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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
  • Emanuela ha scritto Altro
    Siamo messi male
    Oh come mi... Venerdì, 05 Dicembre 2014
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    Perchè stupirci?
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    Chi è Educatore ha espresso... Sabato, 23 Novembre 2013
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    Ragazze Invisibili
    Una brutta,... Mercoledì, 20 Novembre 2013
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    Io penso...
    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

Ogni adolescente entra nella pubertà con sorpresa. Ed è impaurito dai segnali che il corpo gli manda, si preoccupa di essere “normale, di poter piacere all’altro sesso, di poter essere ammirato.
L’attesa dello sviluppo sessuale è stata a lungo prefigurata a casa.
“Quando diventerai un uomo.. . Quando avrai la ragazza… sei così bello che chissà quante donne ti fanno la corte…”. Discorsi comuni. Discorsi che diventano pesanti quando il giovanetto si accorge che a lui piacciono i maschi.

Il suo corpo vibra in palestra guardando i compagni, sbircia furtivo i loro corpi, si sente attratto da loro. Eppure una proibizione interiore si fa largo.
Le cose non dovevano andare così.
Nelle orecchie gli riecheggiano gli epiteti scurrili che si pronunciano quando un uomo ama un uomo. Si sente dalla parte di quelli condannati. Poco importa che il movimento gay li voglia liberare dall’oscurità. L’oscurità attanaglia l’adolescente da dentro.


La domanda: “chi sono?” diventa inquietante. La risposta lo spaventa. Sono un omosessuale.
Sarà deriso? Saprà cavarsela? Come dirlo a casa?

Già immagina le scene con papà. Già vaneggia i pianti di mamma. E si sa che spesso le parole sono vere spade che feriscono mortalmente.


Il ragazzo allora mente. Mentre lo fa a casa, fuori casa si guarda intorno per trovare qualcuno che lo aiuti a capirsi. Scopre altri uomini più o meno giovani che lo guardano desiderosi, che si appartano volentieri con lui, che gli fanno capire che lo ammirano.
E prima o poi è magari proprio un uomo adulto che lo inizia alla vita sessuale. Scopre così il piacere, ma vive anche la colpa della trasgressione.


Qualche volta il gioco sessuale invece rimane tra coetanei. Si inizia con una scazzottata, si procede con una lotta fisica, si avanza con una spinta, ma ci si tocca. Ed è quel tocco che elettrizza, dà piacere, appaga.
Così entra nel mondo parallelo degli uomini che amano gli uomini.


Intanto non sa più come tenere a bada mamma con le sue attese di una fidanzata. Magari anche arriva ad accontentarla. E la doppia vita è assicurata. C’è la vita di giorno con l’amica e la vita di notte con i compagni. La scissione è dolorosa.
L’ansia si fa sempre più strada.
Le bugie un giorno non reggono proprio più e il ragazzo ne parla a casa.
E scopre che mamma lo sospettava da sempre, ma che papà non ne vuol proprio sentir parlare. Si sa, agli uomini “veri” l’omosessualità fa paura. Forse perché temono questo lato di se stessi che anche se non è una parte dominante fa parte di loro!

La strada del silenzio li attende tutti e tre. Ma nel silenzio cresce la paura, il rancore, la solitudine. Il ragazzo si sente sbagliato. Odia il fatto di aver deluso i suoi genitori.
E’ questa disistima che brucia più di tutto, questa condanna per qualcosa che non si è scelto, ma è capitato. E’ l’amara sensazione che mamma e papà si vergognano di lui. E la sua immaturità, unita alla solitudine, lo getta tra le braccia di chi lo accoglie. Anche in maniera indifferenziata. Quasi a non tradire l’amore di mamma e papà. Avendo rapporti con chi non ama.


L’omosessualità non è una scelta, non è una malattia, non è una depravazione. E’ una realtà. Perciò i genitori debbono imparare a farsene una ragione per non abbandonare il figlio, ancor giovane, a sotterfugi, promiscuità, inganni che non si sa fino a dove possono giungere.


Altre mamma e papà, invece, pur preoccupati per le maggiori difficoltà che la vita riserva al loro figlio, lo accettano, lo accompagnano nelle scelte amorose, lo approvano.
Fanno spazio in casa all’amico speciale del figlio. Lo conoscono. Ne imparano ad apprezzare la sensibilità, l’affettuosità, la gioia che sa dare al figlio.


Questa modalità aiuta i ragazzi a “non buttarsi via”, a sentire che proprio nel momento del bisogno i genitori sanno stare al loro fianco, che anche loro sono disposti a conoscere un mondo che prima era loro precluso.

Letteratura, pittura, musica, poesia sono state spesso un modo speciale attraverso il quale i maschi omosessuali hanno donato all’umanità il gusto del bello.
Forse allora mamma e papà possono pensare di avere un figlio speciale. E che a loro spetta una lotta speciale contro tutti i pregiudizi verso i ragazzi che amano i ragazzi. Pregiudizi non ancora sepolti, ma in via di estinzione!

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.