Di Madre in Figlia, un libro di donne per le donne.
Un testo sulle madri per le figlie.
Una narrazione per osservare gli uomini visti dalle donne.
Un intreccio di storie per capirsi, far capire ed essere capite.
Nel testo il crinale tra il genere maschile e quello femminile si muove tra complicità, competizione ed emulazione.
Nel libro captiamo una differenziazione spavalda e una consapevolezza dolorosa della diversità tra i due generi.
Ceci, Comani e De Michelis vogliono sottolineare che essere donne, essere adulte, essere mature può svelarsi un compito arduo e complesso quando si articola tra una incessante necessità di sedurre - che fa sentire belle- ed una drammatica solitudine - che fa sentire invisibili-.
Proprio di queste traversie le Autrici vogliono far partecipe il lettore affinché si rispecchi, ritrovandosi oppure no, nelle storie di vita da loro rievocate al fine di facilitare l'identificazione e la differenziazione dalle modalità con le quali è possibile interpretare il ruolo di donna adulta oggi.
Il testo allora si muove tra l'essere uguali o l'essere diverse prima di tutto dalle altre donne e poi dai modelli culturali proposti, dalle aspettative familiari, dalle identità delle proprie madri.
Essere omologate, essere trasgressive, essere alternative pur essendo uguali, essere delle copie conformi alle mode in voga o essere originali...
Come addivenire all'essere e basta?
La ricerca che ognuna delle Autrici racconta narra il travaglio di una generazione di fanciulle a cui tutto pareva possibile e che ha dovuto scoprire sulla sua pelle che la vita non è così.
Qualcosa manca sempre.
Il tema della perdita allora muove il sentimento dell'ironia che, alle volte aggressivamente e altre volte drammaticamente, mostra come l'esistenza non possa mai garantire tutto, anche quando si nasce in contesti che offrono il privilegiati di poter scegliere.
Il filo rosso è dunque come affrontare l'elaborazione del lutto. Esso lega le storie di queste giovani donne che si raccontano e che raccontano la fatica di crescere.
La scoperta del limite sembra dunque riunirle attorno al Caffè del lunedì un po' per esorcizzare la paura di questa rivelazione e un po' per affrontarla con minor senso di impotenza.
La vita è limite.
Sta nella bellezza di questo confine la possibilità di crearne una speciale, propria, unica.
Certo per viverla come una realtà appagante bisogna rinunciare all'esibizione infantile, all'invidia-ammirazione immatura e alla competizione adolescenziale.
Il divenire donna innanzitutto è scoperta che non si può essere anche uomini. E dentro a questo confine si può cercare di essere ciò che si è assaporando il senso di perdita come opportunità di incontro anziché come rivendicazione di essere anche l'altro sesso, o anche l'altro in generale, o ancor peggio l'altro che possiede ciò che non si ha.
Queste donne raccontano in prima persona il complesso percorso che porta ogni essere umano verso la consapevolezza della realtà che ci delimita e limita.
Tutto non si può avere ed essere.
Si fa strada allora la consapevolezza che la scelta determina sempre una rinuncia e che essa porta lontano da altre opportunità possibili.
Se questa presa di coscienza fa parte dell'elaborazione adolescenziale pare che il testo suggerisca che, alle volte, per le giovani donne del terzo millennio, divenute mogli e madri, professioniste e organizzatrici della vita familiare, è davvero complicato fare i conti con ciò che non sono, non possono essere, non saranno mai.
Di facile e scorrevole lettura Di madre in figlia diviene appassionata compartecipazione all'incontro rituale del lunedì di un gruppetto di giovani donne che, divenute mogli e madri di mezza età, sente l'esigenza di capire il senso del tempo che è trascorso e che mai tornerà indietro.
Un tempo che scorrendo ha definito la loro identità.
Uscire dall'incanto adolescenziale, ed oggi più di ieri, pare un compito che solo assieme ad altre donne è dato compiere.
Le simpatiche signore, protagoniste delle storie del libro, avvertono l'urgenza, il piacere, la forza rasserenante del condividere.
Le conflittuali madri, che raccontano quotidiane peripezie, ravvisano la necessità del confronto per poter essere delle adulte con la loro prole.
Le affettuose mamme, che anelano una identità sicura, vogliono dare un senso a se stesse per aiutare le figlie a trovare il loro posto nel mondo.
Lo sforzo delle tre protagoniste delle storie narrate nel testo, seppur intrecciato da espedienti ironici e da scenari plateali, rappresenta dunque sicuramente un vissuto serio e saggio.
Solo un genitore adulto, ben individuato nel suo genere, capace di elaborare creativamente il senso della mancanza può aiutare i figli a crescere.
Ceci, Comani e De Michelis accompagnano il lettore in diverse aree evolutive critiche che, sviscerate, possono aiutare ogni giovane madre ad evolvere, a capire, a maturare.
Il suggerimento rivolto a genitori ed educatori pare questo: trovare un filo narrativo per comprendere il legame tra passato e futuro al fine di imparare a vivere il presente. Ma non solo. Il richiamo è a farlo in gruppo poiché ogni narrazione individuale muove i ricordi degli altri partecipanti al collettivo.
Nella parte romanzata quindi Flora sollecita i pensieri di Selvaggia ed entrambe sollecitano le riflessioni di Elsa in una girandola di rievocazioni e di commenti che rende chiara la parte teorica che accompagna ogni esperienza vissuta.
Queste tre donne speciali quanto comuni – come è la vita di ogni persona- richiamano il lettore a ricollegare i pezzi della sua esistenza in un unitario disegno.
È dunque necessario imparare a vivere dalla propria vita.
E' altrettanto importante trasmettere ad ogni nuova generazione una buona eredità di riflessioni narrate affinché essa possa partire da una storia per costruire la sua storia.
Paola Scalari
Venezia 22 agosto 2013
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