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NATALE: VIVA IL RITO

I riti, dice la psicologa Paoli Scalari, sono un valore aggiunto: creano sicurezza e senso di appartenenza alla famiglia.

 

«Questo, per Natale, è l'obiettivo: fare delle cose, ripeterle, farle diventare rito. E non isolarsi, ma aprirsi ad una rete di relazioni»

 

«Questo è il Natale: è la condivisione di una storia di trepida attesa e speranza »: lo sottolinea la psicologa veneziana Paola Scalari, che suggerisce alle famiglie unite e a quelle in crisi, alle persone oggi serene e a quelle tristi come vivere meglio la festa.


Scalari: «Affinché il Natale rimanga nella memoria dei bambini come un momento magico, serve che ogni anno si ripetano delle cose, che si fissano nella memoria e creano una base emotiva che sarà trasmessa alla generazione successiva»

Questo è il Natale: è la condivisione di una storia di trepida attesa e di speranza». Sono parole che potrebbero uscire dalla bocca del teologo, ma che si attagliano bene anche allo psicologo. Natale, d'altro canto, è una storia di relazione: quella di Dio con gli uomini e, di conseguenza, quella degli uomini tra di loro.

Paola Scalari, psicologa e psicoterapeuta, suggerisce come vivere bene, in famiglia, il tempo della preparazione al Natale e i giorni della festa. In realtà, oggi che la famiglia fatica ad essere tale e in tante circostanze è indebolita e frantumata, anche l'occasione del Natale non può che essere vissuta in maniera diversificata.

Il rito, patrimonio della festa. Anzi, è saggio "disegnare" questo tempo sulla propria "taglia" proprio per evitare che un momento carico di fascino e di magia produca effetti contrari.

Semplificando e generalizzando, due sono le condizioni di partenza: quella della famiglia unita e quella (vedi sotto) delle persone che soffrono la crisi o il fallimento del progetto familiare.

Per chi può godere il piacere di una famiglia, l'Avvento e il Natale sono occasioni per rafforzare le relazioni e la loro qualità. Lo strumento principe, secondo la psicologa, è il rito.

Che si tratti del presepe, dell'albero con le palline colorate, del pranzo dai nonni nel giorno di festa, la ripetizione, di anno in anno, di certe azioni produce un grande vantaggio: «I riti - spiega Paola Scalari - sono un valore aggiunto, perché sono la base della sicurezza, della tradizione, creano un senso di appartenenza. E, se la famiglia è il tema centrale del Natale, i riti della famiglia fondano il senso di appartenenza alla famiglia stessa».

Senza attesa il regalo non conta. Non è importante cosa si fa, è importante che i riti ci siano: «Perché non contano quattro regali messi là, occorre tutto il resto; altrimenti tanto vale non farli, i regali, perché non è quello il senso della festa. Il Natale è, appunto, la condivisione di una storia di trepida attesa e di speranza».

Anche la frustrazione del dono mancato educa. In una casa in cui ci sono dei figli piccoli, «c'è e va coltivato il piacere di preparare, di condividere la preparazione della festa, di far sentire ai bambini che se saranno buoni riceveranno dei regali, ma anche che, se non riusciranno a ricevere tutto quel che desiderano, è perché Babbo Natale ha tanti bambini da accontentare»

Emergono due principi educatìvi, secondo la psicologa veneziana: «Il primo è attendere e metterci del proprio per raggiungere uno scopo; il secondo è aspettarsi anche la frustrazione perché non è possibile avere tutto quello che si vuole».

Un ambito educativo di eccellenza, dunque, il tempo di Natale, che si incentra sulle relazioni. C'è tempo, d'altronde, per investire nelle relazioni tra genitori e figli, nonni e nipoti...: «La festa è dei bambini - riprende la psicologa - per cui la priorità è stare con i bambini. Ragion per cui, se la mattina di Natale il bambino trova i doni sotto l'albero, il genitore deve avere almeno un'oretta per giocare insieme al figlio con quei giocattoli. Montargli il trenino, la casetta della bambola, giocare insieme al videogioco...: perché altrimenti che senso hanno quei giocattoli? Il loro valore aggiunto è il giocarci insieme, è la relazione tra genitore e figlio».

Fare delle cose, ripeterle... Poi, appunto, ci sono i riti: «Può essere quello che, il pomeriggio di Natale, il papà porta al cinema i bambini, o che due famiglie si accordano per andare a vedere un film, o tante altre cose... Questo è l'obiettivo: fare delle cose, ripeterle, farle diventare rito e non isolarsi, ma aprirsi ad una rete di relazioni. Affinché il Natale rimanga nella memoria dei nostri bambini come un momento bello e magico -conclude Paola Scalari - è importante che ad ogni Natale si ripetano delle cose, che così si fissano nella memoria e creano una base emotiva che poi verrà trasmessa alla generazione che seguirà».

Una famiglia nei giorni di Natale. Attesa, speranza e condivisione sono le parole chiave di questo tempo speciale dell'anno. Esserne consapevoli significa anche mettere in atto delle azioni per vivere meglio il Natale

Giorgio Malavasi

 

Per gli adulti tristi, il consiglio della psicologa: «Non vergognatevi di chiedere aiuto. A Natale cercate un posto dove stare con gli altri»

 

Persone sole o con la famiglia in crisi: «Prima di tutto abbassare le aspettative sulla festa»

Ma c'è anche la famiglia in frantumi, ci sono gli adulti in difficoltà con se stessi e con gli altri. E ci sono i bambini contesi fra genitori separati, spesso in viaggio fra una casa e l'altra. Per tutti loro il Natale può essere una fatica, a volte anche un'insidia pericolosa, un acceleratore di sofferenza.

Saltare Natale a pie pari? Ci sono poi le famiglie lacerate non dai dissidi, ma dai lutti: ci sono i vedovi, le vedove, le persone rimaste sole non per loro volontà...

Questi sono i casi di chi vorrebbe saltare a pie pari il Natale, perché il giorno della festa mette di fronte all'assenza di quella piacevolezza e di quel presepe domestico che si desidera e che riempie l'immaginazione.

«Il tentativo, in tutti questi casi - suggerisce la psicologa Paola Scalari - è darsi da fare per riuscire a ricreare un po' di armonia. In prima persona se, purtroppo, si è in questa condizione; aiutando un'altra persona, se si conosce chi è in difficoltà».

Per esempio: «E' un balsamo, per il bambino figlio di genitori separati, se sente che mamma e papà condividono quel momento e sono contenti che, magari, il figlio stia con i nonni paterni, ma la mamma potrà fare una telefonata, mentre i nonni diranno "vai, vai dalla mamma a farle gli auguri". Sarà un tocco salutare di armonia, non di separazione».

Per gli adulti in crisi, e per il loro intimo rapporto con il Natale, due sono i consigli: «Il primo è lavorare su se stessi per abbassare l'aspettativa sul Natale».

A Natale il tempo prende senso con il servizio. Quella magia che mass media, film e tradizione creano - a volta anche enfaticamente e artificiosamente - attorno al Natale va moderata. Coltivare un sogno, quando non è possibile realizzarlo, è motivo certo di frustrazione. Meglio mettergli la sordina. Perlomeno non avercelo sempre in testa.

Perché se attesa e speranza sono le due parole che raccontano il senso del Natale, chi non sa cosa aspettare e chi non ha speranza avverte il Natale come doloroso. Per lenire questo dolore e per tramutarlo il più possibile in serenità, Paola Scalari consiglia: «Queste persone non si devono vergognare di essere un po' tristi a Natale e neppure di chiedere un po' di aiuto. La Chiesa, in particolare, è pronta a dare spazi di impegno e di servizio che aiutano a placare i sentimenti di angoscia e a ritrovare equilibrio. So di chi va a dare una mano nelle mense dei poveri, di chi fa altri servizi in parrocchie e patronati, di chi si mette a disposizione per preparare la cioccolata calda da offrire dopo la messa di mezzanotte... Il principio di fondo è: non ti vergognare se ti senti triste, ma cerca un posto dove puoi stare con gli altri». (G.M.)

 

Parola di bambino

La mia famiglia è così (per Natale e non solo)

Le frasi, scritte da bambini delle elementari nei loro temi, sono tratte da "Parola di Bambino, il mondo visto con i suoi occhi" (La Meridiana 2013) di Francesco Berto e Paola Scalari.

  • Il regalo più bello per me sarebbe che mamma e papà tornassero a vivere insieme in pace. Ma non credo che Babbo Natale sappia fare questi miracoli.
  • Come faccio ad obbedire a due genitori che alla sera se ne vanno a ballare o al cinema e mi lasciano a casa da sola con una nonna mezza zoppa, mezza cieca, mezza sorda e con le vene varicose alle gambe? Se vengono i ladri come fa a difendermi?
  • Quando sono nato io è nata anche la mia famiglia.
  • Famiglia vuol dire una mamma, un papà e dei figli che stanno insieme senza far niente.
  • Famiglia significa avere due genitori che brontolano perché è sempre tutto sporco, perché in casa c'è tanto da fare, perché sono troppo occupati ad aiutarmi a fare i compiti di scuola e che alla fine spendono tanti soldi in medicine perché hanno l'esaurimento nervoso.
  • Nella mia famiglia, a cominciare dal più piccolo per finire al più vecchio, siamo tutti dei "rompi" e, a furia di rompere, abbiamo ridotto la famiglia in pezzi. Adesso nessuno è più capace di aggiustarla.

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.