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 nostrofiglio

Come crescere fratelli uniti, 4 principi GUIDA ai genitori

di Marzia Rubega

Non intervenite durante i litigi, quando uno dei due picchia l'altro imparate a 'contenerlo' con calma, accettate gli eventuali regressi e assecondate la complicità. Questi i 4 principi che dovrebbero guidare i genitori nella crescita di fratelli e sorelli uniti secondo la psicoterapeuta infantile Paola Scalari

La conflittualità tra fratelli e sorelle è inevitabile ma positiva - e non dovrebbe suscitare ansia ai genitori - poiché è una palestra di vita per stabilire buoni rapporti con gli altri. A sostenerlo è Paola Scalari, psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, autrice di numerosi saggi (sul tema ha scritto con F. Berto, Essere fratelli. Scontri e incontri, Armando Editore).

La classica gelosia tra i figli (maschi o femmine, non importa) nasconde la difficoltà di accettare che il rapporto con mamma e papà non possa essere unico ed esclusivo.

Tutto nasce da un desiderio di possesso: ogni figlio non vorrebbe 'dividere' i genitori con il fratello o la sorella ma non può prendersela con loro, quindi 'sfoga' le sue emozioni verso l'altro/a. La tipica competizione nel quotidiano, dunque, come spiega la psicologa Scalari, scatta proprio per questa ragione più profonda ed è bene tenerlo a mente.

In altre parole, i litigi sono fisiologici e non sono un segnale di scarso affetto tra fratelli: anche quando si punzecchiano (quasi) in continuazione, di fatto si vogliono bene.

Tuttavia, mamma e papà possono favorire lo sviluppo di una buona relazione tra fratelli e sorelle, e farli crescere uniti, evitando alcuni comportamenti che invece possono allontanarli. Ecco quattro consigli 'guida' per evitare gli errori più comuni.

1 Non intervenire quando i bambini litigano

Secondo la psicologa, è molto importante lasciare che fratelli e sorelle risolvano da soli i loro conflitti. “I bambini trovano le loro misure e l'intervento a favore di uno o dell'altro contribuisce invece ad aumentare la gelosia. Ma anche punire tutti nello stesso modo non è una buona strategia perché è percepito come ingiusto”, dice Paola Scalari.

Un errore molto comune tra i genitori è poi quello di agire da giudici imbastendo una sorta di processo, che va avanti all'infinito, per stabilire chi ha iniziato la lite. Un atteggiamento del genere è controproducente e non porta a nulla. Dal punto di vista dell'esperta, l'approccio migliore è invece invitare i figli a cavarsela da soli cercando un accordo e riferendolo, poi, all'adulto.

2 Quando un bambino picchia il fratello o la sorella, cercate di calmarlo con tono tranquillo e senza mai urlare

Se un figlio usa spesso le mani contro l'altro/a significa che è davvero arrabbiatissimo e si sfoga contro il più debole. Attenzione, però, non significa che non voglia bene al fratello o alla sorella, in realtà la sua rabbia potrebbe essere verso mamma e papà.

Al momento, di fronte all'episodio concreto, è opportuno invitare il bimbo che dà le botte al fratello a sospendere quello che sta facendo e calmarlo parlando in tono tranquillo.

“Non serve dirgli 'non devi fare così' ma è molto importante mostrare comprensione e contenerlo con modi pacati. Non si risponde mai alla rabbia urlando”, sostiene la psicologa.

Quando la situazione si ripete spesso, secondo l'esperta, il genitore dovrebbe interrogarsi e mettersi in discussione poiché l'azione violenta è sintomo di paura e angoscia di abbandono.

“Il bambino violento è spaventato a morte dall'idea di 'non essere visto' e dà la colpa a qualcuno, al fratello o alla sorella - spiega Paola Scalari. Questo può capitare perché non è stato aiutato a sufficienza nella sua evoluzione e ha bisogno di stare più tempo insieme ai genitori”.

E' fondamentale rassicurarlo e aiutarlo a superare la paura che i genitori spariscano.

Un buon modo per farlo è chiacchierare con lui, andare a prenderlo a scuola una volta in più e condividere tempo e giochi.

“Fino alla fine della primaria, il gioco e le fiabe, da leggere insieme ad alta voce la sera, sono strumenti efficaci e preziosi per stemperare queste emozioni di ogni bambino”, dice la psicologa.

3 Fare le stesse cose del fratello o della sorella per un periodo è positivo: aiuta a sviluppare l'empatia

A volte, per la psicologa, sono proprio le osservazioni e gli interventi inopportuni dei genitori a dividere i figli. Se il maggiore, per esempio, che magari frequenta già le medie, si mette a giocare con il fratellino (o sorellina), non è bene dire una cosa tipo: “Ma tu sei ormai troppo grande per questo gioco!”.

In modo analogo, se il bambino chiede ancora biberon e ciuccio - ormai abbandonati da tempo - o di dormire accanto alla mamma perché vede farlo il fratellino o la sorellina, non deve essere un problema.

In genere, atteggiamenti simili, in cui il bimbo sembra tornare più piccolo, indicano che quei progressi gli sono costati molta fatica.

“Questi episodi di regressione sono una grande occasione di ri-sperimentare una situazione ma non significa perdere le competenze già acquisite - spiega la psicologa Scalari. Tornare indietro, semplicemente, rinfranca un po' il bambino, ed è una sorta di terapia, quindi è bene lasciarlo fare”.

Dopo un po', per aiutarlo (senza ansia) a riconquistare le sue abitudini, è sufficiente sostenerlo con un atteggiamento sereno e positivo. “Riccardo, mi sa che il gelato, in fondo, ti piace di più del latte nel biberon, eh... perché tu sei grande!”.

In ogni caso, è un segnale positivo, spiega la psicologa: “Immedesimarsi nel piccolo è un modo per capirlo. Di fatto, mettersi al posto dell'altro vuol dire provare empatia: un bimbo di tre-quattro anni lo fa concretamente”.

Anche nel caso contrario quando è il bambino più giovane a voler imitare il grande, non è corretto bloccarlo subito perché è 'piccolo'. Secondo la psicologa è invece appropriato incoraggiare questi momenti. “Bene, mi piace che giocate insieme, ecco qui delle penne per te anche se non sai ancora scrivere!”.

4 Asseconda la complicità dei tuoi figli e non osteggiarli quando fanno 'banda'

Nella relazioni tra fratelli o sorelle, arriva un momento in cui i figli si 'coalizzano' contro i genitori, nonostante, magari, la differenza di età. E' tipico il caso di nascondere le marachelle: “Prendiamo insieme un altro pezzetto di cioccolato!”, “Diciamo alla mamma che il vaso l'ha rotto il gatto”...

“Fare fronte comune diventa una sorta di colla, e getta le basi di quella solidarietà che dura tutta la vita – spiega la psicoterapeuta Scalari. E' fondamentale non osteggiare questi comportamenti, al contrario, i genitori dovrebbero leggere la creatività dietro a tutto ciò, in base all'età dei bambini”.

Se a metà della scuola primaria, per esempio, i figli preparano dei cartelli perché desiderano un computer, si tratta di una 'sommossa' positiva. Anche in seguito, quando sono più grandi, fratelli e sorelle possono mettersi insieme per ottenere un permesso speciale o una particolare concessione. Questo senso di complicità dovrebbe essere assecondato perché è parte positiva della relazione tra figli.

Assolutamente da evitare invece una sorta di 'spartizione' tra mamma e papà nell'accudimento dei figli che non crea solidarietà: “Tu ti occupi del piccolo e io del grande!”. Certo, è possibile fare a turni, ma mamma e papà devono condividere insieme ogni aspetto dell'educazione e della vita dei figli.

Questo significa essere presenti ma senza preoccuparsi troppo dei 'normali' conflitti quotidiani: “il fratello è il testimone privilegiato della vita dell'altro, non è paragonabile all'amicizia, e il legame resta tale anche attraverso emozioni diverse o contrastanti”, conclude Paola Scalari.

 

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.