Quando Manca l'applauso
Come aiutare i nostri figli ad affrontare l'insuccesso
di Roberto Gilardi
Le Comete Franco Angeli, 2015
Un libro o tanti testi in uno. Questo volume infatti raccoglie al suo interno più linguaggi. È quindi un trattato che si muove tra la scrittura narrativa, autobiografica, saggistica, scenografica, fumettistica. Ma anche le tonalità emotive si muovono su più registri. Leggiamo parole sagge, ironiche, satiriche, riflessive, introspettive.Roberto Gilardi in questo poliedrico esprimersi, con l'abilità dell'equilibrista, tiene la rotta portando il lettore dentro al problema dell'insuccesso e a come affrontarlo e farlo affrontare. Egli guarda allora il tema del vincere e perdere con una sonda che sa rilevare cosa sta nel sottosuolo emotivo di genitori e figli. Si parte allora dalla superficie e si scende in profondità. Ed ecco un altro movimento del testo che, di capitolo in capitolo, induce ad analizzare gli atteggiamenti dei ragazzi e gli stati d'animo degli adulti. “Quando manca l'applauso” è dunque una “sinfonia” di parole. Un'armonia complessa, articolata, ricca di tonalità allegre e di melodie lente. L'Autore però ci rammenta più e più volte il tema centrale dicendoci che il problema è complesso, le soluzioni non sono facili, le risposte vanno cercare con pazienza e con dedizione.
I ragazzi possono sentirsi soverchiati dall'insuccesso perché fanno parte di una generazione votata a vincere, a primeggiare, a gratificare chi li ha messi al mondo. Ed ecco il perno di tutto il discorso riguarda gli atteggiamenti dei genitori, la loro smania di avere dei figli brillanti, la loro paura di allevare figli perdenti, alunni incompetenti, giovani incapaci. E a questo punto il messaggio può essere decifrato. Esso riguarda il fatto che, come sintetizza Gilardi, “l'insuccesso è un'esperienza di vita, a volte amara, ma pur sempre un'esperienza di vita, che muove la nostra parte emotiva in modo variegato”. Ed a partire da questo dato di fatto che l'Autore accompagna i lettori ad interrogarsi sull'atteggiamento che possono assumere di fronte alle difficoltà dei figli riattivando, come afferma fin dalle prime righe, la coscienza, cioè il dialogo con se stessi. L'introspezione diventa capacità di ascoltare le voci interiori che abitano la mente accettando il conflitto che innestano e la crisi necessaria per accordarle. La via maestra per affrontare questa operazione - ci esemplifica l'Autore- è la rievocazione della propria storia personale.
Autostima, fiducia, forza d'animo, resilienza non si costruiscono se non si crea una struttura interiore fondata sulle parole dei Maestri di vita, sul loro esempio, sulla loro capacità di non spaventarsi di fronte alle cose difficili.
E con questo avvertimento Gilardi sottolinea ed articola la sua vocazione all'educare come arte dello stare con l'Altro per riconoscerlo, ascoltarlo, accoglierlo, comprenderlo. Ed è su questa convinzione che l'Autore ci dice che deve continuamente vincere la pressione - interna ed esterna - a dare consigli, a dire cosa si dovrebbe fare, a suggerire immediate soluzioni al problema. Ed è una tentazione che comprendiamo poiché oggi più che il sapersi porre domande le persone esigono facili risposte a tutto, più che capire cercano di applicare formule magiche, più che mettersi in gioco vogliono qualcuno che dica il gioco da fare.
Ma questo atteggiamento è anti-educativo. Questa modalità infatti rende ancor più fragili quei genitori che non arrivano al successo grazie alla applicazione di esercizi calati dall'alto.
Chi allora si lascia abbagliare da facili formulette non può che fallire l'azione educativa. Gilardi allora scappa, induce i genitori a fuggire, sollecita gli educatori a rinunciare a qualsivoglia prontuario. In questo monito evidenzia la sua maturazione come formatore.
Paola Scalari, psicoterapeuta, psicosocioanalista
Venezia 14 gennaio 2016
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