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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
  • Emanuela ha scritto Altro
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    Chi è Educatore ha espresso... Sabato, 23 Novembre 2013
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    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

Che bella la vacanza! Risate e coccole, ma anche l’occasione in cui gli adulti sono messi alla prova. Tranquilli, ogni capriccio ha una via d’uscita

di Angela Bisceglia

 

MODA

Rifiuta di mettere i nuovi sandali
Sono così belli, così puliti, così colorati, ma non li vuole. Come convincerla?

  • Due domande per inquadrare la questione: chi ha scelto le scarpe? E davvero calzano bene? Un acquisto “imposto dall’alto”, magari per ragioni di convenienza, rischia di portarsi dietro infatti anche qualche problema di comodità!
  • È sempre meglio andare a scegliere le scarpe insieme al bambini: selezionati i modelli adatti, misurarli. Poi va lasciata a loro la scelta tra le proposte.
  • Un discorso diverso va fatto se il rifiuto dei sandaletti scatta a casa: «Allora è giusto insistere: una volta scelti e comprati li deve mettere, magari alternandoli con altre scarpe che ha già. La prossima volta starà più attenta», ragiona Paola Scalari, psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva a Venezia. «Nella fase di negoziazione iniziale, i bambini devono poter scegliere e partecipare alla trattativa; una volta presa la decisione, però, non è più tempo per i ripensamenti».

 

GIOCO

Non esce mai dall’acqua
Che sia mare, piscina o piscinetta gonfiabile, ogni volta tirarli fuori è una lotta. Per non trasformare ogni tuffo in un infinito tira e molla, ecco quando intervenire.

  • Bisogna mettersi dal punto di vista dei bambini: se l’acqua non è fredda, se il mare è tranquillo, se non c’è vento, perché dovrebbero rinunciare al grande piacere di stare in acqua a schizzare e sguazzare in libertà? «Se fa freddo, saranno loro a chiedere di uscire (nessuno ama soffrire!), se il mare è mosso sono gli adulti a non farli nemmeno entrare in acqua. Ma se le condizioni sono tutte favorevoli e non ci sono pericoli, lasciamoli divertire», spiega Scalari.
  • Possiamo casomai “responsabilizzarli”, dandogli prima tutte le informazioni necessarie per autoregolarsi. Dirgli, ad esempio, di verificare l’aspetto dei polpastrelli: quando sono “arricciati”, si sta fuori dall’acqua per almeno mezz’ora. Se si è in acqua insieme e si può lasciarli senza pericoli per la loro sicurezza, li si può precedere per recuperare l’asciugamano e mettere quindi fine a quella sessione di giochi.
  • «L’importante è condividere le decisioni e, una volta stabilite, farle rispettare. Senza richiami e urla dalla spiaggia, che sono antipatici sia per il bambino che per chi guarda», aggiunge la psicologa.

 

AUTO

Chiede sempre “Quanto manca?”
Si è in auto solo da mezz’ora e già parte il tormentone. Ma se il viaggio da fare è lungo, conviene correre subito ai ripari, con una strategia collaudata.

  • Mentre i genitori davanti chiacchierano o ascoltano musica, già rilassati e in modalità vacanza, un bambino ahimè non sa godersi il viaggio allo stesso modo: per lui conta il “qui e ora” e qui e ora si sta annoiando.
  • «Rispondere al martellante “quanto manca” sembra inutile ed esasperante. Così si sceglie di ignorarlo: invece per prima cosa conviene interessarsi al bambino per far capire che le sue esigenze sono importanti», suggerisce Scalari.
  • «Il passo successivo è individuare una serie di espedienti per distrarlo: giochini preparati per l’occasione, audiolibri, (a prova di mal d’auto) da ascoltare insieme, gare e conte su quanti oggetti di un certo tipo si vedono...
  • Qualche spuntino o cartone sul tablet (senza abbuffate né dell’uno né dell’altro!) aiutano. Se, però, non vuole stare sul seggiolino o tenta di slacciare le cinture, non c’è trattativa: sulla sicurezza non si discute!

Mamma Barbara, 39 anni di Trezzo sull’Adda, (MI) dice: «Mi metto sul sedile posteriore dell’auto accanto a Matteo, 3 anni, a leggergli i libretti. Così riesco sempre a distrarlo».

 

ORARI

Resta alzato fino a tardi
Finché c’era la scuola, si adattava alle regole di casa ma adesso pare che non arrivi mai l’ora giusta.

  • Piace a tutti restare insieme dopo cena, magari a guardare un film sul divano o a far due passi con gli amici, senza l’assillo dell’orologio. «L’importante è che la questione degli orari sia impostata dagli adulti.
    Se il bambino è un po’ più grande, si può negoziare con lui un orario ragionevole, che sia un buon compromesso», dice Paola Scalari, «In questo modo si sentirà coinvolto nella decisione e, giunta l’ora, basterà richiamargli alla mente l’accordo fatto».
  • Sicuramente tenterà di contravvenire alla regola qualche volta, ma sta agli adulti tenere la posizione con fermezza. «Per il bambino è fondamentale vedere la coerenza nel comportamento dei genitori: se scopre che li può manovrare a piacere, farà capricci tutte le sere». E quando si fa più tardi, perché, ad es., si esce a mangiare la pizza? Deve essere chiarito che si tratta di un’eccezione. Che conferma la regola.

Isabella Magrì di Palo del Colle (BA) mamma di Leonardo, 10 anni, e Federica, 4. «È soprattutto Federica a fare più resistenza all’idea di andare a letto all’ora pressata: risolvo, di solito, con qualche coccola in più e la lettura di fiabe extra».

 

EMERGENZE

Esce di casa e già gli scappa la pipì
Non ne ha voluto sapere di andare in bagno prima di chiudere la porta alle spalle. Ma appena ci si mette in moto l’urgenza scatta inesorabile

  • «I bambini non acquisiscono presto il controllo totale dei loro bisogni corporali e non hanno la capacità di farla “a comando”, quindi se mezz’ora prima non ne avvertivano l’esigenza e dopo pare che non riescano più a trattenerla, probabilmente non si tratta di un capriccio», dice la psicologa Scalari.
  • Vale sempre la pena di proporgli, comunque, di andare in bagno prima di uscire di casa, ma senza mettere fretta e lasciandoli seduti un po’ in tranquillità.
  • A volte è anche la scomodità dei bagni pubblici, tanto diversi da quello di casa, a mettere soggezione, ad es., quando ci si sposta in autostrada. Ma se non c’è verso di fargliela fare nei momenti prestabiliti, inutile rimproverarli: l’unica soluzione è munirsi di pazienza e... di vasino e salviette umidificate.
  • Se scappa ma la stazione di servizio è ancora lontana, non c’è che fermarsi ad una piazzola, e assecondare la richiesta, cercando di dare un po’ di privacy».

 

SCUOLA

Si sottrae ai compiti delle vacanze
Se ne facesse almeno una parte prima di partire con la famiglia, per non portarsi zaini enormi e godersi tutti il relax! Sarebbe bello...

  • I compiti dell’estate, così come quelli che vengono assegnati durante l’anno scolastico, dovrebbero essere una prova di autonomia dei bambini, una “faccenda” che è importante imparino a risolvere da soli quanto prima.
  • «Già dalla prima elementare, i bambini dovrebbero provare ad autoregolarsi e ad autogestirsi nel fare i compiti a casa», dice la psicologa. «In vacanza i genitori possono aiutarli ad organizzarsi, ad esempio suddividendo i compiti razionalmente durante l’estate; oppure possono invogliarli a finire in fretta con la prospettiva di partire per le vacanze liberi da libri (al massimo se ne potrà portare uno per i giorni di pioggia) dopodiché la responsabilità di decidere come e quando eseguirli va lasciata a loro.
  • Di sicuro meno gli adulti assillano con la fatidica frase “Fai i compiti!”, più loro impareranno a muoversi in autonomia», consiglia Scalari. Nonostante tutto, non ha aperto libro? Pazienza, se la vedrà a settembre con le maestre!

 

BAGAGLI

Vuole portarsi tutti i giocattoli
Ha cominciato con il peluche della notte, poi metti e metti il sacco dei giochi invade l’auto

  • «Il desiderio di portarsi appresso tutti i giocattoli ha a che fare con l’ansia da separazione, che subentra nei piccoli anche al momento di lasciare la casa per andare in vacanza», fa notare la psicologa. «E la casa per loro sono i giocattoli».
  • L’esigenza dunque c’è, ma va regolata: due-tre giorni prima della partenza gli va data una borsa capiente, da riempire con i giochi che desidera, chiarendo bene che tutto deve stare lì. È importante non agire all’ultimo, per dargli tempo di fare dei cambi.
  • L’importante è mostrarsi comprensivi per il dispiacere che prova all’idea di dover lasciare per alcuni giorni certi giocattoli, senza cedere sul carico totale. «Per “consolare” i bambolotti rimasti a casa, gli si può mettere accanto la foto del bimbo così sentirà di non averli abbandonati del tutto», suggerisce Scalari.

«Mia, 3 anni e mezzo, pur di non mollare gli orsacchiotti se li infila sotto le braccia!», racconta Paola, 45 anni di Milano. «La trattativa è estenuante: alla fine infila sempre in macchina un sacco di giochi e bambole»

 

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.