SETTIMANALE DELLA FONDAZIONE CARPINETUM
ANNO 13 - W 39 / Domenica 24 settembre 2017
La psicologa Paola Scalari: "L'educazione è un processo continuo che deve accompagnare i bambini nella crescita. Ma nessuno educa da solo: impariamo tutti ad accettare il dialogo"
Dottoressa Scalari, prima di tutto: che cosa significa educare?
"Vuol dire accompagnare nella crescita i bambini che si affacciano al mondo. L'educazione è un elemento fondamentale per costruire una convivenza civile. Purtroppo oggi ci sono grosse difficoltà nel capire a quale società vadano condotti i piccoli. Le grandi trasformazioni che stiamo vivendo rendono tutto più complicato".
È indubbio che sia una fase di grande travaglio: si tratta di investire di più sul "patto educativo" tra le cosiddette agenzie educative?
"Patto educativo non significa nulla. È solo una formula linguistica della scuola che è stata inventata per superare il conflitto in atto con la famiglia e che talvolta è anche molto duro".
"Ex-ducere", cioè tirare fuori il meglio dell'altro: come si può fare?
"L'educazione non è un obiettivo, bensì un processo continuo che serve ad aiutare l'altro ad essere se stesso. È un principio che vale per i bambini e i ragazzi, ma anche per gli adulti che sono infragiliti dai cambiamenti
e resi vulnerabili da una società sempre più efficientista e consumistica. Educare è una ginnastica del pensiero per conoscersi davvero nel profondo".
"Gnothi seautòn": la massima greco antica del tempio di Apollo a Delfi resta sempre valida e attuale?
"Bisogna imparare ad ascoltarsi che è la condizione essenziale e la base per conoscere il proprio interiore fatto di vissuti, emozioni e affettività. Tuttavia è fondamentale che tutta la rete di una persona la aiuti a fare questo importante lavoro su se stessa. In fondo educare significa ritrovare l'umano".
C'è una "ricetta" per costruire una relazione stabile e duratura nel tempo tra educatore ed educando?
"L'importante è che ci sia un contatto umano in cui le persone possano dialogare veramente. Quello che conta è che nasca un rapporto significativo perché tra le persone circoli qualcosa di autentico. I ragazzi sono degli specialisti nel capire chi hanno davanti: gli adulti sono chiamati a mettere in campo adultità, competenza, testimonianza. E credibilità, l'unica che permette ascolto e comunicazione. Questo, ben inteso, non significa necessariamente andare d'accordo. Il punto centrale è: oggi sono ancora possibili degli incontri autentici?".
Perché c'è la crisi educativa?
"Perché si sono persi i punti di riferimento. Sono venuti a mancare alcuni pilastri: la religione non è più un bastione sicuro; la cultura non è più un valore in sé perché si è perso il valore dell'apprendimento, tanto che si decide cosa studiare solo in base al lavoro che si farà e a quanto si guadagnerà. Poi c'è la rivoluzione tecnologica che ci interroga su come educare i nativi digitali a essere etici in rete. Soprattutto c'è la crisi della politica che non governa il bene di tutti, ma approfitta del potere: come si può educare al risparmio se le banche vanno in bancarotta? Che esempio danno?".
Cosa rappresentano i segnali di malessere tra i giovani: droga, sballo, ludopatia, sessualità disordinata, baby gang ... ?
"Ci dicono che i genitori hanno fallito nel loro compito educativo. È normale che le persone più fragili possano smarrirsi nelle difficoltà, poi ci si accorge che non hanno ricevuto sufficiente nutrimento cognitivo e affettivo".
Qual è la funzione della famiglia oltre a trasmettere valori e regole?
"Anzitutto la società accetti che oggi esistono tante forme di famiglie. Di fronte ai genitori che non riescono ad assolvere al loro compito non ci si deve chiedere cosa devono fare loro, ma cosa possiamo fare noi per aiutarli. Non si tratta di attribuire loro delle colpe, ma di attivare delle risorse".
Quanto contano i "no" oltre ai "sì"?
"I "sì" devono essere convinti e dunque il concedere dev'essere gioioso, tanto quanto il "no" non deve contenere alcuna forma di dubbio. Dire dei "no" procura frustrazione nell'altro e oggi pronunciare un limite può risultare difficile perché tutti ambiscono al successo, al riconoscimento e all'ammirazione sociale. Ma ci vogliono".
Dottoressa, quale consiglio si sente di dare a tutte le figure educative?
"Non dimentichiamoci mai che nessuno educa da solo. È essenziale creare connessioni nel proprio ambiente. Ed è necessario accettare il dialogo e il confronto che sono diventati sempre più difficili perché tutti pensano di avere ragione, nessuno retrocede e nelle difficoltà ci si lascia. La società è frammentata, ma non ci sono altre strade: solo stando assieme si può affrontare e vincere la sfida educativa".
Alvise Sperandio
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