La psicologa Scalari: Si resta attivi grazie all'interesse verso gli altri
La psicologa: "Siccome sono arrivati a una meta importante, la saggezza degli anziani è di essere appacificati dalla vita e di trasmettere attorno a loro benessere, positività e soddisfazione, Guai a lamentarsi sempre"
"Dite alle persone che vi sono care 'Vi voglio bene', Se in gioventù o un po' d'anni fa, per pudore, non l'avete fatto, fatelo adesso"
Relazioni, piccole mete, positività: sono questi i tre mattoni che consentono ai grandi anziani di dare qualità ai propri anni.
Lo sottolinea la psicologa Paola Scalari. D'altro canto, oggi si arriva sempre più numerosi alla tarda età, cioè a superare gli 80, gli 85, anche i 90 anni. L'alimentazione, la sanità e le relazioni sociali sono migliorate in questi decenni e il risultato è l'allungamento della vita.
"Ma molto dipende - afferma Paola Scalari - da come ci si arriva, alla quarta età, e dalla qualità di questo tratto di vita. Perché inevitabilmente il corpo ha delle sue sofferenze. Si rompono dei pezzi della 'macchina' fisica e una una gran parte del lavoro che l'anziano deve fare è prendersi cura del proprio corpo. E questo prendersi cura implica una rete di relazioni. Quindi, la salute e il benessere dell'anziano dipendono dalla rete di relazioni entro cui è inserito".
Non pretendere che i figli siano sempre pronti. Siccome l'anziano ha dei bisogni, bisogna distinguere fra chi si prende cura di lui: "C'è chi lo accudisce e chi lo ringiovanisce", precisa la psicologa. "La pretesa non può essere che figli e nipoti si occupino dei genitori e dei nonni, perché la vita di oggi non consente loro di avere il tempo necessario. E pretendere di essere accuditi e seguiti solo dai parenti più stretti genera spesso insofferenza e rabbia".
Perciò ci sono gli 'accudienti', termine che per Paola Scalari è più garbato e preciso di 'badanti': "Sono persone in grado di creare una relazione di intimità con l'anziano e di occuparsi delle cose materiali e corporali: curarne l'alimentazione, portarlo dal medico, seguirlo nel prendere le medicine ...".
Ma l'accudiente non basta: «Questo non rende vitale la vita. La vitalità dipende dalle relazioni affettive, quindi familiari. La famiglia, pur non dovendo per forza svolgere un compito di accudimento, deve dedicare del tempo. Una telefonata, una visita, dei minuti trascorsi con affetto ringiovaniscono l'anziano».
Poi ci sono le reti amicali: quelle della Chiesa, per esempio, sono ottime a questo scopo. "Gli anziani non si muovono, ma se uno ha fatto parte in maniera significativa di una realtà ecclesiale, la comunità religiosa è in grado di restituire il bene che l'anziano ha dato, andando a trovarlo, con il sacerdote, i ministri dell'Eucaristia, gli amici dei gruppi ... ".
Relazioni, appunto, ma anche piccole mete da coltivare: "Aiutiamo l'anziano a fare dei progetti - suggerisce Paola Scalari - anche piccoli. Non potrà farli a lunga distanza, perché si rende conto che la vita può interrompersi; ma vedere il nipote che si laurea, l'altro che torna da un soggiorno di studi, il terzo che si sposa ... fa bene. Se tu aspetti una meta, questa ti tiene in vita ed è un balsamo per la tua esistenza".
Oggi potete dirlo: 'Vi voglio bene'. E poi, signori anziani, positività: "Siccome sono arrivati a una meta importante della vita, la loro saggezza è di essere appacificati dalla vita e di trasmettere attorno a loro benessere, positività e soddisfazione. Guai a lamentarsi sempre. Perché è chiaro che l'anziano ha tante mancanze: il corpo lo lascia, a volte la memoria, a volte l'autonomia ... Ma se invece di guardare alla mancanza, guarda a ciò che la vita gli ha dato, restituisce vita. Insomma, può testimoniare di aver vissuto una vita e di avercela fatta pur attraverso le traversie che una lunga esistenza porta con sé",
E infine, libertà nell'espressione degli affetti: "Dite alle persone che vi sono care 'Vi voglio bene'. Se in gioventù o un po' d'anni fa, per pudore, non l'avete fatto, fatelo adesso. Ditelo: 'Vi voglio bene, ti voglio bene ... '. Anche voi vivrete meglio i vostri anni estremi".
Giorgio Malavasi
"L'anziano è anziano, ma non è mica stupido: sente se quelle mani che lo toccano e che lo sorreggono sono affettuose o infastidite": la psicologa Paola Scalari spiega anche così qual è la controprova di un aiuto dato volentieri e proficuamente, oppure no, ai nostri grandi vecchi. "I giovani devono valutare qual è la loro disponibilità, che cosa sentono di voler regalare, donare gratuitamente alla vecchia generazione. La generazione giovane faccia tanto in quanto è in grado di fare con gioia, leggerezza e amorevolezza. Il sacrificio per chi si ama lo si fa volentieri e non pesa se lo si fa con cuore generoso, perché si è contenti di veder contento l'altro. Ma nel momento in cui l'aiuto produce insoddisfazione, risentimento e rabbia, si metta uno stop e si rivaluti cosa fare".
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