Sguardi di mamme. Modalità di crescita dell'infanzia straniera.
Di Lia Chinosi, con il contributo di Silvia Vegetti Finzi, Paolo Cadrobbi e Fabio Gava.
Edizione Franco Angeli - Politiche Migratorie, 2a edizione 2003
Sguardi di mamme ci invita a posare il nostro occhio sulla relazione tra mamme figlio nelle diverse culture. E' questo un modo non solo per comprendere le famiglie straniere che arrivano in Italia, ma è questo anche un modo per riattraversare il cammino delle donne che divengono madri. Se infatti la diversità culturale ci fa porre lo sguardo sulle differenze, contemporaneamente, pare che Chinosi ci suggerisca di ritrovare la storia dell'evoluzione delle funzioni materne così come si è andata sviluppando nel trascorrere del tempo in Italia.
Come madri ci ritroviamo quindi tutte uguali seppur nella differenza.
Ed il libro, di pagina in pagina, ci fa entrare in un clima di cicaleccio femminile che diventa corale discorrere attorno ai figli. L'universo femminile lì si incontra e si confronta. Quasi dimentichiamo che la ricerca svolta da Chinosi per conto della Regione Veneto, di cui il volume è il risultato, vuole farci conoscere i diversi modelli di cura dell'infanzia. A poco a poco scompaiono le vesti che differenziano le interlocutrici, i colori della loro pelle, le loro provenienze da Paesi lontani. Eccole lì, tutte, tra pannolini e pappe, tra ninne nanne e giochi, tra bue e coccole.
Il bambino, l'infante, il puer, come direbbe Gino Pagliarani, ci mettono a contatto con colui che non ha parola. E, nell'assenza del linguaggio, i gesti volti al piccino si assomigliano, i pensieri sul figlio confluiscono, le manovre sul neonato si sintonizzano. E il puer che c'è nell'anima di ogni mamma si risveglia. Esso torna a vivere attorno alla culla, si dibatte attorno al malessere del piccino, si industria per trasmettergli la voglia di esistere. Anche la parte -candida- di Chinosi pare prendere il sopravvento. Ella ascolta le donne incontrate capace di stupirsi, vogliosa di conoscere, curiosa di sapere. Quasi con -innocenza- mette in scena il dire delle madri. Il rigore della ricerca, ben definito nelle prime pagine del libro, si dissolve. Rimane nello sfondo. Prendono così spazio nelle pagine del libro la capacità di ascolto, il piacere dello scambio umano e la voglia di sapere cosa succede alla altre mamme. Ed il testo diviene necessità vitale così come dice Silvia Vegetti Finzi nella bella introduzione " necessario per interrompere prese di posizione semplicemente ideologiche che si limitano a ripetere, come slogans, parole d'ordine sicuramente corrette ma, in quanto prive di conoscenza, meramente rituali". La voglia di conoscere ci pare ridare forza alla ricerca. Conoscere non solo le donne albanesi, cinesi, rom, sinti, dell'islam, tunisine e senegalesi che vengono a testimoniare il loro essere madri nei gruppi di ricerca tenuti da Lia Chinosi, nella funzione di coordinatrice, e da Nives Martini nelle funzione di osservatrice, ma anche conoscere il mistero di quell'intesa sottile, quanto unica, tra mamma e figlio. E il mistero della maternità trova quindi spazio nel silenzio. Ogni lettore dovrà donare le sue parole a questa alchimia. Ognuno dovrà raccontare a se stesso cosa leghi quella madre a quel figlio.
Il libro intanto ci suggerisce di guardare all'intergenitorialità come luogo dello scambio di saperi, alla posizione assunta dai maschi-padri come figure di protezione della coppia madre-bambino, all'importanza della presenza di un gruppo familiare come occasione per sviluppare un senso di appartenenza.
Rivediamo le madri autoctone nella loro solitudine e proviamo un sottile senso di invidia per le donne straniere che hanno la certezza delle loro competenze, che sentono il calore del clan familiare che le circonda, che vivono la solidarietà del loro mondo sociale. E ritroviamo queste mamme venute da realtà lontane inserirsi nella cultura italiana. Le lasciamo preoccupati che perdano questo dono prezioso di sentirsi capaci di essere madri!
Paola Scalari
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