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Commenti

  • Paola Biasin ha scritto Altro
    Essere genitori e non amarsi: difficile!... Domenica, 14 Giugno 2015
  • Emanuela ha scritto Altro
    Siamo messi male
    Oh come mi... Venerdì, 05 Dicembre 2014
  • Renata ha scritto Altro
    Perchè stupirci?
    E' un problema quello... Domenica, 24 Novembre 2013
  • Marcella ha scritto Altro
    Speranza
    Neppure la giornata sui diritti... Sabato, 23 Novembre 2013
  • Paola Scalari ha scritto Altro
    Dare voce
    Chi è Educatore ha espresso... Sabato, 23 Novembre 2013
  • Domenico ha scritto Altro
    Ragazze Invisibili
    Una brutta,... Mercoledì, 20 Novembre 2013
  • Michela ha scritto Altro
    Io penso...
    Nel film "Il ladro di... Lunedì, 18 Novembre 2013

Quando mi sono accorto che ero nato muto ho pensato di piangere sempre per farmi capire da mamma e papà. Ma è stato tutto inutile perché i miei genitori hanno invece pensato che piangevo perché ero nato cattivo (Gabriele, sette anni)

Maestro: Cos’è il tempo?
Emanuele: Il tempo è la morte che ti prende un po’ alla volta


Morire vuol dire andare in un altro mondo dove non si ha più paura di morire (Tommaso, nove anni)

Spesso genitori ed educatori domandano come insegnare il rispetto delle regole a figli o ad allievi.

Gli adulti, preoccupati dei comportamenti scapestrati dei giovani, vorrebbero fermarli, ma non ci riescono.E non è che i grandi siano degli incapaci. La cattiva condotta dei giovani riguarda il fatto che è venuta meno la trasmissione di alcune di quelle consapevolezze interiori che aiutano a capire il senso della vita. Capirne il significato implica infatti comprendere che l’esistenza è quel segmento che unisce la nascita con la morte. La vita ha allora una regola fondamentale: si viene al mondo e si lascia il mondo. La storia personale di ciascuno assume allora uno scopo solamente se si pensa a come spendere il tempo tra questi due punti. Agli adolescenti ribelli, disordinati e sregolati allora mancano alcune di quelle esperienze che permettono di arrivare alla competenza di trasgredire per creare un mondo migliore rimanendo però dentro ai binari della realtà. Poco li si educa al valore della vita e ancor meno al posto che ha la morte! Quella vera e non quella dietro allo schermo del pc o della tv! La domanda come farli obbedire, comportare bene, stare dentro alla legalità è dunque senza risposta poiché non si possono insegnare le regole del vivere comune. Imparare a stare bene dentro ai confini della vita è un’altra impresa. E’ un’ avventura che parte da una regolarità familiare fatta del ritmo di vita del gruppo che convive. E’ questa una ritualità che sa trasmettere al bambino un senso di sicurezza poiché il piccino riesce in questo modo a prevedere quando mamma c’è o non c’è e quando babbo è presente o è assente. Ma anche sa regolarsi su quando è ora di mangiare o di dormire… Cioè il prevedibile fa uscire dal caotico.
Trasmettere il senso del limite comporta poi che mamma e papà allaccino un legame parentale che li unisce per sempre. Né separazioni, né divorzi, né morti premature, né abbandoni ingiustificabili lo devono scalfire. E’ infatti la qualità del legame tra i due adulti che lo hanno generato quella che crea nel ragazzo la barriera interiore invalicabile. E’ dunque necessario che il vincolo tra madre e padre sia saldo. Solo questa solidità tiene a bada i desideri edipici che si riattivano con la pubertà e i vissuti narcisisti tipici di ogni adolescente. Il figlio non può scalzare nessun genitore tanto quanto mamma e papà non parlano male l’uno dell’altro o, ancor peggio, si eliminano (coscientemente o inconsciamente) ritenendo il partner un individuo inadeguato, da poco, incapace, colpevole... Qualche volta la gara al primato di genitore migliore è quindi davvero controproducente per ogni ragazzo di casa poiché egli eredita come annullare l’altro e non apprende invece come rispettare chi è diverso da lui.
Dare senso alla regola significa permettere ai figli di sperimentare la loro originalità poiché la legge fondamentale della vita è quella che segna che l’altro è un individuo autonomo e diverso da se stessi. Nessuno può dunque trasmettere il valore della norma se non trasmette il rispetto per l’unicità. E trattare il figlio da individuo speciale significa ascoltare i suoi particolari bisogni senza sovrapporli con i propri desideri, le proprie ambizioni e le proprie aspettative di genitore bisognoso di conferme. E’ dunque la capacità empatica dell’adulto quella che sviluppa il senso della relazione. E questa relazione si fonda sul rispetto del confine che divide ed unisce due esseri umani.
Il senso del rapporto umano viene quindi adoperato dall’adolescente innanzitutto nei confronti dei suoi familiari e dei suoi docenti per capirne paure e timori, desideri ed aspettative senza avvertirsi soffocato, negato, adoperato.
Il senso del vivere collettivo vede inoltre il ragazzo ben inserito in una molteplicità di gruppi di pari dove staziona dentro al cerchio senza attaccarlo, romperlo, svilirlo.
Il senso del vincolo affettivo viene infine sviluppato nella vita amorosa e sessuale di ogni giovane. Egli infatti è capace di unirsi senza desiderare che la compagna o il compagno sia un oggetto che soddisfa i propri desideri anziché una persona da conoscere, capire e ascoltare e con la quale costruire un progetto comune.
E la storia familiare ricomincia.

Paola Scalari e Francesco Berto

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Paola Scalari
è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista, docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG e di Teoria e tecnica del gruppo operativo in ARIELE psicoterapia. Docente Scuola Genitori Impresa famiglia Confartigianato.
Socia di ARIELE Associazione Italiana di Psicosocioanalisi. E’ consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe per enti e istituzioni dei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Cura per Armando la collana Intrecci e per la meridiana la collana Premesse… per il cambiamento sociale, ed è consulente delle riviste Animazione sociale del gruppo Abele, Conflitti del CPPP, Io e il mio Bambino, Sfera-Rizzoli group.
Nel 1988 ha fondato i "Centri età evolutiva" del Comune di Venezia per sostenere la famiglia nel suo compito di far crescere i figli e si è occupata della progettualità del servizio Infanzia Adolescenza della città di Venezia.
Insieme a Francesco Berto ha recentemente pubblicato per le edizioni La Meridiana: "Adesso basta! Ascoltami. Educare i ragazzi al rispetto delle regole." (2004), "Fuggiaschi. Adolescenti tra i banchi di scuola." (2005), "Fili spezzati. Aiutare genitori in crisi, separati e divorziati." (2006), "ConTatto. La consulenza educativa ai genitori." (2008), "Padri che amano troppo." (2009), "Mal d'amore. Relazioni familiari tra confusioni sentimentali e criticità educative." (2011), "A scuola con le emozioni - Un nuovo dialogo educativo" (2012), "Il codice psicosocioeducativo" (2013), "Parola di Bambino. Il mondo visto con i suoi occhi." (2013).

Educare è insegnare ad avere fiducia nel mondo che verrà, a investire positivamente le proprie capacità, a sognare e faticare per realizzare le proprie speranze di vita. Una scuola attiva, formativa, lo sa.
La scuola attiva e formativa è la scuola che tutti noi vorremmo avere per i nostri bambini e ragazzi ma sembra essere lontano anni luce da quello che incontriamo quotidianamente. Prevale una lamentazione diffusa: insegnanti che si lamentano della famiglia dei propri alunni, genitori che difendono tout court i figli e non sembrano comprendere la necessità di un apprendimento basato su aspetti cognitivi, cooperativi ed emotivi. Si trova tanta demotivazione e ancor più rassegnazione, al punto da creare una sorta di imprinting alla rassegnazione anche nei bambini.
Questo libro, curato da Paola Scalari e scritto da insegnanti, pedagogisti, psicologi ed educatori ha il compito da un lato di fare una fotografia critica del presente, dall'altro di proporre buone pratiche per una scuola dell'oggi e del domani. Le buone pratiche sono basate su teorie consolidate ma non ancora applicate in maniera sistematica e consapevole: Bauleo, Pagliarani, Bleger, Freinet, Milani e, per citare il mondo attuale, Canevaro e Demetrio.
Si tratta di pratiche che tengono conto della possibilità di costruire una scuola che aiuti a pensare, dialogare, dar forma. Una scuola basata sull'ascolto, su modalità cooperative, dove bambini e ragazzi possano sentirsi liberi di esprimersi ma anche di prendersi responsabilità in base alle loro competenze. Una scuola che sa mettersi in relazione con i bambini e che sa creare basi per una coesione tra adulti che condividono l'educazione dei figli e degli allievi.
A scuola con le emozioni è rivolo agli insegnanti e ai genitori, ma anche a educatori e psicologi. Com'è il mondo visto con gli occhi del bambino? E' una domanda a cui dovrebbero saper rispondere soprattutto gli educatori dei bambini (oltre che i genitori, auspicabilmente), le maestre e i maestri di vari livelli, coloro che sono impegnati a far crescere i piccoli, ad indicare loro la strada per diventare adulti, per imparare a vivere. Una bella risposta alla domanda è contenuta nel libro "Parola di bambino" scritto da Paola Scalari e Francesco Berto, edizioni la meridiana (premesse... per il cambiamento sociale). La collana, per altro, è curata dalla stessa Paola Scalari che venerdì 14 alle 18 sarà alla libreria Einaudi di Trento in piazza della Mostra.

"Il conflitto che i bambini esprimono con le loro paure richiede l'amore di tutta la nostra intelligenza", scriveva lo psicanalista Luigi Pagliarani negli anni Novanta. Fondatore e presidente di ARIELE (Associazione Italiana di Psicosocioanalisi), Pagliarani, ha lasciato una profonda traccia del suo pensiero tanto che, molti dei suoi, allievi, ora psicanalisti e psicoterapeuti, hanno costituito la Fondazione a lui dedicata (www.luigipagliarani.ch). Fra questi Carla Weber che, venerdì 14, sarà in conversazione con Paola Scalari, co-autrice del libro. Suddiviso in quattro parti, "Alfabetizzazione sentimentale" la prima, "Chiamale emozioni" la seconda, "Il legame familiare" la terza e "Immagini spontanee, volare in alto" la quarta, "Parola di bimbo" non racconta, evoca, "mobilita cioè, poeticamente, la condizione di figlio che è l'elemento unificante l'umanità". Per gli studiosi che fanno riferimento a Luigi Pagliarani, gli autori del libro e coloro che fanno parte dell' associazione "Ariele", oltrecché della Fondazione, "la possibilità di ogni bambino di costruire un buon legame con sé stesso e con il mondo esterno va iscritta nei rapporti tra genitori, nei vincoli tra famiglie, nel tessuto vitale di un territorio, nell'attenzione creativa del mondo scolastico e nelle buone offerte del tempo libero". Sostengono gli autori del libro che "un adulto significativo nella crescita dei minori sa rimanere in contatto con la parte piccola, sensibile, fragile, incompiuta di se stesso". Solo così è possibile riconoscere ed identificarsi con le fatiche emotive dei bambini e aiutare il piccolo a "mettere in parole le emozioni". Non un percorso facile perché presuppone, da parte dell'adulto, la capacità di instaurare un livello comunicativo fra sé e il piccolo, visibile e invisibile, fra la mente di chi è già formato e la psiche di chi deve ancora formarsi. Una sfida bella, premessa necessaria per un mondo umano più equilibrato e meno sofferente. Il libro è il risultato di una ricerca sul campo fatta con i bambini e, nelle pagine sono contenute anche le loro osservazioni, le riflessioni su alcune questioni poste dall'educatore. Una postfazione di Luigi Pagliarani contribuisce a centrare ancor più il tema perché i due verbi da coniugare in ambito educativo sono "allevare e generare. Il grande - che sa ed ha - con l'allevare dà al piccolo quel che non sa e non ha. Qui c'è una differenza di statura. Nel generare questa differenza sparisce. Tutti contribuiscono a mettere al mondo, a far nascere quel che prima non c'era...". Un libro utile a educatori, genitori e adulti che vogliano rapportarsi con successo con i piccoli.