La scelta di questo testo capita un po’ per caso, in un momento della mia formazione in cui vi sono più domande che risposte e in cui sento in modo forte e profondo il bisogno di interrogarmi e di capire, innanzitutto me stessa. Colpisce quindi subito il titolo nel quale si associa all’ascolto di una persona altra lo sguardo a se stessi, uno sguardo che vada nel profondo della propria interiorità psichica. Penso che già da queste prime parole scritte in copertina, l’Autrice mandi un messaggio molto chiaro e riassuma così la specificità dell’intero libro.
Tutti noi siamo costantemente in contatto con gli altri e sentiamo tantissime parole, ma quanto questo udire è un vero ascolto? Questa prima distinzione tra sentire e ascoltare passa quasi in sordina, ma già dalle prime pagine del testo ci si accorge che non possono essere utilizzati come sinonimi l’uno dell’altro per via della profondità, della complessità e della terapeuticità che la parola “ascolto” porta con sé. Nonostante vi sia una conoscenza teorica e concettuale di questa distinzione e nonostante si sappia che le parole veicolano messaggi profondi, nel percorso formativo che sto percorrendo e nel lavoro che svolgo, spesso mi trovo a chiedermi quanto di ciò che sento attraverso l’udito, ma anche con tutti gli altri sensi e sensazioni che provo, sia un vero ascolto e una “corretta” comprensione di ciò che il paziente mi dice.
Ecco che con il libro tra le mie mani mi approccio con curiosità a scoprire nuovi punti di vista e nuovi sguardi sulle mie esperienze personali e lavorative aprendo così la porta a domande e riflessioni.
In primo luogo, non appare scontato che basti avere delle orecchie per ascoltare: questa azione, ascoltare in senso terapeutico, richiede più coraggio e attenzione di quanto si possa pensare. L’autrice in questo libro ben evidenzia la relazionalità di questa azione e la complessità che la caratterizza. Ascoltare in senso psicoanalitico parte dal presupposto che lo psicoterapeuta abbia fatto un percorso di crescita e di conoscenza di sé e del proprio mondo interno che in un certo qual modo segue il percorso di vita di un bambino, che non è altro che ciò che i pazienti sperimentano con il proprio psicoterapeuta.
Il bambino nel suo primo periodo di vita, così come il paziente, ha bisogno che vi sia una figura materna che lo ascolti e che lo aiuti pian piano a conoscere e mettere in parola ciò che lui stesso vive. Attraverso la relazione con questa figura materno-terapeutica è possibile traghettare da un sentirsi ascoltati ad un sentirsi compresi e tradotti dall’altro, ad una messa in parola di se stessi.
L’autrice entra nelle profondità e nelle difficoltà di questo auto-ascolto di sé, poiché significa mettere in relazione e in comunicazione i molteplici personaggi interiori in un profondo e inconscio dialogo gruppale. Ecco che quindi come il bambino impara ad ascoltare e verbalizzare i propri bisogni, la persona che compie un percorso psicoanalitico, attraverso l’ascolto del proprio terapeuta, impara ad ascoltare e a mettere in relazione il suo mondo interno, fatto di tante voci differenti che a volte possono sembrare un coro un po’ stonato ed emergere con delle note poco piacevoli, come possono essere i sintomi. Il dare parola e prestare l’orecchio a ciascuna di esse e trovare una propria sinfonia e melodia è ciò che si cerca di fare nella relazione terapeutica.
L’autrice accompagna così il lettore in una profonda riflessione che pone al centro di tutto un continuo apprendimento e una continua conoscenza di sé e dell’altro e della peculiare relazione che si instaura.
La scansione delle parti che compongono il libro evidenzia proprio ciò: è solo a partire dalla relazione con un altro e dal sentirsi ascoltati che è possibile ascoltare sé stessi, ascoltare l’altro e trovare un modo unico e originale di ascoltare la relazione. Non a caso in questo libro lo psicoterapeuta viene chiamato psico-socio-analista: questa parola comprende in sé la parte di individualità psichica, la composizione sociale e corale che sta dentro e fuori la persona e infine la profondità analitica e dinamica con cui osserva. Colpisce come la relazionalità e la reciprocità siano centrali in questo percorso di scoperta in cui si conosce se stessi per conoscere gli altri e, allo stesso tempo, lo stare in relazione con un’alterità permette di approfondire la conoscenza di sé. La seduta psicoterapeutica diventa un momento di incontro e la possibilità di fare un viaggio nella profondità di sé: il terapeuta diventa quindi compagno di viaggio che potrà essere a tratti guida rassicurante, a tratti madre che lascia sperimentare stando dietro. Dalla posizione osservativa in cui mi trovo (psicoterapeuta in formazione che svolge un percorso di analisi personale) mi sono trovata a scorrere pagina dopo pagina interrogandomi sull’ascolto dei miei pazienti e di me stessa e riscontrando in me un crescente interesse e fascino per lo sguardo analitico e la capacità di ascoltare, comprendere e dar voce a un mondo interno sconosciuto e irripetibile.
Quanto può essere affascinante percorrere questo viaggio di conoscenza? Ma anche quanto può essere pauroso! La cornice solida e le coordinate teoriche di riferimento sono stelle polari che guidano il marinaio alla scoperta di mondi nuovi e nascosti. Ecco che quindi questo libro non dà soluzioni, ma propone uno sguardo – quello dell’Autrice, attraverso il quale traspare tutta la curiosità, la bellezza e la ricchezza con cui si può iniziare a navigare cogliendo tutte le sfumature del viaggio e degli incontri che avverranno.
Elisa Arrigone - Psicologa
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