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I coniugi possono separarsi, ma genitori si resta per sempre: «Adulti, ricordate: prima ci sono i figli»

Scalari: «Avere due genitori non è solo un diritto per legge, è un'esigenza della psiche»

Coniugi si può smettere di esserlo, ufficialmente e legalmente, ma genitori no, E la genitorialità significa avere un padre e una madre, Per cui quando una famiglia si scioglie, non può sciogliere la relazione fra i due ex coniugi come genitori verso i figli.

E' questa la regola, semplice e drastica al tempo stesso, da ricordare e mettere in pratica quando una famiglia scoppia e quando due genitori separati devono "gestire" dei figli, E soprattutto bisogna ricordarsi che la guerra fra due ex coniugi ha come prima vittima i figli.

A ricordare tutto ciò è Paola Scalari, psicologa e psicoterapeuta, autrice di numerosi libri, tra cui due che hanno a che fare direttamente con il tema delle separazioni: "Fili spezzati", un ausilio per i genitori in crisi, che suggerisce come parlare con il proprio bambino, e "Mal d'amore", che riflette su come gestire la coniugalità in funzione dei figli.

Lo spunto è, ancora una volta, la vicenda del bambino di Cittadella, conteso fra la mamma e il papà, su cui i mass media non hanno ancora spento i riflettori, «Televisioni e giornali - afferma Paola Scalari, hanno cavalcato questa vicenda, amplificandola e deformandola, E proprio il fatto che i media l'abbiamo strumentalizzata, inducendo a parteggiare per l'uno o per l'altro genitore, mi fa dire che è invece necessario ricentrarci sul bambino e sulle sue esigenze».

Il bene del bambino va al primo posto: «Avere due genitori non solo è un diritto per legge, almeno in Italia - precisa la psicologa - ma è anche una esigenza psicologica, perché i figli nati da unioni conflittuali, dove uno parla male dell'altro, rischiano la "spaccatura" della mente».

Se i coniugi insistono nella loro guerra, le conseguenze possono essere pesanti: «Non è come se il genitore fosse morto davvero, perché se tu parli bene del papà morto, il figlio avrà un papà meraviglioso; se la mamma è morta e tu gli parli bene della mamma che lo ha tanto amato, certo, il bambino soffrirà per la sua assenza, ma non c'è malattia mentale, Mentre, il fatto che si sia esposti a una guerra di quel tipo, è un rischio per la mente, Per cui quel bambino di Cittadella - e tutti quelli come lui, che vivono questa alienazione e questa situazione di dover parteggiare per una parte o per l'altra e che vengono usati nelle guerre private fra i due coniugi - hanno bisogno di tutela».

Tutela che può anche voler dire, nell'estrema necessità, un intervento di forza: «Per quel bambino - chiarisce Paola Scalari - il trauma non sarà l'allontanamento, pur fatto in maniera maldestra dalle forze dell'ordine: il vero trauma non è quello. A volte, per mettere in salvo qualcuno, devi pure strapparlo: se vedi cadere uno nel burrone, devi portarlo via dal precipizio, anche strattonandolo. Il vero trauma, per il bimbo di Cittadella, è questa lotta continuata, aggravata dall'uso strumentale dei mass media».

 

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.