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Commenti

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LA REPUBBLICA DAL 1984


13 settembre 2011 - pagina 33 sezione: SALUTE

Dopo mesi di vacanze e ritmi liberi si rientra in classe, tra i banchi per ore, con mattinate scandite da campanelle e cambi di lezione. Per molti si aggiunge l' ansia - ma anche l'eccitazione e la curiosità - per il passaggio da un ciclo di studi all'altro, con nuovi compagni e insegnanti. Tante emozioni diverse e la necessità di ricominciare a concentrarsi sullo studio. Come aiutare piccoli e meno piccoli a ritrovare il giusto ritmo? «Insegnanti e genitori sono ovviamente le figure di riferimento - premette Paola Scalari, psicologa e psicoterapeuta, esperta di rapporti familiari - ma non è un compito facile. Per i docenti è spesso difficile catturare l' attenzione dei bambini del terzo millennio, dei ragazzini tecnologici di oggi e, ancor di più, degli adolescenti iper-stimolati da internet.

Bisogna percorrere altre vie per suscitare quell'interesse che matura la capacità di concentrazione.

La strada migliore credo sia quella di una scuola attenta alle emozioni degli alunni, che formi e non solo istruisca. Per un ragazzo sentire che quello che dice "conta", scatena capacità di attenzione e passione.

Naturalmente bisogna tener conto del fatto che i ragazzi non riescono a seguire per un tempo infinito: quindi spiegare per venti minuti, poi lavorare su quello che si è spiegato con verifiche e discussioni, esperimenti, giornalino, manifesti, attività di ricerca in gruppo.

Sono le modalità di comunicazione che devono cambiare, perché tutte le attività, anche cantare o andare in palestra, richiedono un' attenzione, che è comunque limitata». Poi, ovviamente, bisogna rendere il sapere avvincente e appassionante, con lezioni chiare e ben costruite, competenza e partecipazione. Cosa che - però - può anche non accadere.

«In questo caso - continua Scalari - bisogna spiegare ai figli che spesso occorre rassegnarsi a fare qualcosa per obbligo, un insegnamento che varrà anche in futuro».

E i genitori? «Devono trasmettere ai figli di qualunque età la convinzione dell'importanza della scuola - continua l' esperta - e condividere con i figli conquiste, sforzi e progressi. I genitori devono aiutare i figli a mantenere l' impegno di studiare, senza però sostituirsi o affiancarli: il bambino è tenuto a decodificare il suo diario e ad organizzare il suo studio.

E se all'inizio non ce la fa, imparerà a poco a poco, come un atleta nel tempo corre più forte, modula il fiato e irrobustisce i muscoli. Anche la concentrazione è questione di allenamento».

Detto questo, ci sono però dei "trucchi" per aiutare i figli a concentrarsi. E si comincia garantendo un ambiente sereno, senza tentazioni e interruzioni, gratificandoli con una merenda condivisa per fare due chiacchiere e il controllo finale del lavoro svolto.

«Eviterei il gioco della carota e del bastone - conclude Scalari - niente premi o punizioni, per aiutarli ad accrescere il senso di responsabilità proporzionale all'età.

E poi, è fondamentale l' alleanza scuola-famiglia, per concordare il piano di lavoro a casa e individuare i punti di forza del proprio ragazzo». - (e. nas.)

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.