La psicologa Scalari: «All'infanticidio possono seguire amnesie che durano anni»
VENEZIA «Sempre quando si discute di Infanticidio si scatenano emozioni violente in chi ne parla e in chi legge perché l'azione che sta alla base dell'atto mette in dubbio il primo legame, quello considerato inscindibile tra mamma e figlio. E la mente lo rifiuta, culturalmente insomma ci pare un gesto impossibile. Eppure oggi come ieri è sempre esistito».
A provare a spiegare le ombre di un gesto come questo è Paola Scalari, psicologa psicoterapeuta e psicosocioanalista specializzata nei problemi del rapporto genitori-figli.
Di infanticidio si parla anche per Federica Boscolo Gnolo, di 31 anni. Non c'è ancora alcuna certezza su cosa sia accaduto a Londra nei giorni scorsi. Il corpo della bambina non è ancora stato trovato ma la polizia londinese sembra non avere dubbi. Con Farah nata poche settimane fa (il 22 novembre), in una situazione come quella di Federica che aveva visto sua figlia non riconosciuta dal padre naturale sembra impossibile
non pensare ad una patologia che colpisce molte donne, la depressione post-partum. Non ci sono certezze che sia proprio ii caso della trentunenne chioggiotta, ma anche la polizia inglese in queste ore sta indagando sulle sue condizioni psicologiche per provane a rispondere alle domande rimaste ancora irrisolte fino ad oggi.
«La depressione post-partum può portare all'infanticidio solo in alcune condizioni - dice Scalari - si deve verificare una molteplicità di fattori contemporaneamente. Il primo e più grave è la solitudine, l'isolamento reale o vissuto. In quella sensazione è come se le mamme sentissero di mettere in salvo il loro bambino uccidendolo, portandolo via da una vita così brutta con un atto salvifico, l'uccisione appunto. Ovviamente è sbagliato l'assunto di partenza, la vita ha le sue difficoltà ma c'è sempre una via d'uscita. Queste donne però perdono il senso della realtà e uccidono i loro figli per metterli al riparo».
Non solo. Un infanticidio è un atto devastante, che si realizza solo quando molti fattori si mettono in fila. Un altro fattore è la sensazione di vuoto.
«Il senso di svuotamento fisico che segue il parto in alcuni casi può affiancarsi a quello psichico e all'angoscia di non essere delle buone madri - spiega Scalari - ma il sentimento di maternità non nasce con la nascita del figlio, non ci si sente subito adatte e in alcuni casi il timore diventa un tarlo. In quali? Spesso se ci sono delle difficoltà intergenerazionali, se la donna si è sentita una figlia poco amata. Il bambino che piange di continuo e non si consola, infatti, rievoca la "madre persecutoria", la madre che ti ha criticalo».
Spesso gesti di questo tipo possono essere seguiti da una rimozione totale o parziale della memoria che nasce per dimenticare un dolore talmente violento, come quello dell'omicidio di un figlio, che non può essere ricordato. Un'amnesia che può durare anche anni.
«La soluzione? Non ci sono ricette - dice Scalari - è chiaro che la risposta però sta nella coppia. La coppia dev'essere amorevole e il padre dovrà essere un uomo capace di proteggere la sua donna senza sostituirsi a lei, senza essere competitivo con la madre, senza diventare un "mammo"».
Alice D'Este
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