Quindici marzo 2011. Ore 17:30. Marghera. Una giornata di pioggia. Passeggiando nei pressi di via Gelain si poteva scorgere quello che mi piace paragonare, per la determinazione e il passo deciso, ad una squadra formiche: una moltitudine di persone che piano piano si infilano in una piccola porticina, uguale a tante altre porticine. Una sala, tante sedie, le formiche sembrano rompere le righe e si apprestano a partecipare a quella che ha tutta l'aria di essere una festa, ma non in onore di qualcuno, una festa dedicata a ognuna di quelle presenze che ha deciso di esserci, che ha macinato chilometri e disdetto appuntamenti, per poter ascoltare la presentazione di un libro, Mal d'amore, scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, formiche per eccellenza. E anche quando il vociare rumoroso dei saluti e delle risate lascia il posto alla voce di Elvira Zaccagnino, presidente delle edizioni La Meridiana, è difficile non poter scorgere nelle sue parole un'emozione autentica, profondamente diversa - come Lei stessa dice - di quando l'autore è un qualcuno di famoso e la platea è composta da ammiratori, spesso ignari del contenuto del testo, magari in cerca di un autografo o di una fotografia ricordo. La platea questa volta conosce bene chi ha scritto il libro - Paola e Francesco, non Scalari e Berto - e sembrano accorsi li per poter ancora una volta godere e gioire al cospetto del loro nuovo figlioletto, nato però non da l'unione esclusiva di due menti, quanto da il lavoro e le riflessioni fatte con ognuno dei partecipanti.
Mal d'amore, è il titolo del testo, e anche questo sa di casa, "chi di noi non ha mai sofferto per amore?" domanda sarcasticamente la presentatrice? Ed ecco come, a testimonianza della sinergia emotiva che è richiesta ad ognuno per potersi affacciare al tema, due ragazzine, leoni tra le formiche, intonano alcune canzoni che lasciano nell'aria domande, affermazioni, sensazioni vive: "no ho difese ma ho scelto di essere libera ..." "avrai cura di tutto quello che ti ho dato?" "che cos'è l'amor? Chiedilo al vento ...".
Mal d'amore è un titolo che lascia il posto a diversi scenari e rappresentazioni, uno spazio vuoto che ognuno dei lettori, può riempire istintivamente con le vicende della propria vita, a dimostrazione che non esiste un'eziologia scatenante la crisi, ma tutto ci riporta al concetto di relazione, di due, di entità che si trovano e che ricercano una progettualità, una vita per sempre insieme, un matrimonio come preludio alla costruzione di una famiglia, alla nascita di bambini, testimonianza in carne ed ossa del loro amore. Ascoltando le parole dei relatori che hanno presentato questo libro, si è ben delineata, quale sia l'area critica entro la quale la coppia entra in un reale pericolo esistenziale, e in cui la sofferenza si nasconde e esplode in modo deflagrante: lo scontro tra il mondo della teoria e quello della pratica, dove l'altro non è solo l'uomo o la donna della vita, ma anche un individuo con le sue ombre e fragilità così diverso dalla persona che pensavamo, e dove il figlio non è solo il prolungamento vivente, ma anche un individuo originale da lasciare libero di essere ciò che vorrà , non cedendo alla tentazione di legarlo in modo asfittico.
I tre relatori che hanno presentato il testo, hanno voluto analizzare, ognuno con le sue peculiari competenze, queste diverse sfaccettature delle vita amorosa, tanto di coppia che genitoriale: diverse voci fuse all'unisono in una visione d'insieme più ampia, diversi capitoli di uno stesso libro.
La dott.ssa Aurelia Galletti, presentatasi come psicosocioanalista e psicoterapeuta, ha iniziato il suo intervento prendendo in esame, in nome della sua prima formazione, il capitolo riguardante la sessualità. Si è detta entusiasta anche solo per la presenza di questo argomento che troppo spesso viene lasciato sullo sfondo, mentre è proprio qui che spesso la coppia gioca una parte importante della sua storia. Lo sguardo psicosocioanalitico che accomuna la relatrice agli autori, fa si che la sfera erotica, terreno dove per eccellenza la coppia si dovrebbe mettere a nudo l'uno di fronte all'altro diventando reciprocamente strumento e destinatario del piacere che nasce dalla fusione dei corpi, sia analizzata senza falsi moralismi come il luogo dove le strutture psichiche di ognuno entrano in scena in maniera inequivocabile. Il mal d'amore, in questo senso si manifesta con l'impossibilità di affrontare a pieni polmoni quell'esperienza creativa che tenta, per sua intrinseca natura, di abbattere le difese e le stereotipie reciproche. Le emozioni e i legami affettivi costitutivi le parti più arcaiche di ognuno, si incontrano e si scontrano, amplificate da quel valore sociale e morale che fa diventare il sesso un metro del valore personale. Il merito di questo libro, dice la dott.ssa Galletti è proprio quello di descrivere con chiarezza ed incisività, la potenza generatrice e de-generatrice di queste dinamiche, che spesso non negoziate e nascoste dal pudore, manifestano in modo tangibile il malessere della coppia.
In un gioco di ricostruzione dinamica del testo, l'intervento della dott.ssa Antonella Magaraggia, ci trasporta all'ultimo capitolo, che lei stessa definisce come suo terreno peculiare di lavoro, nella sua esperienza di Giudice del Tribunale Minorile. Partendo dal titolo, "Dalla parte dei più deboli", la relatrice ha illustrato i molti casi, dove il mal d'amore si trasforma in sofferenza tangibile soprattutto per i figli, che rimangono in qualche modo "incastrati" nelle maglie dei meccanismi malati dei genitori. Questi bambini e ragazzi, nati e cresciuti in un ambiente immobile spesso sono inevitabilmente protagonisti di storie difficili, quando vengono a contatto con un mondo sociale che impietoso svela i loro disagi, che si trasformano spesso in patologie infantili e che continuano a mettere inesorabilmente in scena le dinamiche evolutive. In questo scenario, il lavoro del Giudice Minorile, si insinua nel vissuto della famiglia e del ragazzo, per tentare di trovare della strategie di "salvataggio" che diano al minore la possibilità di una nuova strada; in questo senso è stata sottolineata l'importanza di figure professionali come l'educatore domiciliare o appunto lo stesso giudice, che hanno la possibilità di entrare nel vivo della vita della famiglia e del ragazzo dando forma ad una rete sociale capace di trovare delle soluzioni (a volte dal carattere anche molto deciso) salvifiche per il minore. La testimonianza della dott.ssa Magaraggia ha messo in evidenza come anche il suo ruolo, sulla carta immaginato come più istituzionale che sociale, non possa prescindere dalla consapevolezza di essere un anello con una responsabilità educativa molto importante.
Come ponte di congiunzione tra questi due mondi ,in nome del suo duplice ruolo nel mondo sociale (Psicoterapeuta, assistente sociale e giudice onorario), l'ultimo intervento della dott.ssa Lia Chinosi, ha voluto passare in rassegna i temi principali che attraversano il libro, con un'estrema attenzione a quell'ottica squisitamente clinica di cui le parole di Scalari e Berto sono imbevute. La dott.ssa Chinosi conduce la platea in una rivisitazione globale delle pagine del testo, prendendolo in esame dalla fine all'inizio e dall'inizio alla fine, mettendo al centro dal suo intervento proprio l'aspetto più fortemente affettivo, riconoscendo agli autori la loro abilità a mettere sul piatto tutta una serie di sfumature emotive, in un continuum che va dal positivo al negativo, dal normale al patologico,dal controllo totale alla libertà assoluta. Ed è proprio in relazione a questo infinito prisma che nascono le relazioni interpersonali, in un gioco di proiezioni e introiezioni più o meno consapevoli, che attivano in ogni individuo delle particolari difese e modelli di negoziazione. A testimonianza di come sia proprio l'arroccamento e la rigidità stereotipica ciò che non permette alle parti di entrare in relazione, sopportando anche le frustrazioni che la presenza dell'altro ci impone, la dott.ssa Chinosi ha voluto raccontare agli uditori l'aneddoto di sua figlia, quando da piccola costretta a seguire la madre ad una riunione di lavoro, si mette a disegnare un fiore, il fiore dell'amore, di cui ognuno dei petali ne descrive un aspetto fondamentale. In mezzo ai valori più comunemente usati per descrivere il concetto di amore, la bambina introduce quello della FINTEZZA, e alla mamma divertita da quello che sembrava essere un neologismo privo di senso, lo descrive come il sentimento "che provo quando ti odio, ma non te lo posso dire", delineando in maniera inequivocabile quella tensione al sacrificio necessario di alcune parti di sé, essenziali per poter mantenere saldo un rapporto duale maturo. Come a dire un po' di fintezza è necessaria perché la coppia senta che ciò che li lega è un qualche cosa di autentico.
L'intervento dell'ultima relatrice lascia infine la parola agli autori, che lasciano la loro sedia di spettatori per poter incrociare gli sguardi della platea, e come spesso ci hanno abituato sintetizzano la moltitudine di pensieri individuali utilizzando delle parole estremamente semplici e dirette, quelle dei bambini, capaci di descrivere la sofferenza del legame affettivo, in modo disarmantemente efficace, veri esperti del mal d'amore.
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