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Commenti

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    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

dimadre-infiglia

Di Madre in Figlia, un libro di donne per le donne.
Un testo sulle madri per le figlie.
Una narrazione per osservare gli uomini visti dalle donne.
Un intreccio di storie per capirsi, far capire ed essere capite.
Nel testo il crinale tra il genere maschile e quello femminile si muove tra complicità, competizione ed emulazione.


Nel libro captiamo una differenziazione spavalda e una consapevolezza dolorosa della diversità tra i due generi.
Ceci, Comani e De Michelis vogliono sottolineare che essere donne, essere adulte, essere mature può svelarsi un compito arduo e complesso quando si articola tra una incessante necessità di sedurre - che fa sentire belle- ed una drammatica solitudine - che fa sentire invisibili-.
Proprio di queste traversie le Autrici vogliono far partecipe il lettore affinché si rispecchi, ritrovandosi oppure no, nelle storie di vita da loro rievocate al fine di facilitare l'identificazione e la differenziazione dalle modalità con le quali è possibile interpretare il ruolo di donna adulta oggi.
Il testo allora si muove tra l'essere uguali o l'essere diverse prima di tutto dalle altre donne e poi dai modelli culturali proposti, dalle aspettative familiari, dalle identità delle proprie madri.
Essere omologate, essere trasgressive, essere alternative pur essendo uguali, essere delle copie conformi alle mode in voga o essere originali...
Come addivenire all'essere e basta?
La ricerca che ognuna delle Autrici racconta narra il travaglio di una generazione di fanciulle a cui tutto pareva possibile e che ha dovuto scoprire sulla sua pelle che la vita non è così.
Qualcosa manca sempre.
Il tema della perdita allora muove il sentimento dell'ironia che, alle volte aggressivamente e altre volte drammaticamente, mostra come l'esistenza non possa mai garantire tutto, anche quando si nasce in contesti che offrono il privilegiati di poter scegliere.
Il filo rosso è dunque come affrontare l'elaborazione del lutto. Esso lega le storie di queste giovani donne che si raccontano e che raccontano la fatica di crescere.
La scoperta del limite sembra dunque riunirle attorno al Caffè del lunedì un po' per esorcizzare la paura di questa rivelazione e un po' per affrontarla con minor senso di impotenza.
La vita è limite.
Sta nella bellezza di questo confine la possibilità di crearne una speciale, propria, unica.
Certo per viverla come una realtà appagante bisogna rinunciare all'esibizione infantile, all'invidia-ammirazione immatura e alla competizione adolescenziale.
Il divenire donna innanzitutto è scoperta che non si può essere anche uomini. E dentro a questo confine si può cercare di essere ciò che si è assaporando il senso di perdita come opportunità di incontro anziché come rivendicazione di essere anche l'altro sesso, o anche l'altro in generale, o ancor peggio l'altro che possiede ciò che non si ha.
Queste donne raccontano in prima persona il complesso percorso che porta ogni essere umano verso la consapevolezza della realtà che ci delimita e limita.
Tutto non si può avere ed essere.
Si fa strada allora la consapevolezza che la scelta determina sempre una rinuncia e che essa porta lontano da altre opportunità possibili.
Se questa presa di coscienza fa parte dell'elaborazione adolescenziale pare che il testo suggerisca che, alle volte, per le giovani donne del terzo millennio, divenute mogli e madri, professioniste e organizzatrici della vita familiare, è davvero complicato fare i conti con ciò che non sono, non possono essere, non saranno mai.

Di facile e scorrevole lettura Di madre in figlia diviene appassionata compartecipazione all'incontro rituale del lunedì di un gruppetto di giovani donne che, divenute mogli e madri di mezza età, sente l'esigenza di capire il senso del tempo che è trascorso e che mai tornerà indietro.
Un tempo che scorrendo ha definito la loro identità.
Uscire dall'incanto adolescenziale, ed oggi più di ieri, pare un compito che solo assieme ad altre donne è dato compiere.
Le simpatiche signore, protagoniste delle storie del libro, avvertono l'urgenza, il piacere, la forza rasserenante del condividere.
Le conflittuali madri, che raccontano quotidiane peripezie, ravvisano la necessità del confronto per poter essere delle adulte con la loro prole.
Le affettuose mamme, che anelano una identità sicura, vogliono dare un senso a se stesse per aiutare le figlie a trovare il loro posto nel mondo.
Lo sforzo delle tre protagoniste delle storie narrate nel testo, seppur intrecciato da espedienti ironici e da scenari plateali, rappresenta dunque sicuramente un vissuto serio e saggio.
Solo un genitore adulto, ben individuato nel suo genere, capace di elaborare creativamente il senso della mancanza può aiutare i figli a crescere.
Ceci, Comani e De Michelis accompagnano il lettore in diverse aree evolutive critiche che, sviscerate, possono aiutare ogni giovane madre ad evolvere, a capire, a maturare.
Il suggerimento rivolto a genitori ed educatori pare questo: trovare un filo narrativo per comprendere il legame tra passato e futuro al fine di imparare a vivere il presente. Ma non solo. Il richiamo è a farlo in gruppo poiché ogni narrazione individuale muove i ricordi degli altri partecipanti al collettivo.
Nella parte romanzata quindi Flora sollecita i pensieri di Selvaggia ed entrambe sollecitano le riflessioni di Elsa in una girandola di rievocazioni e di commenti che rende chiara la parte teorica che accompagna ogni esperienza vissuta.
Queste tre donne speciali quanto comuni – come è la vita di ogni persona- richiamano il lettore a ricollegare i pezzi della sua esistenza in un unitario disegno.
È dunque necessario imparare a vivere dalla propria vita.
E' altrettanto importante trasmettere ad ogni nuova generazione una buona eredità di riflessioni narrate affinché essa possa partire da una storia per costruire la sua storia.

Paola Scalari

Venezia 22 agosto 2013

 

Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.