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Commenti

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Recensione di Daniela Marzana, psicologa.

 

“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, 
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. 
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, 
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. 
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, 
dalle ossessioni delle tue manie. 
Supererò le correnti gravitazionali, 
lo spazio e la luce 
per non farti invecchiare. 
E guarirai da tutte le malattie, 
perché sei un essere speciale, 
ed io, avrò cura di te”.

Franco Battiato (2003)

 

In modo certamente idealizzato Battiato canta l’amore esaltandone l’aspetto di dono e di cura che viene riservato all’amato. E così in una reciproca attesa di dare all’altro il meglio di sé e della vita la coppia può superare la malattia, la vecchiaia e la tristezza come recita la canzone.


In modo decisamente meno idilliaco, con sguardo disincantato ma responsabile e sicuro, Paola Scalari e Francesco Berto ci introducono al mondo della coppia e del frutto dell’amore di coppia: il figlio, bene prezioso e inestimabile.
La cronaca dei nostri giorni troppo spesso parla di fatti che straziano il cuore e la mente: bambini e ragazzi troppe volte rimangono coinvolti in situazioni ed esperienze estreme più grandi di loro, vittime, spesso indifese, di una famiglia e una società non sempre in grado di affrontare il compito di cura loro assegnato.
Il testo “Mal d’amore”, dal titolo emblematico ed evocativo, parla proprio a tutti, perché nessuno infatti è esente dall’esperienza d’amore nella propria vita. Amori sofferti, amori travagliati, amori che dilaniano ma anche amori generativi, maturi e responsabili, è questo il vasto panorama sentimentale e psicologico in cui la lettura del testo accompagna il lettore.
Come recita il testo “ogni essere umano vuole sentirsi amato” (pag. 29) ed è proprio questo bisogno atavico e profondo che muove il mondo, la voglia di fare famiglia e quindi di andare avanti.
Il problema, evidenziato dagli autori, si manifesta nel momento in cui la coppia di innamorati si è formata non già per soddisfare pulsioni erotiche, quanto per compensare deprivazioni subite nell’infanzia. Una tale circostanza, tutt’altro che infrequente, porta ad un impoverimento dell’intero lessico familiare, genera un mal d’amore che trascende la coppia stessa che l’ha provocato e passa inesorabilmente di generazione in generazione.
Mogli insoddisfatte, mariti assenti, donne e uomini troppo concentrati su di sé sono il frutto di una ferita relazionale lasciata aperta da bambini e destinata a prolungarsi nel tempo nel momento in cui la coppia diventa la segreta speranza di rimediarvi.
A pagare le colpe di genitori alle prese con le proprie personali aree di problematicità e debolezza sono purtroppo i figli, dapprima piccoli e indifesi e poi adolescenti e giovani che non avendo imparato l’alfabeto delle emozioni appaiono “disabili emotivi”.
La gamma di relazioni “insane” presentata nel testo è lunga e articolata, dalla coppia simbiotica e fusionale, a quella aggressiva e tirannica; dalle mamme bambine ai papà troppo immaturi; in tutti questi incastri il matrimonio assicura ai due partner la possibilità di negare parti di sé non accettate e di proiettarle sul compagno. Questo, oltre a minare il rapporto sin dalle origini, crea un legame indissolubile che impedisce o rende molto difficoltoso qualunque tentativo di cambiamento, compreso il divorzio che finisce per rivelarsi una rottura formale ma non di sostanza.
Così anziché dedicare poeticamente il meglio di sé all’altro come Battiato vorrebbe: “ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza. I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi, la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi. Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto. Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono. Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...”, la coppia patologica si dona reciprocamente il peggio di sé.
Gli autori mettono in guardia il lettore dalle cure genitoriali eccessivamente invischianti e simbiotiche, madri troppo concentrate sui figli stanno proiettando su questi ultimi la loro incapacità di sentirsi sufficientemente autonome e adulte; allo stesso modo i padri di oggi, meno legati al ruolo di pater familia di una volta, rischiano di avvicinarsi al modello castrante della madre o abdicare a lei le cure del figlio senza mai trovare la giusta misura di cura e responsabilizzazione del figlio.
I segnali di disagio di queste famiglie vengono portati nella maggior parte dei casi dal membro più debole: il figlio. Così possono essere spiegati comportamenti tristemente noti quali atti di bullismo, gravi disturbi dell’alimentazione, comportamenti aggressivi nei confronti dei compagni o di se stessi, ritiri semi-autistici in una solitudine sempre più inviolabile e tutto quanto può portare il minore a gridare, con i mezzi a lui a disposizione, la tristezza che lo pervade.
Ma l’aspetto interessante del libro, oltre alla descrizione puntuale e precisa delle costellazioni familiari patologiche o a rischio, è la possibile via d’uscita che propone.
L’ultima parte del testo, infatti, riconosce alla comunità educativa (insegnanti, preti, istituzioni di vario genere ma anche parenti e amici della famiglia problematica) un prezioso ruolo di accompagnamento e cura dei legami familiari perversi. Così si legge che “se il giovane, grazie all’incontro con educatori sapienti e competenti, capisce che ciò che i suoi genitori mettono in scena in famiglia è l’anticamera dell’alienazione, può sempre svincolarsi da mamma e papà e può, evolvere”(pag. 203). Le figure educative formali e informali possono dunque davvero fare la differenza.
E’ ancora gli autori mettono l’accento su un altro elemento, tutt’altro che di secondo ordine, il potenziale insito nel dispositivo gruppale come setting adeguato per l’elaborazione delle sofferenze provenienti da nuclei familiari problematici: “se infatti la malattia è nata nel gruppo familiare, è il gruppo il luogo migliore per curarla” (pag. 203).
Dalle famiglie affidatarie alle comunità, la rete che può occuparsi dei minori confusi e disorientati da genitori altrettanto bisognosi di cura e affetto è numerosa e sempre più specializzata.
Paola Scalari e Francesco Berto indicano con abile maestria e grande competenza le strade percorribili per sanare il mal d’amore e sembrano dedicare questo testo a chi lavora a contatto con questo tipo di sofferenza ma anche a chi la vive personalmente o l’ha vissuta con la speranza (intuibile tra le righe) che il mal d’amore possa essere arginato il più possibile, per avere adulti felici e bambini sereni.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.