporterà un po’ di pianti e agitazione.
E soprattutto capirà che i genitori hanno fiducia in lui, nella sua capacità di riuscire a dormire da solo. E ancora maggiormente educativo sentirà che mamma e papà possono stare bene senza di lui e che non è tenuto a consolarli, riscaldarli, coccolarli. Ed ancora, se non bastasse, tutti pur separati possono rimanere insieme pensandosi. Naturalmente è importante rassicurare il piccino, dicendogli che mamma e papà gli sono sempre vicino, anche se lui non li vede. Lo potranno inoltre aiutare dei piccoli riti della buona notte: la lucina accesa, un amato peluche a tenergli compagnia, un bambolotto da mettere a nanna, un pesciolino nella sua cameretta per tenergli compagnia.

E se il bambino si alza da solo e ritorna nel lettone?

Riportarlo anche in piena notte nel suo lettino, dopo che ha fatto incursione nel letto di mamma e papà, anche se decisamente faticoso, lo induce a scoraggiarsi. Ma è per il suo bene. Per crescere sereno, infatti, il piccolo deve sentire che i suoi genitori hanno una vita privata, e sono una coppia unita e solida. Questo gli trasmette sicurezza e fiducia, molto più di quanto non gliene dia il fatto di dormire tutti insieme nella stessa stanza.

 

 

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.