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Commenti

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    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
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    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

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Il destino di tutti i segreti è passare di bocca in bocca, sosteneva lo scrittore Miguel De Cervantes, e l'unico modo perché restino tali è tenerseli per sé. «Un segreto quasi sempre brucia, parla di verità scomode. Chi lo confessa ha bisogno di liberarsi di un peso, spartendolo con qualcuno», spiega la psicoterapeuta Paola Scalari. E chi lo riceve talvolta si scotta, diventando depositario di confidenze molto intime e spesso compromettenti. Sia quando riveli sia quando ascolti un segreto. potresti trovarti in una situazione molto imbarazzante, da cui non sai come uscire.
Ma raccontare o ricevere confidenze può anche rafforzare un rapporto di amicizia. Come comportarsi allora? Ecco qualche suggerimento utile.


A volte la riservatezza è fondamentale, in altri casi invece una confidenza può aiutarti a risolvere un problema. Ecco
allora una guida per non sbagliare tempi, modi e persone.

Ti confidi nel modo giusto?
Impara a capire se parli troppo o se sei esageratamente riservata

1 Racconti tutto a tutti

Non riesci proprio a tacere. Quando qualcosa comincia a pesarti dentro, devi parlarne con
qualcuno, "Confidarsi è un modo per leggere negli occhi dell'altro l'accettazione di ciò che gli si rivela. In altre parole, dichiara il bisogno di sentirsi perdonati, riabilitati", osserva la dottoressa Scalari. "Non a caso, chi avverte spesso questa necessità è di solito una persona piuttosto insicura, che ha bisogno di conferme".
Appena senti che stai per aprire bocca prendi carta e penna e scrivi ciò che ti pesa. Poi rileggi, mettendoti nei panni di chi ti ascolta. Immagina le espressioni del viso, le sue parole. Tu come ti comporteresti al suo posto? Imponendoti un atteggiamento più riflessivo, piano piano riuscirai a darti da sola delle risposte.

2 Lo fai al momento sbagliato

Quella cosa che stai rimuginando è come un corpo estraneo che non vedi l'ora di eliminare. Qualsiasi momento è buono per parlarne, l'importante per te è liberarti dall'oppressione che provi. -Chiamare l'amica del cuore quando sai che non ha tempo per te è controproducente: ti dimostri egocentrica e, come non bastasse, ricevi un'attenzione frettolosa», avverte Maria Malucelli, psicoterapeuta.
Chissà quante volte è capitato anche a te di sentirti sulle spine perché un'amica, per "confessarsi", ti ha fatto arrivare tardi a un appuntamento. Cosa hai provato in quel momento? Ti sembra di averla ascoltata con partecipazione o superficialmente, persino con fastidio? Se senti che hai bisogno di parlare con qualcuno, chiedi prima la sua disponibilità: «Quando puoi dedicarmi un po' di tempo?». Così gli dimostri rispetto e sarà bendisposto ad ascoltarti.

3 Non dici niente

A volte senti il bisogno di sfogarti con qualcuno ma non ci riesci e tieni tutto dentro. "Chi si comporta così rimane in ostaggio dell'immagine che ha costruito di sé", spiega Maria Malucelli. "Quella di una donna forte e autonoma, ma che non dimostra fiducia nel prossimo". Questo atteggiamento viene interpretato da chi ti sta accanto come un'affermazione di autosufficienza: "So cavarmela da sola". Le conseguenze? Alla lunga puoi sentirti sola e incompresa e rischi di allontanare le persone da te. Prova allora ad allenarti gradualmente alle confidenze. Cominciando prima a raccontare qualcosa di banale e pratico, anche se ti sembra senza importanza (cosa hai fatto il weekend scorso) e passando poi a rivelare, sempre alla stessa persona, qualcosa che ti tocca di più emotivamente.

4 Lo fai con le persone sbagliate

Condividere confidenze più o meno delicate è un modo per legare le persone a sé. "In positivo, ma anche in negativo", sostiene la dottoressa Malucelli. Occhio quindi a come scegli il tuo interlocutore, perché la confidenza potrebbe ritorcersi contro di te, Un esempio? Tu e il tuo compagno siete molto amici di una coppia e uscite spesso insieme. Raccontare a lei particolari molto personali, magari che riguardano il rapporto con il tuo partner, ti espone al rischio che lui venga a saperlo. Si crea un circolo di notizie che nel migliore dei casi comporta delle gaffes, ma che può sfociare in un raffreddamento dei rapporti.
Anche con le colleghe in ufficio ci vuole molta prudenza. Le alleanze sul lavoro spesso cambiano a seconda della convenienza. E qualcuno potrebbe mettere le tue confidenze in piazza e te in cattiva luce col capo.

Un recente sondaggio condotto in Inghilterra su tremila donne ha evidenziato che 4 su 10 non riescono a mantenere un segreto
e 6 su 4 lo rivelano a persone non coinvolte. E se la resistenza massima al silenzio è di 47 ore (non un minuto di più), 1'83% delle intervistate ha comunque dichiarato di ritenersi assolutamente affidabile. Ma come mai si fa tanta fatica a tenere la bocca cucita? «Perché entra in gioco il narcisismo», spiega la dottoressa Malucelli. «Ricevere una confidenza, infatti, è un'attestazione di stima.
E divulgarla è come dimostrare agli altri che si è persone importanti e molto considerate».

Come tenere i segreti

Se ti fanno una confidenza sai quando è meglio stare zitta o dare invece il tuo parere?

1 Sei tra due fuochi

E' un classico: ti trovi in mezzo a due amiche che hanno litigato e che sperano di far sapere ciò che pensano l'una dell'altra confidandosi con te. Oppure tua cognata e tua suocera si detestano ed entrambe ti rivelano particolari del loro rapporto che tu ignoravi. Come comportarti? .Partiamo da una premessa: essere riservati è una prova di maturità», afferma Paola Scalari.
Significa meritarsi la fiducia che ci ha concesso l'altro e rispettare il patto di discrezione che si è stretto con lui. «Molto dipende però dal tipo di confidenza», aggiunge l'esperta, "Talvolta chi la fa è spinto proprio dal desiderio che si venga a sapere. E sta
a te valutare quando parlare può essere a fin di bene, o è meglio tacere".

2 Reagisci dando mille consigli

Accogliere una confidenza implica la capacità di mettersi da parte per lasciare posto all'altro. Invece tu tendi a immedesimarti fin troppo in quello che ti stanno raccontando e sommergi l'interlocutore di consigli e osservazioni. "Non è semplice far tacere se stessi, liberarsi da pregiudizi e astenersi dalle critiche», afferma Paola Scalari. «Eppure chi ti apre il suo cuore, da te si aspetta proprio questo".
Entrare in sintonia con chi si confida vuoi dire predisporre uno spazio interno per accogliere parti dell'altro spesso fragili, confuse, sofferenti. .Pezzi di vita da maneggiare con cura', li definisce Paola Scalari, che aggiunge: "Per aiutarti a darti un limite, prova a immaginare di ricevere in dono degli oggetti preziosi e di accoglierli in un salotto spazioso e ben ordinato. Solo così li vedrai con chiarezza e potrai valorizzarli".

3 Non vuoi proprio sentirne parlare

Rifiutare un segreto non solo si può ma è anche nel proprio diritto. Soprattutto quando sono in ballo rivelazioni scottanti, moralmente
inaccettabili o scabrose, oppure quando si parla di altre persone ed è una pura malignità. In questo caso puoi porre uno stop al tuo interlocutore dicendo semplicemente: "Fermati qui, non sono in grado di affrontare questo discorso. E non voglio una responsabilità così grande".
Se non dovesse bastare, tenta di essere più incisiva, ricorrendo a una sorta di "minaccia" che di solito si rivela molto efficace: .Mi dispiace, ma se continui a parlare non posso assicurarti che riuscirò a tacere-. E poi puoi aggiungere: "Ti ringrazio della fiducia, ma non sono la persona adatta, Cerca qualcun altro, un avvocato, un sacerdote, uno psicologo: qualcuno, insomma, che possa darti consigli e sia vincolato dal segreto professionale".

4 Sei in preda all'imbarazzo

Un'amica ti rivela particolari molto personali sul suo passato, per esempio che ha avuto una relazione con una donna, Tu ti senti
turbata e imbarazzata e non sai cosa dire. «II corpo in questo caso manda dei segnali ben precisi: durante il racconto si avverte una forte senso di disagio e il desiderio di andarsene, avverte la dottoressa Malucelli.
La cosa più giusta è ammettere il proprio limite e far capire all'altro, pur ringraziandolo della fiducia, che non te la senti di affrontare certi argomenti perché non sapresti cosa dire o come essere d'aiuto, Poi, però, chiediti il motivo della tua impasse, Nel caso dell'amica che ha avuto un'esperienza omosessuale ti senti forse minacciata? Hai paura che potrebbe provarci con te? Talvolta ci blocchiamo di fronte a questioni che noi stessi non abbiamo ancora risolto e che temiamo possano riguardarci da vicino.

RISPETTA ANCHE I PICCOLI

«I segreti dei bambini? Sono più preziosi di quelli degli adulti», afferma la dottoressa Malucelli. «Quando si confidano con i genitori, per esempio raccontando delle loro prime cotte, guai a tradirli. I piccoli hanno bisogno di sentire che mamma e papà sono persone affidabili, che rispettano le loro emozioni e non le banalizzano né le sminuiscono. L'errore degli adulti è quello
di considerare i sentimenti dei bambini qualcosa di lieve e passeggero. Ciò che provano invece è spesso molto forte, tanto che loro stessi ne sono spaventati. Ecco spiegato perché è giusto che queste emozioni trovino sempre un'accoglienza adeguata».

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.