Ogni cucciolo d’uomo nasce privo di qualsiasi autonomia. Per poter badare a se stesso lo attende un lungo ed impegnativo cammino. È questo un percorso che, sorretto da mamma e papà e da tanti educatori, si fonda sul contenimento dell’anelito che spinge ogni piccino ad arrivare ad ottenere ciò che desidera e a poter fare quello che vuole. Il bimbo, attraverso pianti isterici, capricci irriducibili e gesti inconsulti, reclama che il mondo sia disponibile a soddisfare le sue bramosie.
Educare serve proprio ad accompagnare ogni bimbo a gestire queste pulsioni che premono per avere tutto e subito.
Creare nella mente del piccolo il valore del senso dell’attesa è dunque fondamentale affinché egli possa sostenere i passaggi e i tempi che gli servono per diventare grande. Il bambino deve poter desiderare, sognare, immaginare la realizzazione delle sue aspirazioni, ma deve anche saper sopportare la frustrazione di non realizzare immediatamente ciò a cui aspira.
Educare al senso dell’attesa significa allora rappresentare insieme la prospettiva del domani e l’accettazione della fatica dell’oggi.
È possibile rammentare la bimba che dice “quando sarò grande sposo il papà…” o il ragazzino che afferma deciso “quando sarò grande farò tutto quel che voglio…” quali esempi delle spinte emotive necessarie per andare avanti. La crescita porterà con sé l’abbandono del desiderio di riversare tutte le proprie passioni sul padre. La maturazione farà capire che essere grandi significa proprio saper porre da soli dei limiti alla propria libertà.
Nessuno concepirebbe un figlio se non l’immaginasse meraviglioso, un buon genitore però sa accettare così com’è il bambino che ha messo al mondo.
Senza sogni non c’è progettualità, ma senza la capacità di ridimensionare le fantasie non c’è fattiva operosità.
La vita dunque è un bilanciamento continuo tra illusione e disillusione.
