Riders on the storm
Into this house we're born
Into this world we're thrown
Like a dog without a bone
An actor out alone
Riders on the storm
Jim Morrison
Sfogliando le prime pagine del libro, curiosa di scoprirne il contenuto, inevitabilmente mi imbatto in un pensiero di Jim Morrison che automaticamente mi fa canticchiare una delle canzoni note alla mia adolescenza: Riders on the Storm... cavalieri nella tempesta. I primi versi rendono bene l'idea dell'inquietudine adolescenziale: in questa casa siamo nati, in questo mondo siamo gettati, come un cane senza osso, un attore da solo, cavalieri nella tempesta. La tempesta della vita, così come vista da quegli adolescenti che vi si trovano incastrati, in storie a cui non riescono a dare un senso se non quello della pura sofferenza e dell'illusione di poter, un giorno, essere.
Il titolo preannuncia la catastrofe: adolescenze infrante, l'illusione dell'amore... l'amore di chi? Le prime esperienze con l'altro sesso? L'amore dei genitori? L'amore fraterno, o quello degli amici? O forse, ancor più difficile da sopportare, l'amore verso se stessi? Troppo spesso, in una società dove tutto è amplificato e tutto è più libero, gli adolescenti che già hanno il compito di differenziarsi e creare una propria identità, con difficoltà si destreggiano nei grovigli di sentimenti che spesso non sanno riconoscere, così da dimenticarsi, a volte, di volersi bene.
E gli adulti si trovano da un lato a non vedere e a non sentire, dall'altro a trovarsi invischiati, e il più delle volte feriti, senza poter fare nulla per uscire da una situazione non voluta, se non imparare ad amare di nuovo.
Addentrandosi tra le pagine del libro ci si ritrova coinvolti in una riflessione psicologica ma anche in un romanzo, o addirittura in un'autobiografia di un qualsiasi ragazzo o ragazzo che possiamo incrociare sui nostri passi, camminando per strada. Visto dal punto di vista di un romanzo, ci si trova a correre sulle righe, ritornando un po' giovani, come a voler sapere come andrà a finire la storia di Alessandra, di Camilla, della Betty con Dado e di tutti gli altri giovani protagonisti delle storie che gli autori del testo, tutti professionisti provenienti da esperienze diverse tra il pubblico e il privato, sapientemente raccontano guardando la situazione con gli occhi, e con il cuore, di chi l'ha vissuta. Basta meno di una mattinata e ci si ritrova a guardare l'ultima pagina sapendo di aver fatto di tutto perché quel momento arrivasse presto per conoscere ogni cosa che c'era da sapere, ma con l'ansia della fine: cosa ne sarà di Alice e Umberto? E Davide? Ci sarà un seguito? Che adulti saranno questi adolescenti?
Da questa domanda si apre, come trovandosi a ripercorrere velocemente all'indietro tutte le immagini delle storie appena assaporate, una nuova lettura, più riflessiva e psicologica, che non termina con la fine delle pagine, ma con una vita di lavoro, con quei giovani individui che nascondono il loro essere e lo mostrano, per evitare di ferirsi, solo a tratti. A questo punto ci si trova a pensare al nostro essere professionisti, come se gli occhi di tutti questi ragazzi, di cui abbiamo solo appena assaggiato le storie, fossero puntati su di noi e ci chiedessero aiuto, magari allontanandoci, o dicendoci che di noi non hanno bisogno, nella speranza di farci cadere in quella trappola che permetterebbe loro di continuare a credere che non saranno mai amati. E allora queste poche pagine romanzate prendono lo spessore di un'intera vita di incertezze e sentimenti reclusi, che chiedono solo di essere coccolati, accarezzati e resi forti per poter prendere posto nel mondo. Un prendere posto molto diverso dall'esservi gettati.
Monica A. Amisano
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